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E così alla fine è successo: il Paese è ora comprensibilmente in preda alla follia più totale.
Avendo seguito il torneo praticamente per intero – e anche la ricostruzione di questa Nazionale proprio dall’inizio – mi mangio le mani perché avrei potuto puntare due soldini sull’esito di questo Campionato Europeo.
Qualcuno potrebbe dire che è facilissimo dirlo adesso ma: non so come spiegarlo, sentivo che sarebbe finita così.
Penso comunque che in tanti avessero annusato la cosa quindi non mi sento troppo scemo.
In fondo le altre favorite non hanno proprio brillato e alla fine della conta quest’Italia – guardando numeri e percorso – ha pienamente meritato.
Possiamo dire che gli inglesi hanno meritato la finale, pur sentendoci un po’ in imbarazzo per quel rigore da loro ottenuto in quel modo contro la Danimarca.
Il torneo è stato abbastanza strano, com’era forse immaginabile alla luce dell’anno passato e di quest’anno ancora in corso.
Il capocannoniere della manifestazione, tal “Autogol” è infatti lì, bello in cima alla classifica a dimostrarlo.
La cosa importante però è una: risultato finale a parte, io mi sono relativamente divertito.
Non sono uno che tifa, non sono neanche banalmente uno di quelli del partito “alla-fine-speriamo-vinca-lo-sport” ma boh, complice forse questo caldo orripilante, ho apprezzato questa gran fumata di “oppio dei Popoli”.
Adesso c’è solo da capire come sopravviveremo a questa ondata di retorica e patriottismo da discount, sperando che si abbassino in fretta i toni insostenibili di tutto l’ambaradan.
Era comunque prevedibile anche questo: un Electric Mattarella digievoluto in un ElettroSantoPertini di giuratesca memoria e un Mario Draghi indicato – disdicevolmente da alcune testate – come l’artefice di questo “Grande-Rinascimento-Italiano” che parte dai maledetti Måneskin e arriva fino a Matteo Berrettini.
Ma vabbè, conviveremo pure con questa malattia mentale, tanto ormai ci abbiamo fatto il callo.
Buona settimana e speriamo bene.

Do The European (J. J. Burnel, 1979)

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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