Giorno: 4 Settembre 2020

Lega:”Potenziare i trasporti verso le scuole centesi”

Da: Ufficio Stampa Lega Giovani Ferrara

«La città di Cento rappresenta un punto nevralgico per l’istruzione superiore nella provincia di Ferrara. Dal 14 settembre, data prevista per la riapertura degli istituti scolastici, migliaia di studenti si recheranno a Cento per studiare, e tanti di loro lo faranno utilizzando i mezzi pubblici. Le scuole centesi sono infatti il punto di riferimento, non solo per gli studenti del capoluogo, ma anche per quelli delle frazioni». Esordisce così il coordinatore provinciale della Lega Giovani, Luca Cardi, esprimendo la sua preoccupazione per la ripresa dell’attività didattica. In particolare, Cardi sottolinea come «centinaia di studenti arrivino ogni giorno nella Città del Guercino da altri comuni e da fuori provincia. Già in periodi “normali” – continua Cardi – diversi studenti e famiglie lamentavano lo scarso numero di “corse”, con mezzi spesso sovraffollati nelle ore di punta. Ora sarà ancora più importante evitare che gli studenti debbano viaggiare su mezzi che superano la capienza prevista dalla legge. Non possiamo permetterci che gli sforzi fatti finora per superare il Covid, da parte di cittadini che hanno dimostrato grande senso di responsabilità, vadano vanificati durante il quotidiano tragitto tra casa e scuola dei ragazzi, magari a causa di mezzi di pubblici non adeguati in termini di capienza. Per questi motivi, chiediamo alla Regione Emilia–Romagna di vigilare e di garantire che siano presi tutti i provvedimenti necessari, in modo tale da permettere agli studenti di potersi recare a scuola in sicurezza, accelerando un processo di potenziamento delle linee di trasporto verso le scuole superiori di Cento”.

 

SCHEI
Ferrara, idea di città: a voi indré i mié baioc (ridatemi i miei soldi)

In una celebre scena di “Un americano a Roma”, Alberto Sordi aggredisce un piatto di pasta al grido di “m’hai provocato, e mo’ me te magno”. Tiziano Tagliani, sindaco di Ferrara per dieci anni fino al 2019, a un certo punto non ce l’ha più fatta a digiunare sul profluvio di analisi della sconfitta del centro-sinistra locale, e si è buttato sul piatto di maccheroni, avendo tutti i titoli per farlo. Io, che ho meno titoli di tutti gli intervenuti, partecipo all’abbuffata per una ragione: sono un cittadino che ha vissuto dall’interno la crisi Carife, da dipendente e da sindacalista, e la ritengo una delle principali ragioni della sconfitta. Lì mi sento di parlare con cognizione di causa. Sul resto mi esercito da libero pensatore, improvvisandomi “commissario tecnico” come quei sessanta milioni di italiani che parlano dello scibile umano essendosi laureati alla Scuola Radio Elettra o su Google.

Le ragioni della sconfitta? Ne seleziono tre, una (parzialmente) esterna e due interne alla città. La ragione esterna risiede nel vento sovranista che soffia nel mondo, in Europa, in Italia e che non poteva lasciare indenne Ferrara, nonostante il suo essere situata in una buca la preservi dalle folate più violente – ma non dai miasmi mefitici del suo petrolchimico. Questo vento si è mescolato con una voglia, generica quanto prepotente, di “novità” e di “cambiamento”, qualunque esso fosse, che fa anche sorridere se pensiamo che questo afflato rivoluzionario è stato concretizzato, nell’urna, da elettori la cui età media è di cinquant’anni circa. C’è una frase che dice “rivoluzionari da ragazzini, riformatori da  adulti, conservatori da maturi, reazionari da vecchi.”  Il prototipo del ferrarese dovrebbe già essere, per ragioni di anagrafe, nella fase della conservazione, ma in maggioranza ha deciso che bisognava “cambiare”. Cambiare cosa? Le facce, intanto. Un blocco di “potere”, o un sistema di relazioni che durava da circa settant’anni può, in effetti, suscitare una legittima e anche naturale voglia di alternanza. Avvicendare il personale al potere è una regola di buon senso, soprattutto se sono quattro generazioni che questo non avviene. A questo si potrebbe tuttavia obiettare che avrebbe potuto accadere anche prima, e prima non è accaduto; inoltre, che in altre roccaforti rosse o rosa l’elettorato non ci ha proprio pensato di affidare la stanza dei bottoni ad un’allegra quanto sconclusionata armata Brancaleone di “alternativi”, oppure, nella migliore delle ipotesi, di esponenti dell’imprenditoria locale stanchi della dittatura delle cooperative (la dico in maniera grossolana). Allora perchè stavolta a Ferrara, la conformista Ferrara, è successo?

