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6 Marzo 2015

L’IDEA
Contro lo spreco

Tempo di lettura: 3 minuti


Mamma mi ha sempre insegnato che non si deve sprecare il cibo, soprattutto il pane. Mai gettarlo via, nemmeno se vecchio, nemmeno se avanzato, raffermo o terribilmente duro. Può sempre essere buono e poi, nel mondo, ci sono tante persone che non ne hanno. Un po’ come “chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane”. Se poi andate in alcuni paesi, come quelli nordafricani, il regalo più grande che vi può fare un amico o un conoscente è una bella e fresca pagnotta di pane. Spesso fatta nei forni a legna, a volte preparata in casa da madri, sorelle o mogli. Ricordo la meravigliosa, rotonda, sottile e gialla kesra di Algeri, che non arrivava mai intera a casa, la più buona era quella che mi veniva regalata dal mio amico Hassem, che la trovava in un forno meraviglioso, quando non era la madre a prepararmela. Era un onore riceverla, allora mi è stato insegnato che per un arabo regalare il pane è un grande gesto di amicizia, stima e generosità. Si regala la base della vita. Mai rifiutare il regalo che si riceve, quindi: sarebbe una vera e propria offesa. Se, poi, il pane ha un valore simbolico in tutto il mondo, esso rappresenta da sempre l’alimento base di tutti, ricchi e poveri. Non va sprecato, in un mondo dove a tanti manca.

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Cartello del fornaio di Taranto che regala il pane la sera a chi ha bisogno

Per questo abbiamo deciso di lanciare un piccolo appello, partendo dalla scoperta di una lodevole iniziativa di un fornaio di Taranto, in una via che si chiama Emilia, guarda caso come la nostra bella regione. Questo fornaio regala il pane che rimane nel suo negozio a chi ne abbia bisogno, dopo le 19.30. Di sera, specifica lui. Se qualcuno, in rete, ha criticato la parola ‘avanzato’ che compare sul cartello della vetrina, noi non lo notiamo affatto, perché, termini a parte, l’idea ci pare ottima.

Da studenti, a Parigi, andavamo a recuperare gli ‘scarti’ di fine giornata dei mercati rionali di frutta e verdura, che venivano venduti a poco prezzo. Eravamo in quattro o cinque a dividerci chili di patate e pomodori che erano troppi per uno solo e che venivano solo smerciati a basso prezzo a condizione che si prendesse la grande quantità rimasta. Lì ho capito l’importanza del risparmio, di non sprecare. Non che mamma (anche qui lei) non me lo avesse insegnato, ma allora, con sempre meno soldi, da giovane borsista universitaria squattrinata quale ero, faceva davvero comodo. Ecco quindi che questo fornaio tarantino ci piace, e tanto. Magari lo si fa già anche nel nostra bella città. Se così fosse, chiedo venia per non averlo scoperto subito e comunicato a tutti. Se così non fosse, invece, invito a seguire l’esempio.

Acli Roma ha sviluppato il progetto ‘pane a chi serve’ [vedi], volto a recuperare dai panifici convenzionati pane e prodotti da forno ‘del giorno prima’ (meglio del termine’avanzato’?) per metterli a disposizione delle associazioni caritative e creare una rete di sostegno nel territorio (ad oggi il progetto recupera circa 1000 kg di pane a settimana dai 20 forni aderenti e distribuisce a 120 associazioni). Tante associazioni si stanno organizzando in tal senso. Ma il fornaio tarantino ci piace particolarmente, perché è uno, da solo, e nel suo piccolo rappresenta un segno di una grande solidarietà attiva che caratterizza molti italiani normali, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto.
Cogliete l’attimo, allora, cari amici fornai ferraresi. Con quel bel ‘volentieri’.

Pane è la più gentile, la più accogliente delle parole. Scrivetela sempre con la maiuscola, come il vostro nome.
(Insegna di un caffè russo)

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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