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La morte annunciata di Juan Carrito. Ora ne rimangono solo 50

di Andrea Turco @AndreaTurco5
(da Valigia blu, 25.01.2023)

Il simbolo dell’Abruzzo, una mascotte per grandi e piccini, uno di noi, un simpatico Gian Burrasca, un orso che negli esseri umani voleva trovarci qualcosa di buono: la morte dell’orso marsicano M20, più noto come Juan Carrito per via del nome di una frazione di un piccolo paese abruzzese dove fu avvistato per la prima volta, ha colpito in questi giorni la sensibilità comune.

Juan Carrito era probabilmente l’esemplare di orso più noto in Italia, fotografato e ripreso decine di volte in questi anni nel suo peregrinare tra i parchi nazionali della Maiella e d’Abruzzo, Lazio e Molise, protagonista anche di un documentario. Corrispondeva, a sua insaputa e suo malgrado, all’immagine tenera dell’orso che cinema, animazione e fumetti hanno veicolato nel corso degli anni. In un rafforzamento dell’antropocentrismo per cui ogni animale è a nostro servizio, perché la tesi dell’uomo come “misura di tutte le cose”, per dirla con le parole del filosofo greco Protagora, è ancora quella preminente. Così come, allo stesso tempo, appare fuorviante la retorica di affidare all’orso sentimenti e volontà antropomorfizzate o la tendenza a voler ricavare a tutti i costi dalla morte di un animale una lezione per gli esseri umani.

Juan Carrito è stato investito nei pressi di Castel di Sangro, in provincia de L’Aquila, il 23 gennaio. A darne notizia tra i primi è stato proprio il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Nel frattempo in quelle ore sui social e su alcune testate online sono circolate le immagini strazianti dell’orso in agonia, che qui vi risparmiamo. Nonostante il buio della sera, le condizioni dell’auto testimoniano che lo schianto con l’animale è stato abbastanza violento: ciò lascia presupporre che il limite orario dei 50 chilometri orari, che vige in quel tratto di strada, sia stato superato. La morte di Juan Carrito è particolarmente delicata: si trattava di uno dei 50 esemplari di orso marsicano ancora esistenti in Italia, con numeri così bassi che evidenziano come si tratti una razza in via d’estinzione. La scomparsa di un maschio, tra l’altro, inciderà negativamente sulla possibile riproduzione. A distanza di alcuni giorni c’è una domanda che nelle tante polemiche sulla morte dell’orso non è stata adeguatamente affrontata: si poteva evitare?

Le misure che si sarebbero dovute adottare

Ad aprile 2022 il giornalista ambientale Ferdinando Cotugno su L’Essenziale, in un articolo che già dal titolo chiedeva “più spazio per gli orsi”, partiva nel suo racconto proprio dall’esemplare abruzzese:
Tecnicamente, Juan Carrito è un “orso confidente”: la sua educazione animale gli ha insegnato a non avere paura degli umani. Che gli orsi non si sentano più in pericolo è una buona notizia, ma è anche una nuova complessità per un territorio così piccolo. Juan Carrito era uno dei cuccioli di Amarena, che nell’estate del 2020 avevano imperversato nella zona di Scanno: sono stati avvistati di continuo, rincorsi dalle auto, fotografati e nutriti. Una volta diventato adulto, ha applicato quella lezione e lo scorso inverno ha trascorso il risveglio dall’ibernazione per le vie di Roccaraso, la più affollata destinazione sciistica della regione. Le sue avventure sono un’antologia di video buffi con titoli come “l’orso che gioca col pastore tedesco” o “l’orso che aspetta il treno in stazione”.

Di più: sono numerose le testimonianze che raccontavano di persone a caccia di un selfie con Juan Carrito o che lasciavano volutamente il cibo in bella vista in modo da attirare l’animale. Gli allarmi su questa eccessiva confidenza, sulla sottovalutazione del fatto che si trattasse pur sempre di un onnivoro e sulla valutazione turistica del fenomeno si susseguivano da tempo, tanto che il WWF ha definito  la morte di Juan Carrito una “tragedia annunciata”.

In una puntata del podcast Dolittle, realizzato da Leonardo Mazzeo ad aprile 2022, venivano già segnalati alcuni facili accorgimenti che si sarebbero potuti adottare immediatamente:
Il miglioramento delle infrastrutture, con barriere e/o passaggi pensati proprio per gli animali, e con una segnaletica più puntuale sia per gli automobilisti che per gli orsi, è il primo passo da fare, ma non basta (…) Al di là dei discorsi sui nuovi impianti sciistici che tolgono spazi vitali, non bisogna mai avvicinarsi troppo agli animali selvatici. C’è da trovare il giusto equilibrio tra il potenziale attrattivo dell’orso e la sua protezione dalle ingerenze umane. Per il bene di tutti, animali ed esseri umani.