Per provare a rispondere a questa domanda occorre passare alle ragioni endogene della sconfitta. La prima è il caso Carife. La Coop Costruttori, circa dieci anni prima, aveva dato un bello squasso: quasi undicimila creditori, duemila e rotti dipendenti, trecento soci, un fallimento per il quale peraltro, al termine dell’iter giudiziario, i tribunali non hanno riconosciuto la responsabilità degli amministratori per bancarotta, per carenza dell’elemento soggettivo del reato – ad eccezione della “bancarotta per dissipazione” relativa al denaro investito nella Spal. Ecco: se la Coop Costruttori è stata un settimo grado della scala Richter, Carife è stata “The Big One”, il termine con il quale si definisce il terremoto che prima o poi dovrebbe devastare Los Angeles e San Francisco. La responsabilità amministrativa di questo crac è dei dirigenti apicali, a partire da Murolo, e degli amministratori (molti dei quali esperti di banca come io lo sono di astrofisica). Lo ripeto affinchè sia chiaro: la responsabilità amministrativa del crac Carife è anzitutto dei suoi dirigenti apicali, a partire dal mirandolese volante con i suoi tirapiedi, che ha pervertito le regole minime di prudenza fatte raccontare, come un mantra, dai formatori (me compreso) a tutti i seminari sui crediti: frazionare il rischio e prestare sul proprio territorio. Infatti, sotto la sua brillante gestione, la banca ha “prestato” l’equivalente di circa un terzo del suo patrimonio disponibile a due soli debitori: un gruppo di Milano (Siano) per una iniziativa immobiliare mastodontica quanto spericolata, finanziata nel momento in cui il resto del mondo creditizio usciva dal mercato immobiliare; e una compagnia di navigazione di Torre del Greco (Deiulemar)per finanziare l’acquisto di una nave – Deiulemar per inciso soprannominata “la Parmalat del mare” per le caratteristiche del suo fallimento. In due mosse da geniale scacchista, ha messo a repentaglio il patrimonio della banca erogando credito a centinaia e centinaia di chilometri di distanza dal proprio territorio. Se un qualunque direttorino di filiale avesse fatto in piccolo quello che lui ha fatto in grande, sarebbe giustamente stato rimosso dall’incarico e forse sanzionato. Lui, che era il capo, è uscito da Carife con qualche milione di euro e giudizialmente (quasi) immacolato sulla base dell’assunto “tanti colpevoli, nessun colpevole”. In quelle operazioni lì stanno i germi della dissipazione e della malagestio, aggravate dal fatto che già la Cassa stava attutendo la botta dei soldi prestati (e non rientrati) alla Coop Costruttori. Il resto è venuto di conseguenza, ma non è stato ininfluente, è stato anch’esso determinante.

Infatti, la responsabilità politica della “risoluzione” di Carife è tutta ascrivibile ad un governo Renzi a trazione piddina, con Franceschini, ministro teoricamente espressione del suo territorio, a fare la scimmietta (non vedo, non sento, non parlo), e tutti i parlamentari e piddini regionali e provinciali zitti e allineati sulla posizione del capo: di nuovo, Renzi. La banca va disciolta. Decisione condivisa tra Bankitalia (altro manipolo di inguaiati) e Ministero dell’Economia, ossia il Governo e il Premier di allora(sempre Renzi). Carife non era fallita, ma anche se lo fosse stata, sarebbe fallita per la gestione commissariale di Bankitalia, che in due anni e rotti (dal maggio 2013) ha dilapidato i 150 milioni di aumento di capitale del 2011/2012. Già commissariare una banca dopo aver fatto acquistare le azioni dai propri clienti è stato un tiro mancino di Bankitalia, una vera bastardata, perchè significava scientemente azzerare, in sostanza, il valore di quell’investimento per cui tutta la Rete commerciale aveva agganciato tutta la clientela; una usurpazione di fiducia per conto terzi che ha pochi precedenti. Ma non gli è bastato. Dopo aver fatto lentamente cuocere (decuocere) a fuoco lentissimo la banca senza una sola iniziativa di rilancio, facendo quindi uscire una liquidità superiore alla fresca capitalizzazione, e dopo aver fatto deliberare ai soci un aumento di capitale di 300 milioni finanziato dal Fondo di Tutela dei Depositi, Bankit e il Governo hanno iniziato una melina travestita da contrasto con la Commissaria europea alla Concorrenza. Dico “travestita”, perchè nessuno è in grado di mostrare un documento formale nel quale la signora Vestager abbia scritto “è vietato finanziare la Carife con il Fondo di Tutela dei Depositi”(ente completamente privato, finanziato dalle banche). Si accettano scommesse: questo documento non esiste. E’ esistita invece una sudditanza all’Unione Europea, che non si è voluto “irritare” per avere la possibilità di sforare sul tetto al deficit di bilancio. Questa appare come una ricostruzione decisamente più credibile di quella ufficiale, propagandata senza il supporto di alcun documento scritto – tanto è vero che poche settimane dopo la stessa soluzione ha “salvato” Caricesena. Nel frattempo, è appena il caso di ricordarlo, nell’unica reale controversia sollevata dallo Stato italiano contro la Commissione Europea, che aveva ritenuto illegittimo l’intervento del Fondo interbancario su Tercas, il Tribunale ha dato torto all’Europa. A Ferrara invece, la piccola, imbucata, insignificante, indifesa Ferrara il Governo renziano ha deciso di far saltare la banca il 22 novembre del 2015. Il nostro undici settembre.

