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Dialogo-Invettiva tra un profeta matto e sé stesso

Non vi riconosco più. Non vi conosco più, e sono anche stanco di frequentarvi, di sentirvi parlare del nulla mentre il mondo, l’ambiente intorno a noi sta letteralmente collassando.
Volete qualche data? Eccovela. Nel 2050 parte della pianura padana sarà forse sott’acqua, ma voi continuate, continuate pure a parlare di dove andrà Lukaku.
Migliaia di persone ogni giorno muoiono di fame e di malattia in Africa, il continente che ha visto l’origine della nostra specie, si sta desertificando sempre più.

E Voi? Voi avete paura, paura che vengano qui, a prendervi il vostro benessere, le vostre cene al ristorante, il vostro aperitivo, le Nike da trecento euro, l’Iphone, le Audi e le Mercedes, le BMW. Più il disordine nel mondo aumenta e più invocate ordine interno, disciplina, intolleranza e mezzi repressivi attorno a voi, nella speranza di salvarvi. Ogni uomo dovrebbe occuparsi degli altri, salvare o aiutare il prossimo, non pensare solo a sé stesso, o ai soli familiari, invece voi lo fate, li fate morire in mare come bestie annegate in un sacco. Ma non capite, non capite che non sarà redento niente di ciò che non è stato assunto? Non vi riguarda vero? Nessun impegno verso il prossimo, nessuna assunzione di responsabilità: “Tanto non ci posso far niente, è inutile, sono troppi, ma poi io che c’entro? Che vadano a lavorare”. Intanto li state condannando a morte, consumando a più non posso, sottraendo risorse e materie prime ai loro paesi, per riempire gli scaffali dei centri commerciali. Negate loro la vita, la dignità, la salvezza, qui ed ora. Eppure continuerete, continuerete a far finta di niente, a costruire tante piccole felicità, vuote e personali, venate di malinconia negata, intrise di rabbia, continuerete a non pensare, a credere che non vi riguardi.

Volete altre date? Tra poco più di vent’anni è molto probabile che, in Italia, non ci saranno più soldi per pagare le pensioni di anzianità, già adesso il rapporto lavoratori/pensionati è 1:1. Sarà una sorta di punto zero dell’economia, anche i più anziani dovranno tornare a lavorare, come in Africa, come in certi paesi asiatici. Dite che non succederà? Può darsi, sempre ammesso che li abbiamo davvero vent’anni, forse è tutto quello che ci resta, perché si sta sciogliendo l’intera Groenlandia, assieme a buona parte del Pack al Polo Nord, e nessuno sa dire di quanto si alzerà il livello dei mari nei prossimi anni.

I grandi laghi ed i fiumi principali, in diverse parti del mondo, si stanno prosciugando a causa del prelievo eccessivo di acqua, come il Giordano, che gli israeliani hanno usato per irrigare le loro colture, o il lago Ciad, che fornisce acqua dolce a 20 milioni di persone. È solo questione di tempo. Dite che non c’è problema? Tanto dissaleremo l’acqua del mare. Peccato che per ogni metro cubo di acqua dolce, un dissalatore ne produce tre di acqua ipersalata, ma per un po’ basterà, poi ci penseranno gli altri, le generazioni a venire, non è un problema vostro.

Lo sappiamo tutti, lo vediamo attorno a noi, eppure fate finta di niente. Stiamo correndo verso l’autodistruzione, ma tanto cosa vi importa, avete i vostri vini pregiati, i vostri ristoranti esclusivi, male che vada, se avete meno soldi, il vostro spritz… Aperol o Campari? Scegliete. Un po’ di salatini, due patatine? No, meglio una bella apericena, e giù pasta fredda, crema fritta, affettati, pizza, olive all’ascolana…

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi.
Valeva solo per gli apostoli, non è vero? Basta divertirsi e non pensare più a nulla, se non a sé stessi, avere soldi in tasca da spendere, a tutti i livelli, tanti o pochi che siano. Nutrire solo il corpo, non l’anima, ma l’anima è immortale, che lo vogliate o no, non si nutre di cibo, e la mancanza di pensiero, l’assenza d’amore per il prossimo lentamente la atrofizzano, per sempre. Ad un certo punto, non la sentirete più dentro di voi, diverrete aridi, sola prassi, tecnica, azione e reazione.

Ma tanto che vi importa? Basta consumare. Infatti stiamo consumando l’intero pianeta, come locuste in un campo di grano. Non ci fermiamo mai: avanti, avanti, sempre avanti, tanto il progresso ci salverà! Ho visto a cosa serve il progresso. A riempire di chiacchiere inutili, di opinioni infondate e dannose, di sfide pericolose i Social; ad annichilire intere generazioni, sublimate dagli smartphone che annullano la realtà fisica in funzione di quella virtuale, riducendo al minimo le relazioni, attraverso mondi inesistenti. Del resto, la realtà fisica è oramai troppo degradata per essere affrontata senza averne paura. E voi l’avete, tanta. Siete così terrorizzati da negare tutto ciò che sta arrivando: cambiamenti climatici sempre più invasivi, mancanza di risorse e materie prime, d’acqua, di cibo. Il futuro è un baratro insondabile, di fronte al quale la mente vacilla. Ma non importa vero? Godiamoci il presente…

Eppure attorno a voi, tanti lavorano tutto il giorno, lottano fino allo sfinimento con bollette, dentista, caro libri scolastici, malattie invalidanti (proprie, dei figli, dei parenti), aumento dei prezzi, del cibo e del carburante. E voi, in tutto questo? Voi pensate ad arricchire. Introdurre una patrimoniale? “Ma scherziamo? Perché devo dividere i miei soldi con gli altri? La mia villa, il motoscafo d’altobordo, me li sono guadagnati io, e poi lo Stato si prende già abbastanza in tasse…”.

Ormai non ho più parole per voi, mi dispiace. Fatico anche ad amarvi, voi, piccoli e grandi ricchi del pianeta, ma anche voi, persone comuni, che ne imitate in minore lo stile ed i modi di vita, che comprate Gratta e vinci o giocate al Superenalotto nella speranza di arricchire improvvisamente e fregarsene di tutti. Non sopporto più la vostra indifferenza, la vostra insensibilità. Voi, venduti ad un falso dio, il Denaro.

(da “Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano“, del 13 agosto 2023)

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Stefano Agnelli

Stefano Agnelli è laureato in Storia Contemporanea, ed insegna materie letterarie negli Istituti di Istruzione Secondaria. Ha pubblicato due raccolte di poesie: “La stagione del sonno fecondo”, Corbo Editore, Ferrara, 2007 e “Turno di notte”, Albatros, Roma, 2011. Ha collaborato con il sito internet Spigolature. Spigoli & Culture, e collabora con la rivista online: Il giornale di Rodafà. Rivista di liturgia del quotidiano.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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