Skip to main content

Uscire dalla “cella di parole”

Un piccolo gruppo di ragazze dell’Istituto “Einaudi” di Ferrara ha svolto un’esperienza importante e significativa presso la Casa Circondariale di Ferrara. Quello che hanno fatto, per diversi giorni, non è cosa da tutti e da tutte. In questo articolo raccontano le loro emozioni, i loro pensieri e le loro convinzioni.
(Mauro Presini)

Di Fatima Zahra Lahmidi e Gabriela Olaru

Avete presente il carcere? Quel luogo dall’energia sinistra, con condizioni disumane, scarsità di igiene, dalle pareti grigie che ti tolgono anche quel briciolo di speranza e dove chi ci finisce viene privato di identità ed etichettato con un numero di serie per distinguerlo dagli altri? Bene, dimenticatevi di tutto ciò, come abbiamo fatto noi dal momento in cui abbiamo messo piede all’interno di un carcere per la prima volta. Difatti, il 5 febbraio del 2024, grazie alla disponibilità della Direttrice della Casa Circondariale “Costantino Satta” di Ferrara Dr.ssa Maria Nicoletta Toscani e alla nostra scuola, l’Istituto di Istruzione Superiore “Luigi Einaudi” di Ferrara, abbiamo avuto modo di vivere la realtà del carcere. Dal primo momento abbiamo capito che ciò che ci si immagina fuori è completamente diverso dalla realtà. Solitamente si tende a pensare che, nel momento in cui una persona viene messa in questa struttura è lasciata a sé, ma non è così, anzi, sin dal primo momento, si è affiancati da tante figure distinte, che si occupano da subito della salute fisica e psicologica dei detenuti, nel rispetto della dignità della persona. Loro non vengono privati di identità, e non vengono chiamati con un numero di serie ma con il loro nome, come ogni essere umano. Nel nostro percorso siamo stati affiancati dalla Dr.ssa Mariangela Siconolfi, funzionario giuridico-pedagogico, che ci ha aperto gli occhi su un’altra realtà della quale fuori si sa poco, quella che riguarda il grande lavoro che ogni figura all’interno del carcere svolge, a partire dalla polizia penitenziaria fino ai volontari che si prendono la responsabilità di offrire il loro tempo per la costruzione di attività e progetti rivolti alla popolazione detenuta. E sapete qual è la cosa bella? Il carcere non è grigio, anzi: è verde, come la speranza, e blu, colore del viaggio, del cambiamento, ma anche della conoscenza e dell’intelligenza. E, quindi, ora, dopo che vi abbiamo raccontato dei colori del carcere e di chi sta dietro a questa struttura, vi starete chiedendo: “E i detenuti?”.

Il nostro primo incontro con i detenuti non lo dimenticheremo mai, come non dimenticheremo mai il rumore dei cancelli che si chiudevano dietro di noi la prima volta o il rumore di una cella quando viene chiusa a chiave. La prima volta nella quale ci siamo trovati davanti ai detenuti non sapevamo come comportarci o cosa dire, ma poi siamo rimaste piacevolmente sorprese nel vedere come loro si confidavano con noi e prendevano addirittura l’iniziativa nel parlarci senza farci sentire come se stessimo invadendo i loro spazi, come temevamo di fare. Molti di loro lavorano, studiano o coltivano passioni come ognuno di noi. Altri hanno dei sogni, come il poter mettere su una famiglia e avere una casa con un cane, sogni forse semplici, per alcuni, ma grandi per altri, perché capaci di rendere umani al di là del luogo in cui ci si trova. Fuori dal carcere, sono in molti ad avere pregiudizi e timori su questa realtà, ma non sanno che anche le persone detenute hanno i loro timori e le loro paure: la paura di non riuscire a reinserirsi nella società una volta fuori o di essere giudicati e allontanati per il proprio passato. Bisogna sempre ricordare che il carcere non è un luogo esclusivamente punitivo, ma rieducativo. Esso è un luogo per crescere e capire, per accompagnare chi sbaglia nel cammino verso la libertà. Per questo bisogna spendere risorse ed energie, per migliorare le persone, per migliorare la nostra società. Grazie a questo stage abbiamo avuto l’opportunità di abolire stereotipi e pregiudizi sulla detenzione.

È importante capire che i detenuti sono esseri umani come noi e allontanare le idee che possono offuscare la mente. Appena si incontra una persona che è stata dentro partono i pregiudizi, anche se non sappiamo il perché. Cos’ha fatto? Perché? Come? Quali sono i suoi sogni? Quando è uscito? Tutto ciò non importa, eppure ci si focalizza sempre sul pensiero che “era un ex detenuto”, senza rendersi conto della “cella di parole” nella quale ci chiudiamo. Proprio per questo bisogna provare ad andare oltre ai nostri pregiudizi, a sconfinare e a superare le categorizzazioni. Solo così potremo essere veramente liberi. Dentro e fuori dal carcere.

Immagine di copertina: murales di Banksy sul carcere inglese di Reading

Per leggere le altre uscite di Le Voci da Dentro clicca sul nome della rubrica. Per leggere invece tutti gli articoli di Mauro Presini su Periscopio, clicca sul nome dell’autore

tag:

Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it