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da: Ferrara Baseball

Per gli estensi un girone delicato, ma provarci è d’obbligo. Punti di forza e criticità di una squadra che scenderà in campo cercando di sovvertire i pronostici.

La prima domenica prossima contro Mirano, e intanto bisogna vincerla. Poi semifinale, con la vincente tra Venezia e Padova. In caso, finalissima il 20 settembre, contro la prima del girone Pedemontano (Conegliano, la più papabile). Questo il percorso a ostacoli per il Ferrara Baseball, se l’obiettivo ultimo fosse lo scudetto LAB: la squadra estense è attesa ai playoff da impegni proibitivi, più una via crucis che un cammino di salute; e ci starebbe che le pretese, dopo un campionato ad alti e bassi come quello appena concluso, si fossero abbassate. I ragazzi del Castello erano partiti molto bene: quattro vinte nelle prime cinque uscite, sconfitti solo da Venezia giocando comunque un buon baseball; poi l’apoteosi, con la vittoria casalinga su Padova: inaspettata ma giusta, e purtroppo decisamente effimera. Da lì in poi tanti dolori, dagli stop con Treviso alle grandinate del Plebiscito (16-1 e 18-2 per i campioni in carica), alla sconfitta con Badia fino a quel momento sempre battuta. Difficile dire come andrà adesso, ma Ferrara dovrà provarci fino in fondo: la formula dei playoff, partita secca, può riservare sorprese; e comunque, in mezzo a tanti dubbi, gli estensi hanno anche trovato qualche certezza.
IL ROSTER: la squadra si è rinnovata rispetto allo scorso campionato: l’intesa sul campo ha richiesto tempo, e i risultati ne sono un effetto. L’età media non è bassissima, ma sono entrati nel gruppo numerosi volti nuovi con un solido passato in campo (Bologna, Pordenone, Udine, Rovigo). Numericamente il gruppo è in crescita costante, segno che il movimento sta prendendo piede. E gli ultimi arrivi, come i giovani fratelli Ambrosio e l’esperto interno Ivano Bettoni, hanno aumentato le possibilità tattiche di un gruppo che se al completo gode di una panchina bella lunga (Canci, Menini).
IL BULLPEN: Ferrara conta due lanciatori titolari, Benetti e Abetini, che per la categoria sono davvero tanta roba. Una preparazione invernale non mirata e gli infortuni di inizio stagione hanno evidenziato però l’assenza di vere alternative ai partenti: Ambrosio, Salmi e soprattutto Tura sono ipotesi valide per le rotazioni ma vanno messi in condizione di crescere, rappresentando di fatto un investimento per il futuro più che una cartuccia da sparare ora.
LA DIFESA: durante il campionato la linea esterna non ha subito più del necessario, ed anzi è spesso risultata incisiva. Nel reparto si è segnalato l’ex Fortitudo Marzaduri, e ci sono molte soluzioni pescabili nel roster (Gentili, Peano, Squarzanti, Fioratti, Stocchi, Ferrigato). Il diamante è cresciuto nel corso della stagione, e adesso è più facile abbinare ad ogni faccia un ruolo preciso. Novi, Reitano, Carlotti, Bassi, Fabbri, Gambetti possono essere spesi con una certa elasticità sulle basi; poi c’è Nicholas Bettoni, buono per tutti i ruoli. E molti degli interni possono essere impiegati anche come ricevitore.
L’ATTACCO: il vero tallone d’achille, anzi di Borso. Gli estensi hanno segnato poco durante la stagione: più di una volta, trovandosi ad inseguire, le polveri sono risultate bagnate, altre volte fradice. Per contraccolpo psicologico, in simili situazioni anche la difesa è andata in difficoltà, e se qualche volta si è perso di spiccioli, in altre occasioni son stati sberloni. Segnali di miglioramento nelle ultime partite, con una crescita generale di rendimento, frutto anche di allenamenti intensivi. Novi, Bettoni e Rotondo le mazze più pericolose del Duca.
L’AMBIENTE: l’avvicendamento alla guida del gruppo, passato da Herrera alla coppia Benetti-Della Portella, ha cambiato l’assetto tattico e la mentalità del gruppo. Più attenzione al collettivo, meno ansia da prestazione. “Vincere è il nostro obiettivo, non la nostra ossessione”, uno dei motti del coach. Lo spogliatoio ne ha ricavato una maggior solarità, e lo spirito di gruppo lo ha spesso dimostrato. Potrebbe averne risentito l’intensità: a volte la squadra perde la giusta concentrazione, e a fronte di questo nessuno può sentirsi intoccabile: chi sbaglia paga, e ai playoff non ci saranno titolari inamovibili.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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