Everything you hate
Recentemente – travolto dalla stagione che più odio fra le quattro – un pomeriggio ho deciso che “a mali estremi” servivano rimedi estremissimi.
Ho quindi deciso di mettere in frigo due birre e prendermi poi ben due ore della mia vita per riguardare il caro vecchio classico dei classici: “Citizen Kane” o “Quarto Potere”.
Parafrasando un celebre spot devo dire che: “ogni volta è una grande emozione”.
Da qualche anno – dopo averlo rivisto quasi quotidianamente durante una stranissima settimana – avevo iniziato a pensare che forse sì, “Citizen Kane” o “Quarto Potere” è forse la vetta della cinematografia di tutte le epoche.
Adesso che l’ho rivisto mi rendo conto che a breve potrei tornare nel loop e mettermi a riguardarlo ogni volta che ne avrò modo ma soprattutto: mi sono ricaricato le batterie e sono pronto ad affrontare tante nuove sfide nella vita.
Una su tutte: menare/menarla a chi non l’ha mai visto ma nel frattempo continua a petare rumorosamente con la bocca lanciandosi in astruse discussioni articolate e profondissime a proposito di misconosciuti film di vari generi, epoche e tipologie o telefilm – e sottolineo TELEFILM – di altrettanti generi e tipologie.
Questa è – proprio come accade nel film – una vera e propria dichiarazione programmatica.
Troppe volte mi è successo di sentire – anche per ore – sedicenti espertoni di cinema/telefilm/audiovisivi/presentazioni powerpoint, starsene lì a pontificare sulla qualunque per poi rispondermi “ah boh/ah non lo so/no/forse a pezzi ma anni fa” alla fatidica domanda: scusa, ma “Quarto Potere”?
Questa gente deve avere il buon gusto di tacere – proprio come i sedicenti “analfabeti funzionali” che costoro spesso amano molto bacchettare – o tornare a scuola o autoeliminarsi durante la visione di qualche telefilm “che va visto” secondo qualche rivista online.
Bene, a questo punto ho finito e mi sento un po’ meglio.
Cordiali saluti e via col pezzo a tema.
The Union Forever (The White Stripes, 2001)

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PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)