Sui passaggi pensati per gli animali, poi, ha sollevato l’attenzione più volte anche Augusto De Sanctis, attivista del Forum H20 e della Stazione Ornitologica Abruzzese, che a Valigia Blu aggiunge come sia “assurdo che nella regione dei cosiddetti parchi, in 30 anni, non si sia costruito un solo ecodotto”. Di cosa si parla? Lo spiega su Il Corriere Nazionale Adriano Pistilli, responsabile tecnico gestione rifiuti ed esperto di diritto ambientale:
Sono ponti, oppure sottopassaggi, le cui prime tracce si ritrovano nella Francia degli anni Cinquanta, e che oggi, anche se in pochi ne sono a conoscenza, sono centinaia in tutto il mondo. Attraverso gli ecodotti, gli animali che vivono in luoghi come foreste e parchi naturali sono liberi di spostarsi senza rischi e attraversare in sicurezza le barriere create dall’uomo come le autostrade. Sono moltissime le specie di animali, dai mammiferi più grandi agli anfibi ai crostacei più piccoli che usufruiscono oggigiorno di questi servizi creati dall’uomo per rimediare almeno parzialmente ai danni degli habitat naturali messi in atto con le sue costruzioni.

Nuovi Impianti di sci e nuovi gasdotti nei territori preferiti dall’orso

L’associazione Salviamo l’orso nasce nel 2012 e da allora, come si legge sul sito, “lavora per salvare l’orso marsicano dall’estinzione, raccogliendo intorno a sé tutti coloro che hanno a cuore le sorti del plantigrado e del suo habitat naturale”. Un’attività complicata, quella dell’associazione, che deve fare i conti con gli interessi e le pressioni economiche. Come quelle che, nonostante la crisi climatica in corso che ha fatto comparire le prime nevi in Abruzzo soltanto negli scorsi giorni, intendono far realizzare nuovi impianti di sci. Il più grande di questi è previsto nel bacino Passolanciano-Maielletta, dove con 23,7 milioni di euro di fondi pubblici si intendono costruire nuovi impianti di risalita (a Roccamorice), un mega-progetto da 6,7 milioni di euro per l’innevamento artificiale e tre parcheggi. Proprio in zone molto frequentate dagli orsi.

Orso Juan Carrito

Il giorno dopo la morte dell’orso Juan Carrito, si è tenuta una conferenza stampa che è stata promossa da 15 associazioni abruzzesi in opposizione al progetto del gasdotto Linea Adriatica, su cui l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) ha lanciato una consultazione pubblica. La nuova infrastruttura, promossa da Snam, prevede in Abruzzo la realizzazione di una centrale di compressione a Sulmona e il raddoppio dell’attuale metanodotto. Che c’entra con la tutela dell’orso la politica energetica italiana? Nel corposo dossier di 25 pagine inoltrato dalle associazioni ad ARERA si segnala che:
La centrale è incompatibile con la tutela dell’orso bruno marsicano, specie ad altissimo rischio di estinzione e protetta in Europa dalla Convenzione di Berna e dalla direttiva Habitat. I Parchi Nazionali della Maiella e dell’Abruzzo, Lazio e Molise, nonché  la Riserva regionale di Monte Genzana, hanno infatti attestato che tra i territori sempre più frequentati dall’orso, sia come corridoio faunistico che come sito di alimentazione, c’è quello di Case Pente dove Snam ha localizzato la costruzione della centrale.

