“Il diritto di scegliere e vivere per i propri valori”. Quel professore che ci ha aiutato a crescere
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Si sta modificando l’approccio degli studenti all’università. E’ cambiata l’offerta, è cambiata la società, è cambiata la scuola. Molti indirizzi nuovi, classici e scientifici, poche garanzie di lavoro per il futuro. Anzi molti master che promettono grandi specializzazioni, ma che a elevato prezzo sembrano soddisfare più le richieste di mercato che non quelle di lavoro.
Li vedo in aula questi ragazzi: non hanno le idee chiare, non hanno un sogno da inseguire, non hanno progetti. Ascoltano e prendono appunti, sì perché nonostante siano nativi digitali usano i block notes e le penne a molti colori. Sanno tutto di informatica e di telefonini, ma in aula sono tradizionali. Se a loro viene proposto di leggere dei libri cercano i più sottili, meglio se in fotocopia. Leggono per dovere, non per piacere. Considerano il tirocinio un atto dovuto e non un’occasione per imparare. Non sanno cosa scegliere per le loro tesi, non hanno una impostazione logica di analisi e di sintesi; forse però non è colpa loro.
Eppure ho incontrato molti bravi professori che non solo conoscono la materia che insegnano, ma spesso sanno anche trasmettere il valore di ciò che spiegano. I ragazzi frequentano, ascoltano in silenzio, non dibattono; sono timidi? Non credo. Eppure si vede nei loro occhi la voglia di sapere, hanno dentro di sé grandi valori per una vita migliore. Io spero che siano dei portatori sani di miglioramento.
Ritengo che il pensiero del professor Maurizio Rompani, scomparso prematuramente poco più di due anni fa, possa rappresentare il migliore spunto di riflessione:
“Canto notturno di uno neolaureato in comunicazione errante d’Italia. 25 marzo 2011 alle ore 14.23.
Ok ragazzi adesso è andata, vi siete laureati. E’ sempre un po’ triste quando si finisce una pagina della propria vita e bisogna voltarne un’altra, tutta ancora da scrivere ma questa è la vera vita, un insieme di pagine da sfogliare e su cui riflettere prima di affrontare le successive. Avete tutti preso dei voti, belli e meno belli, certo il risultato finale è stato diverso per ciascuno di voi ma questo è un anticipo di ciò che vi capiterà nella vita: raccogliere ciò che si è seminato. No, non parlo della meritocrazia: quella è solo una utopia di cui vi parleranno spesso, ma che si rivelerà presto per quella che è: una illusione. Il motivo? Semplice, molti di quelli che ve ne parleranno, soprattutto se ai piani alti, anche se non tutti per fortuna, non devono certo la loro posizione ai propri meriti. Certo vi siete laureati in un corso di laurea inerente la Comunicazione e qualcuna (molto in alto) ha detto che la vostra laurea non vale niente. Non fateci caso, imparate ad essere superiori a certe persone, anche perché ne incontrerete tante nella vostra vita. Una carica gran parte delle volte non è risultato di una cultura ma di una tessera, di esempi ne avete sotto gli occhi quotidianamente.
Comunque la verità è che una laurea vale solo in base al valore di chi l’ha ottenuta: si può non valere niente pur essendo medico, avvocato, ingegnere, commercialista. L’unica vostra colpa (sic!) è quella di aver ottenuto, con i vostri sacrifici e quelli dei vostri genitori, una laurea nuova, senza un retroterra culturale alle spalle. Bene, cominciate a costruirlo voi e automaticamente sarete superiori a chi questo retroterra l’ha solo trovato, sfruttato e, in molti casi, rovinato facendone il giardino di casa sua. Adesso dottori tocca a voi: qualcosa spero abbiate imparato. Cosa? Di vivere e combattere sempre per i vostri valori. Cercate di vincere, piuttosto perdete ma non pareggiate mai. Il pareggio è la culla di quella ipocrisia che permette a tanti mediocri di sentirsi importanti. L’Italia moderna, non quella dei padri fondatori e costituenti, ha sempre considerato il pareggio il risultato più bello e tutti abbiamo sotto gli occhi cosa siamo diventati: la patta dei furbi.
Siate diversi, costruitevi voi la vostra vita, createvi le definizioni che saranno alla base della vostra vita, non fatevele mai costruire da chi usa le definizioni per i propri scopi, vivete i vostri i sentimenti, gli amori, le amicizie, i lavori e anche i dolori ma non perdete mai la vostra dignità e urlate in faccia a tutti il vostro diritto a scegliere. Non fatevi mai costruire dagli altri la vostra vita.
Avete fatto un percorso assieme ai vostri professori, i migliori di questi vi avranno detto, salutandovi, che hanno imparato molto da voi come da ogni studente che hanno incrociato, si augureranno non di avervi insegnato qualcosa ma di avervi fatto capire quanto valete. Insomma vi saranno stati utili, non indispensabili.
Una studentessa, Silvia, ha scritto queste bellissime parole ad un suo docente ‘Una persona che per noi studenti ha dimostrato di ESSERCI, con le sue critiche costruttive, i suoi interrogativi posti per scuoterci e all’occorrenza con i suoi consigli amichevoli; che ci ha dato la possibilità di esprimerci secondo le nostre attitudini, sorvolando le nostre carenze spesso colmate con il dono della sua esperienza, che ha creduto in NOI mostrandoci come la profondità sia in tutte le cose, basta che qualcuno ti prenda per mano e a volte ti insegni a vederla. Grazie per averci fatto scegliere di essere noi stessi’. Certo quel docente in Italia non diventerà mai ministro, ma sicuramente riceve molto di più.
Ragazzi tocca a voi cambiare, non è questione di età. Fatelo assieme a tutti coloro che, giovani e vecchi, credono che il futuro sia uno scenario tutto da costruire e non una proprietà da difendere. Non fatevi irretire da chi vi spinge verso il conflitto generazionale, ricordatevi che tutte le grandi civiltà sono cresciute grazie alla collaborazione fra le generazioni. Solo questa partecipazione è sinonimo di progresso e cultura. La nostra generazione ci ha provato e ha fallito. Non è vero che non ci sia riuscita, ha fallito perché non ha voluto vincere. Si è accontentata del pareggio, affidandosi a coloro che il cambiamento lo volevano solo a parole mentre in realtà cercavano solo il proprio interesse e guadagno. Ha fallito perché ha pensato che il cambiamento fosse più facile ottenerlo stando seduti sul divano della casa di Cortina o Capalbio.
Non fate il nostro errore: qualunque sia il vostro ruolo state in mezzo alla gente e ascoltate i loro problemi, partecipate con loro, vivete con loro e soprattutto vivete i loro problemi, diventate esempio e solo così diventerete dei capi, dei leader. Autorità è il modo di guidare degli incapaci, autorevolezza quello dei grandi.
Adesso incontrerete tante persone che, credendosi intelligenti, useranno solo il pronome io, mai il tu o il noi. Tocca a voi rifiutarli e, se potete e volete, diventare il granello di sabbia nell’ingranaggio dell’apparire e del nulla in cui vogliono farci vivere. Un granello di sabbia è poco, tanti sono una tempesta di sabbia e quella fa male e paura. Auguri, ne avrete bisogno ma per favore cercate di farcela. Fatelo per quelli che come me non sopportano più il mondo che li ha avvolti e da cui non riescono più ad uscire.” [Maurizio Rompani]
Vorrei essere stato io a scrivere questi pensieri, vorrei essere più giovane per potere prendere parte a questo progetto di miglioramento, ma conosco professori più giovani che hanno le competenze e le sensibilità per fare crescere questi ragazzi.
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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
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