Ancora una strage di innocenti. Ancora morte.

Oggi a pagare è Fatima Hassouneh, giovane giornalista palestinese, e con lei dieci membri della sua famiglia: anime innocenti, voci al servizio della verità, spezzate da una violenza che non conosce tregua.

Se Fatima è morta anche per noi, per raccontarci cosa accade, allora è nostro dovere tenerla viva nella memoria.

Siamo indignati per l’orrore che continua a consumarsi nel silenzio del mondo. Vogliamo gridarlo ogni giorno, ma soprattutto ora, nei giorni che per tradizione dovrebbero parlare di pace.

Non c’è più Pasqua nei nostri cuori. Non possiamo celebrare la pace quando ci sentiamo così impotenti di fronte a vittime innocenti che non hanno avuto scampo. Oggi la nostra preghiera deve farsi più forte.

Chi può, agisca. Chi crede, preghi. Chi scrive, racconti. Ma nessuno resti in silenzio.

Il 16 aprile 2025, un attacco aereo israeliano ha colpito il quartiere di Tuffah, a est di Gaza City, centrando l’abitazione della giornalista Fatima Hassouneh. Insieme a lei sono stati uccisi circa dieci membri della sua famiglia. La notizia, riportata dall’agenzia palestinese Wafa, è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie di tragedie che colpiscono civili e giornalisti nella Striscia.

Secondo il Centro per la Protezione dei Giornalisti Palestinesi (PJPC), la morte di Hassouneh porta a 212 il numero di giornalisti uccisi a Gaza dal 7 ottobre 2023: “una cifra senza precedenti nella storia moderna dei conflitti”, hanno dichiarato. “I giornalisti sono civili. Attaccarli è un crimine di guerra”. Il centro ha chiesto un’indagine indipendente e “protezione immediata” per chi continua a raccontare la guerra sul campo.

Nella stessa giornata, il ministero della Sanità palestinese ha riferito 25 morti e almeno 89 feriti, mentre gli ospedali, già al collasso, lottano per soccorrere i superstiti. Dall’inizio del conflitto, i morti sarebbero oltre 51.000 e i feriti più di 116.000.

Tutto questo avviene nonostante gli sforzi diplomatici e i tentativi di tregua. L’ultimo cessate il fuoco, mediato da Stati Uniti, Qatar ed Egitto, si è concluso il 18 marzo 2025 dopo 42 giorni, lasciando dietro di sé promesse infrante e un’escalation di violenza. Le armi non hanno smesso di colpire, né a Gaza né in Cisgiordania.

Fatima Hassouneh non era un combattente. Era una testimone. Una di quelle figure che, armate solo di parole e immagini, cercano di restituire umanità al disumano, di dare voce a chi vive sotto le macerie, reali e simboliche. La sua morte è il riflesso più crudele di un conflitto che non risparmia nessuno, nemmeno chi si limita a raccontarlo.

In un tempo che avrebbe dovuto parlare di rinascita e speranza, la sua morte ci ricorda che la pace resta ancora un’illusione lontana.

Fatima non è solo un simbolo, e ridurla a questo rischia di farci dimenticare le 211 voci uccise prima della sua. La sua storia è l’ultima fotografia, nitida e drammatica, del fallimento della comunità internazionale, dell’impotenza di ogni cessate il fuoco annunciato, dell’incapacità collettiva di proteggere chi racconta la verità.

Non possiamo dimenticarla. Non dobbiamo restare in silenzio.

Cover: Fatima Hassouneh – Foto di Plan International