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Fausto Papetti (Viggiù, 28 gennaio 1923 – Sanremo, 15 giugno 1999) è stato uno dei sassofonisti più popolari e apprezzati dal pubblico italiano per oltre 30 anni, grazie ai suoi dischi, che riproponevano successi italiani e internazionali in versione strumentale. Le compilation, vendute anche all’estero (Germania, Spagna e Sudamerica in primis), erano intitolate semplicemente “Raccolta”, contraddistinte da un numero ordinale.

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Papetti iniziò la carriera nel 1955 formando il gruppo de “I Menestrelli del Jazz”, insieme a Pupo De Luca alla batteria, Ernesto Villa al contrabbasso, Giampiero Boneschi (poi sostituito da Gianfranco Intra) al pianoforte ed Ezio Leoni alla fisarmonica. Come strumentista, verso la fine degli anni ’50, suonò per la giovane Mina e nel suo periodo “jazz” con Chet Baker, in occasione dell’incisione di alcuni dischi nel 1959 e nel 1960 (“1959 Milano Session”, “Sings and Plays” e “Chet Baker with Fifty Italian Strings”). In sala di incisione il sassofonista era insieme a Franco Cerri, Gianni Basso, Renato Sellani, Franco Mondini e Glauco Masetti, il gotha del jazz italiano.
Nel 1959 firmò il contratto per la Durium, inizialmente come strumentista, e poco tempo dopo come sax solista, in occasione dell’incisione del brano “Estate violenta”, composto da Mario Nascimbeni quale colonna sonora dell’omonimo film diretto da Valerio Zurlini. Il singolo ebbe un ottimo riscontro nelle vendite, tale da convincere la casa discografica a produrre il primo Lp del sassofonista: “Fausto Papetti – Sax alto e ritmi”.

sax-papettiTra i musicisti che lavorarono con lui, oltre al già citato Pupo De Luca (attore nella serie TV Nero Wolfe, nel ruolo di Fritz il cuoco), ci furono Tullio De Piscopo (dalla 15ª alla 34ª raccolta), Aldo Banfi, Reddy Bobbio (pianista, arrangiatore e co-autore), Luigi Cappellotto e Giancarlo Sorio (arrangiatore e co-autore). Nel 1968 incise, con il trombonista jazz Mario Pezzotta, l’album “Due stili, due strumenti”, l’incontro tra due generi assolutamente diversi: easy listening e dixieland.

Lp, Stereo 8 e soprattutto le musicassette del grande sassofonista erano molto apprezzate dagli automobilisti (l’autogrill era la sosta obbligata per l’acquisto delle sue raccolte). Le note del suo sax accompagnavano spesso le attività che si svolgevano in luoghi quali ristoranti, sale d’aspetto, alberghi e negozi. Il successo fu tale che per tutti gli anni Settanta furono pubblicate sino a due raccolte l’anno, che immancabilmente raggiungevano i vertici delle classifiche; quella più venduta fu la 20ª, giunta al primo posto della Hit Parade nel 1975. I suoi dischi si caratterizzavano anche per le copertine in cui comparivano, specialmente negli anni ’70, giovani donne discinte, un po’ hippy e casual, mai volgari.

sax-papettiCol suo sax, Fausto Papetti, per quasi 40 anni e con oltre 900 canzoni (numero stimato), ha intrattenuto il pubblico facendo apprezzare il suo sound e gli arrangiamenti “easy listening” dei grandi successi. Da Gli Alunni del Sole di ‘”A Canzuncella” a “Balla balla ballerino” di Lucio Dalla, dai Pink Floyd di “Shine on you crazy diamond” fino a “Jamming” di Bob Marley, passando per generi quali disco-music, colonne sonore di film e TV (tra tutte “A blue shadow” di Berto Pisano), evergreen italiani e internazionali.
Il suo segreto era quello di sapere rileggere qualsiasi tipo di brano musicale, attenuandone le “ruvidità” e facendone prevalere la melodia.
Le sue fonti ispiratrici furono Stan Getz, sassofonista di fama mondiale, e Miles Davis. Amava i Pink Floyd, i Beatles, Ennio Morricone, mentre nel classico preferiva Schubert, Mozart e Chopin. Nei momenti di relax era solito sedersi al piano ed eseguire pezzi classici. Aveva una predilezione per Tony Bennett, Stevie Wonder, Barbra Streisand e Frank Sinatra. Le canzoni che amava suonare erano: “Feelings”, “Stardust”, “Take Five” e negli ultimi tempi “Caruso” di Lucio Dalla.
Papetti creò un vero e proprio genere, imponendo in campo discografico le produzioni strumentali, la stessa formula fu adottata da altri valenti sassofonisti, tra cui Gil Ventura, George Saxon e Johnny Sax e da strumentisti quali Pier Giorgio Farina, Federico Monti Arduini (Il guardiano del faro) e Santo & Johnny.

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Oltre alle “Raccolte”, la Durium pubblicava altri dischi di Papetti, come nel caso di “I remember”, “Old America”, “Evergreen”, “Bonjour France”, “Made in Italy”, “Ritmi dell’America Latina”, “Cinema anni ’60”, ”Cinema anni ’70”. Con il passare degli anni Internet ha amplificato e diffuso le sue canzoni, facilmente reperibili su You tube e iTunes. Le sue compilation continuano a essere pubblicate su CD, in Facebook è attiva la pagina gestita dalla figlia Cinzia, su Tumblr sono disponibili le mitiche copertine dei dischi, mentre eBay consente l’acquisto dei vecchi Lp e musicassette, tramite asta.

Fausto Papetti era un uomo molto riservato, che amava la famiglia, il mare e la musica. Non gli piaceva andare in Tv, temeva l’aereo e rinunciò ad appuntamenti importanti proprio per la paura di volare. Alcuni delegati del Bolshoi, lo invitarono a tenere dei concerti a Mosca, ma lui rifiutò, per lo stesso motivo disse di no allo Scià di Persia Reza Palevi, che lo voleva al ricevimento in onore degli astronauti scesi per primi sulla luna. Non si rese mai conto di quanto fosse popolare in tutto il mondo e passò gli ultimi giorni della sua vita pensando alla musica e a nuovi progetti.

Si ringrazia per la collaborazione Cinzia Papetti, figlia di Fausto.

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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