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18 Febbraio 2014

Immissione alla Ferrarese

Tempo di lettura: 2 minuti


blocco-traffico

Oggi vorrei portare all’attenzione dei lettori una esiziale categoria di automobilisti, inarrivabili maestri nella manovra che un mio amico, il quale sotto naja –stiamo parlando di un tempo ormai remoto, diciamo pure il millennio scorso- ha fatto da autista a un pezzo grosso dell’esercito in quel di Livorno, argutamente definisce ‘entrata alla livornese’. Che consiste, venendo su da una traversa laterale per immettersi nella corsia opposta di una strada su cui il traffico scorre incessantemente in entrambe le direzioni, nel guadagnare subitamente il centro della carreggiata, bloccando intanto il traffico che viene da sinistra, in attesa del primo pertugio buono fra macchina e macchina dall’altra parte.
Sistema senza dubbio utile a risparmiarsi irritanti soste a bordo strada in attesa che il traffico si apra come le acque del mar Rosso, che poi dice che uno si fa il sangue cattivo, ma non privo di controindicazioni stante la molesta diffusione delle nuove tecnologie: se il primo che arriva da sinistra sta messaggiando col telefonino, finisce che ti sparpaglia per l’asfalto le ossa del bacino, strike!
Sarà per questo che gli automobilisti nostrani, applicando l’antica saggezza contadina degli avi all’entrata alla livornese, ne hanno ricavato una intelligente variante –comunemente definita Immissione alla Ferrarese- che non ammette deroghe di sorta. Fosse pure in mezzo al deserto del Gila, dove l’unico via vai è quello dei serpenti a sonagli, state pur tranquilli che il guidatore estense arriva lungo allo stop, butta il muso a metà corsia, inchioda e vede il da farsi. Se da sinistra arriva un tir, ingrana la retro e torna mansuetamente dietro la striscia bianca del segnale di arresto; se invece viene una bicicletta se ne sta lì imperterrito, mungendo ingegnosamente un altro paio di spanne di corsia per indurre il malcapitato ciclista a fermarsi per cedergli il passo onde evitare di spiaggiarsi sul cofano del suv.
Finisce naturalmente che il bigarolo passa al pelo, sgattaiolando per miracolo tra il paraurti e la fiancata dell’auto che arriva in senso opposto. Guadagnandosi lo sguardo d’odio dell’antagonista motorizzato e lanciandogli di rimando il festoso saluto che i dueruotisti ferraresi (i quali -sarà perché viaggiano sul mezzo di trasporto più bello del mondo, sarà perché girano nella città più bella del mondo dotata delle piste ciclabili quasi più belle del mondo- fatto sta che sono incapaci di qualsiasi manifestazione di astio) lanciano soavemente a tutti gli automobilisti un pochino scapestrati: chatjenuncancarchatmuressisubit!

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Andrea Poli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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