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I bambini non sono tutti uguali

Gli occhi dei bambini sotto le bombe, nel terrore, nella fame, nella violenza sono tutti uguali. Perché in questo marcio mondo in cui la giustizia e la compassione fluttuano a seconda di chi le guarda, è tanto difficile pronunciare la parola uguaglianza? Le lacrime, le grida, la disperazione dei bambini in Ucraina, in Siria, in Palestina, nel Corno d’Africa, in Iran, in Afghanistan, in Kurdistan, sono le stesse.

Non esiste nessuna differenza.

I bambini che sniffano la colla in una favela di Rio de Janeiro, che vivono tra i rifiuti di Mombasa, che si nascondono nelle fogne di Bucarest o nei bordelli di Bangkok sono figli nostri, come si può non vederlo?

Quegli stessi bambini abbracciati ai genitori sui barconi, soli negli infiniti tragitti della speranza dal sud del mondo, ammassati come sardine in puzzolenti stive sature di gasolio, su camion dalle ruote lisce, o sugli aerei e i pullman messi a disposizione dall’Unione Europea, in cosa differiscono tra loro? Sognano una bambola e un pallone, ad ogni latitudine, un pranzo decente e dell’acqua fresca, magari uno smartphone, sì di quelli che si costruiscono col litio che loro stessi estraggono dalle miniere. Giocano in campi polverosi, senza scarpe, sognando Wembley e San Siro.

Perché agli occhi occidentali, dei bravi padri e madri di famiglia, che gridano ai quattro venti i dieci comandamenti, timorati di Dio, difensori dei loro valori, i bambini non sono tutti uguali?

Quali sono le caratteristiche che non piacciono? La religione dei genitori? La provenienza geografica? Il colore della pelle? Il colore dei capelli?

Meglio piangere sul ciglio di una fossa comune o sull’arenile battuto dalla risacca? Sotto quali macerie è più triste morire? Calpestato da quali cingoli di invasione l’infanzia è più triste? Quali postriboli ci indignano di più, quelli in Thailandia, in America Latina oppure in Europa?

Le spose bambine in medio oriente, la violenza tra le mura domestiche italiane, i figli nelle carceri del vecchio mondo, dove l’infanzia è più violata?

Le vostre lacrime di coccodrillo versate copiose in favore di telecamera, non nascondono la falsità delle vostre anime, il non capire che è il sistema mondo che ha generato povertà e disperazione, vi rende complici. Voi governanti che avete la responsabilità di quei bambini, perché sono le vostre scelte ad averli condotti al massacro, la geopolitica, gli opposti imperialismi, la crudeltà del denaro, la forza lavoro mal pagata accatastata sulla benna di una ruspa, nei campi, nelle fabbriche, nelle miniere, in ogni luogo di lavoro che trasforma la sofferenza in oro. In tutti quei luoghi l’infanzia si attesta sul gradino più basso dell’ultimo livello della scala sociale. Cibo per gli squali, carne da macello, bamboline di porcellana per i pedofili, briciole di pane alla mensa del grande capitale. Ecco l’ho detto, ci risiamo, questo nostro bel sistema, queste nostre meravigliose radici, il vincitore assoluto nella storia dell’economia globale è il vero leviatano. Un mostro che da est a ovest genera povertà e sfruttamento, miseria, guerre, ladrocini, furti su scala globale. Poche le differenze tra la sete di denaro degli americani e dei russi, degli europei e dei cinesi: i vincitori indossano la giacca e la cravatta e vanno ai meeting mondiali, gli sconfitti, sempre quelli, galleggiano laceri in un mare di merda.

Certo lo so, la democrazia e la dittatura non sono la stessa cosa, non sono così stupido da negarlo, ma chiedetelo ai bambini di tutte le periferie del mondo, scavate dove la miseria è più nera, mettetevi sulle coste da dove partono i migranti, oltre il muro che divide l’America dal Messico, laggiù in Palestina e lì, abbiate il coraggio di gridare, fermatevi! Lì decantate la supremazia dei valori occidentali, oppure in Africa, madre di tutti gli uomini, dove gli schiavi scavano con le mani nelle miniere di pietre preziose, nei mega giacimenti di petrolio e di gas naturale che i regimi democratici rubano da secoli al continente nero.

Ricordatemelo, dove, ditemi dove i bambini sono diversi, maledetti voi e i vostri se, infami nascosti dietro alla fortuna di essere nati dalla parte giusta del mondo, vergognatevi e pregate per loro.

Io non posso, sono ateo.

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Cristiano Mazzoni

Cristiano Mazzoni è nato in una borgata di Ferrara, nell’autunno caldo del 1969. Ha scritto qualche libro ma non è scrittore, compone parole in colonna ma non è poeta, collabora con alcune testate ma non è giornalista. E’ impiegato metalmeccanico e tifoso della Spal.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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