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Ferrara film corto festival

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“Fortissimo intende essere un omaggio a Camillo Sbarbaro e al suo Pianissimo, a un approccio al magma poetico tanto controllato – per l’estremo rispetto nei confronti della lingua – quanto irrinunciabile e vacillante come una fiamma”.
Così esordisce l’ottimo poeta Matteo Bianchi ad una domanda circa la natura musicale del titolo della sua raccolta di poesie. E come non affidarsi alla sua stessa parola, ma ritengo che, al di là delle molteplici risonanze presenti nei testi, la poesia del nostro autore sia soprattutto uno svolgersi di una lotta con il vuoto, oltre ad un’ansia del vuoto e di vuoto : “Purtroppo non c’è barriera che tenga il vuoto, se non alla stregua del malessere: ognuno gli dà un nome, fa come può, come gli è capitato. I più fortunati riescono a immaginarlo con l’ultimo sorriso”. Si tratta come è evidente di una chiara confessione oltre che di una limpida prosa poetica che caratterizza una cospicua parte dell’opera. Quest’ultima figlia della grande poesia arcigna di Montale ed Eliot, de “La Terra desolata” e dei “cocci aguzzi di bottiglia”, de “un giorno andando in un’aria di vetro, arida, rivolgendomi…”. Ma è anche genesi del suo tempo scriteriato, antinomico, buffo, ironico, tragico, esiguo. Un tempo interrotto questo dell’epoca senza principio e senza principi, della fine dei grandi racconti, delle grandi ideologie. Una poesia al tempo stesso colta e popolare, stratificata e disarmata, una poesia della desertificazione contemporanea da intendesi in senso climatico quanto metaforico. Ci sono oasi in questo cammino desertificato e desertificante ove l’amore può finire e deve rifiorire. Codesto è infatti, a modo suo, un canzoniere d’amore, e l’amore più di ogni altro sentimento umano è aperto alla possibilità e all’impossibilità. Non a caso in calce il poeta dedica il testo a M. “per l’ennesima possibilità”. Ma la possibilità non può essere ennesima. Essa è una ed una soltanto. Dunque la natura ossimorica dell’amore e del libro di Matteo Bianchi abile giocoliere dell’equilibro svitato.
Però non si creda ; non si rimane illesi dopo aver “trafficato” con l’amore e con le poesie d’amore. E’ un tema davvero capace di stravolgere e mutare il poeta che lo affronta. Dopo l’amore non si può essere più quelli di prima. Affiorano nuovi e vecchi entusiasmi dilagano strane disillusioni : “Tu :/ “Se scrivessi una poesia/non cambierebbe qualcosa,/fingeresti solo di aver risolto”. Io : /”Ognuno ha la sua droga”. / (Il bluff della complessità)”. Il titolo di questo componimento non a caso offre un palese riferimento al Canzoniere del poeta Michele Mari, Cento poesie d’amore a Ladyhawke,. Non è affatto casuale per la drammaticità, il linguaggio ossimorico ed originale, l’incompiutezza e il senso di aver compiuto, il realismo, la nostalgia, la mancanza e l’assolutezza con cui Mari /Bianchi si confessa/no. Cuore messo a nudo?… mah si tratta non di una poesia ingenua quanto sentimentale per rifarsi alla celebre distinzione di Schiller. Potente e razionale riflessione sul desiderio e sulla figura/mito di Orfeo, quanto di Euridice : “Orfeo si è girato perché non ci credeva abbastanza – codardo – io sì” (…) “Io resto e resterò persino muto, se sarà necessario”. Esiziale.

Matteo Bianchi, Fortissimo, Minerva editore, 2019

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dal 23 al 26 ottobre 2024
Quattro giorni di eventi internazionali dedicati al cinema indipendente, alle opere prime, all’innovazione e ai corti a tematica ambientale.

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Roberto Dall’Olio

Bolognese da sempre ancora prima di nascervi. È nomade cosmopolita. Scrisse poesie da anni otto circa. E non smise più. Pubblica libri in versi. Ritiene la poesia una forma di stoviglia, detta alla Gozzano. Ah, poeti di riferimento: Italiani: Roberto Roversi mio maestro e amico Antonia Pozzi Alfonso Gatto Guido Gozzano Stranieri: Neruda Lorca Salinas Yanez Piznik Brecht Prevert Plath Sexton Seifert Cvetaeva Ritsos Pasternak Saffo

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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