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Nell’immaginario collettivo la dispensa della nonna, piena di prelibatezze e manicaretti, rappresenta un luogo incantato al quale hanno accesso solo i bambini meritevoli. Marmellate, conserve e dolci di ogni sorta nascosti dalle ante di un antico mobile cigolante, riposte in attesa delle manine dei nipoti più golosi. Una credenza, che potrebbe benissimo essere arrivata da una vecchia casa di campagna, è esposta nella sala principale della MLB Home Gallery, in Corso Ercole I d’Este; è spalancata, quasi a invitare i curiosi a spiare ciò che custodisce: elisir di pesce pietra, infuso di armadillo gigante, essenza di tigre del bengala ed estratti di altre specie in via d’estinzione. I colorati intrugli sono riposti in bottiglie trasparenti e l’animale da cui proviene il contenuto è illustrato con i tratti precisi che contraddistinguono le opere di Marcello Carrà. L’artista ferrarese, in questa personale “Ricettario Visionario” come in esposizioni precedenti, richiama l’attenzione sulla salvaguardia della biodiversità e sulla caducità della vita.

Nell’anno dell’alimentazione, in cui siamo stati bombardati dallo slogan dell’Expo “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, dal quale derivano gli obiettivi della manifestazione internazionale milanese – educare a una corretta alimentazione, innovare la ricerca e risolvere i problemi della fame del mondo – Marcello Carrà spinge a soffermarsi su cosa, o chi, mangiamo e sul processo che l’ha portato fino alla nostra tavola. Proprio da una visita all’Expo nasce la voglia di soffermarsi a riflettere su come le nostre abitudini alimentari stiano contribuendo alla distruzione dei territori coltivati e all’estinzione di molte specie animali. Decide perciò di proporre una versione personale e ironica della mascotte Foody, la composizione di frutta e verdura che forma un volto sorridente: l’artista lo immagina triste e incravattato, un ibrido rappresentate del business e dell’economia mal nascosta dietro l’evento. La ridistribuzione del cibo, tra i principali messaggi dell’esposizione milanese, non è sfuggito all’artista che lo reinterpreta senza perbenismi e ipocrisie. Ispirandosi alla “Parabola dei Ciechi” di Bruegel, evidenzia con humor nero la cattiva distribuzione delle ricchezze, facendoci assistere a un goffo scontro in “Miseria ed Opulenza”: un levriero scheletrico tenta, inutilmente, di strappare un panino dalle zampe di un grasso maiale, entrambi inconsapevoli che questa lotta li porterà a precipitare in un burrone.

È giusto sottolineare che il messaggio non è un sostegno indiretto per una dieta priva di carne e derivati, piuttosto le opere vogliono essere uno spunto di riflessione sullo sfruttamento degli animali e del territorio. La carne e i vegetali arrivano sugli scaffali del nostro rivenditore di fiducia passando attraverso allevamenti intensivi, acque inquinate, disboscamenti e sprechi. L’artista vuole renderci consapevoli di questo percorso e, con le sue penne biro e i suoi pennini a china, raffigura animali ormai quasi scomparsi a causa nostra. Non solo specie in via d’estinzione, Carrà prepara fantasiose pietanze in cui l’ingrediente fondamentale è introvabile: un dodo decorato come un tacchino il giorno del Ringraziamento, una testa di varano gigante con ciliegine e un enorme arrosto-mammut. Originale l’abbinamento opera-ricetta che spiega nel dettaglio come preparare questi piatti, indicando tempi di cottura e difficoltà: preparatevi cuochi provetti, di questi tempi non è molto facile recuperare un dodo! L’occhio ancora vigile del mammut osserva i visitatori che si muovono nella sala e che, a loro volta, si avvicinano e ricambiano lo sguardo attratti dalle dimensioni dell’opera, soffermandosi sulle ombreggiature e sui singoli tratti neri, colpiti dalla realizzazione precisa e pulita di ogni dettaglio. La decisione di produrre le sue opere direttamente con l’inchiostro è la messa in pratica di un concetto astratto: come si affrontano le conseguenze di un’azione compiuta, non si possono cancellare i segni dopo averli prodotti, rendendo così il lavoro lento e ponderato.
La riflessione non è solo sulle specie animali, ma anche sulla distruzione dei terreni usati per le colture, sull’utilizzo di prodotti chimici e sulla tossicità delle acque, tinte con colori accesi, innaturali. Le carote e i cavoli in vetrocamera affondano le loro radici in questi liquidi nocivi, per ricordarci che anche gli alimenti che consideriamo sani possono essere dannosi per la nostra salute a causa dell’inquinamento, che sta avvelenando il pianeta.

“Ricettario Visionario”, a cura di Eva Beccati, è stata inaugurata domenica 20 settembre e rimarrà aperta alla MLB Home Gallery, in via Ercole d’Este, fino a domenica 8 novembre 2015.

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Ricettario visionario
Foody reinterpretato da Marcello Carrà
Ricettario visionario
Arrosto Mammmut con Maria Livia Brunelli, Marcello Carrà ed Eva Beccati
Ricettario visionario
La ricetta “Dodo in casseruola”
Ricettario visionario
La ricetta “Dodo in casseruola” e l’opera che la raffigura
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Chiara Ricchiuti


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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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