D’altra parte già a luglio 2021 Stefano Civitarese Matteucci, professore ordinario all’università di Chieti e Pescara, in una lunga e articolata riflessione pubblicata sulla rivista “Orizzonti di Diritto Pubblico” aveva spiegato come “la sopravvivenza dell’orso bruno marsicano” passasse anche dal Green New Deal e dalla transizione energetica. Affermando inoltre che:
Anni fa il MITE (oggi MASE, nda) – lo stesso che oggi ha rilasciato l’autorizzazione per la centrale vicino Sulmona nell’area di Case Pente – ha promosso un Piano d’Azione Nazionale per la Tutela dell’Orso bruno Marsicano (PATOM) per apprestare politiche di tutela di questa specie oltre gli storici confini del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM). Il PATOM mira a coordinare tutte le amministrazioni comunque coinvolte nella gestione dell’orso, compresi gli enti parco e le regioni. Un piano di azione è un insieme di misure per assicurare la tutela e il ripristino della biodiversità mediante la gestione integrata delle specie e dei loro habitat. Adottare un approccio cosiddetto specie-specifico rappresenta in molte circostanze la soluzione più idonea per perseguire obiettivi più ampi di tutela degli ambienti naturali. Concentrare gli sforzi di conservazione su alcune specie a rischio di estinzione innesca un effetto a cascata su altre specie e sull’ambiente in cui vivono e, quindi, sulla biodiversità. Questo è l’approccio raccomandato dal Consiglio d’Europa per conservare le specie a più elevato rischio di estinzione. Le campagne di conservazione di alcune specie dotate di particolare carisma – le cosiddette specie bandiera – possono, inoltre, esercitare un impatto tale sull’opinione pubblica da facilitare l’avvio di azioni di sensibilizzazione per la tutela di interi ecosistemi.

Come scrive lo stesso ministero dell’Ambiente, “per dare continuità al Piano d’Azione per la Tutela dell’orso bruno marsicano, APA PATOM 2019-2021, scaduto in data 31 dicembre 2021, è stato predisposto un nuovo accordo PATOM 2022-2024. Il nuovo accordo mira a favorire azioni sinergiche tra tutti i soggetti coinvolti nella gestione della popolazione di orso bruno marsicano e a rispondere a precise esigenze di risoluzione di problemi di convivenza uomo-orso”.

L’ultima riunione del PATOM si è tenuta a luglio 2022 e in essa si è discusso del progetto di ricerca dell’Università La Sapienza di Roma, intitolato “Stima e monitoraggio della popolazione di orso bruno marsicano sull’intero areale di presenza – Valutazione di fattibilità e definizione di scenari di campionamento tramite l’utilizzo di modelli cattura-ricattura spazialmente espliciti”.

Dalla parte dell’orso (e di tutti gli animali)

La morte dell’orso Juan Carrito, temuta e prevista allo stesso tempo, arriva a quasi un anno di distanza dalla riformulazione degli articoli 9 e 41 della Costituzione che hanno introdotto una maggiore tutela dell’ambiente. Se all’art.41 si prevede che “l’iniziativa economica privata non può svolgersi in danno alla salute e all’ambiente”, ancora più importante è la modifica dell’art.9. Non solo perché si è intervenuti per la prima volta nella storia della carta costituzionale sui cosiddetti principi fondamentali, quelli cioè compresi tra l’articolo 1 e l’articolo 12, ma anche perché il nuovo comma prevede l’arrivo di una nuova legge che “disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. Una legge di cui, al di là delle facili ironie, si sente l’esigenza. A patto che riesca a uscire fuori dall’antropocentrismo che ci fa occupare di “loro”, gli animali, come se fossero comunque una cosa nostra, di cui poter disporre, e non di esseri senzienti con il proprio diritto alla libera circolazione, senza che questa sia considerata un intralcio e, in maniera speculare, da valorizzare in chiave turistica o comunque umana.

A dicembre 2022, appena un mese e mezzo prima della morte dell’orso Juan Carrito, l’associazione Salviamo l’orso ribadiva che:
Mettere in sicurezza le strade in Appennino centrale è fondamentale per le persone e per gli animali. Negli ultimi due anni –  rileva l’osservatorio di ASAPS Italia, l’Associazione sostenitori e amici della Polizia stradale –  si sono verificati 360 incidenti che hanno coinvolto la fauna selvatica e sono stati classificati come gravi. In Senato si attendono risposte su questo tema: lo scorso 23 novembre è stata infatti presentata un’interrogazione parlamentare a firma di un gruppo di senatori del M5S che chiede interventi ai ministri delle Infrastrutture, dei Trasporti, dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Nei primi 10 mesi del 2022 l’Osservatorio ASAPS ha già registrato 118 incidenti nei quali sono morte 10 persone e 151 sono rimaste ferite. Il 94,9% degli incidenti è avvenuto con animali selvatici e il 5,1% con animali domestici,  98 incidenti sono avvenuti di giorno e 20 di notte, 9 in autostrada e 109 sulla viabilità ordinaria.

Insomma: la convivenza tra umano e animale è una priorità per ciascuna specie.

In copertina: Orso marsicano in Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise via Facebook

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