Sto annoiando qualcuno? Non credo, però, di aver fatto perdere il filo a quei 31.000 risparmiatori che, per effetto della “risoluzione”(adoro il tono asettico che viene introdotto nel linguaggio giuridico per mascherare le atrocità), hanno visto azzerato in una notte risparmi per decine o centinaia di migliaia di euro, persino con le obbligazioni sottoscritte dieci anni prima: una manovra folle e meschina, raccontata come un “atterraggio soffice”. Parlo di pensionati, lavoratori, artigiani, dipendenti della stessa banca. Parlo di un tessuto sociale ed economico raso al suolo peggio di quanto avesse fatto il terremoto fisico di tre anni prima – evento della cui concomitanza sui nostri territori, evidentemente, non è fregato nulla a nessuno, men che meno ai Franceschini e catena alimentare discendente. Spiace la durezza, ma questo è quanto. Last but not least, il “consigliere economico del premier”, Luigi Marattin, ormai star televisiva ora Italia Viva, continua a difendere la scelta dopo aver dichiarato che se “speculi” sulle azioni devi accettare che puoi perdere i soldi. Siccome è un professore di economia (macro), mi permetto di dargli un voto per l’esame di (micro) economia dal titolo “conoscenza dei meccanismi di finanziamento e capitalizzazione delle banche locali”: voto zero.

Questi sono gli eredi, ferraresi e non, del PCI di Berlinguer, tra l’altro. Secondo voi non basta a spiegare l”alternanza”? Basta e avanza. Poi c’è la terza ragione, la seconda interna alla città, che è la sottovalutazione, oggettiva e comunicativa, del problema della sicurezza. Non è la diatriba tra l’ipotesi della mafia nigeriana o la riduzione del fenomeno a microdelinquenza sparsa e (anche) locale, ad avere fatto la differenza. La differenza l’ha fatta il progressivo degrado di alcuni quartieri, tra cui uno signorile anche nel nome (Giardino). Se mi minacciano con un coltello, se mi rubano in casa, se non mi sento sicura a girare da sola, se il prezzo della mia casa crolla questo è un problema di sinistra. E se anche questi problemi fossero esagerati da una “percezione” alterata e gonfiata ad arte, dovrei trarre le conseguenze di questa affermazione (corretta), e “gestire” da sinistra questa percezione; non fregarmene. Se un cittadino che vive in Don Zanardi (zona est lontana dal GAD) a domanda vi risponde che non si sente sicuro in città, non credo che dovreste limitarvi a dargli del visionario, ma chiedervi perchè la pensa così, e porvi il problema sia concreto sia comunicativo. Lasciare l’offensiva mediatica alla destra di naomo su questo tema è stato un errore molto grave.

In tutto questo le responsabilità del Sindaco Tagliani sono, sembra un paradosso, più oggettive che soggettive. Intanto sul caso Carife è stato il solo a criticare con durezza l’inanità del suo partito (dal quale in più di un’occasione credo si sia sentito fregato), e a convocare spesso adunanze di tutta la cittadinanza e associazioni, comprese quelle più incazzate con lui. Sul vento sovranista poteva poco: gli ha scompigliato i capelli come a tutti coloro che ancora ne hanno. Peraltro bene ha fatto a ricordare le cose buone della sua amministrazione, che ci sono state, una fra tante la riqualificazione delle Corti di Medoro (ex Palaspecchi). E ha fatto bene anche a togliersi qualche sassolino a proposito del candidato “indipendente” e fuori dalle vecchie logiche di partito. Sono persuaso che la “colpa” non sia solo sua, e che certo settarismo abbia contribuito a non trovare una soluzione alternativa, anche se la scelta di candidare sindaco proprio l’assessore alla Sicurezza della giunta uscente non è stata la più felice se si voleva comunicare una “discontinuità”. E parlo con il massimo rispetto della persona, la cui attività non può certo essere ridotta ad un luogo comune da chiacchiera al bar.

Ferrara in questi ultimi anni è stata sbeffeggiata, descritta come una nuova Scampia, ridicolizzata, esemplificata come anomalia intollerante, una sorta di enclave nerastra. Non riconosco in queste ricostruzioni la mia città, che è anche molto altro. Prendere sul serio non tanto i propri avversari, quanto le emergenze che hanno peggiorato la vita dei propri concittadini ricoprendo di una patina grigia anche il buono fatto, è il solo modo per diventare a propria volta un’alternativa alla destra.

Atala

Racconto di Maurizio Olivari

Anche le biciclette hanno un’anima. Quindi anch’io. Mi chiamo Atala, ho sessant’anni portati benissimo e sono stata il regalo per l’esame di Maturità , al mio padrone Matteo. Sono ancora in forma perché lui mi ha sempre trattata benissimo, sempre pulita, ogni tanto una lubrificatina alle giunture, una gonfiatina alle gambe, pardon, alle ruote e quando avevo qualche acciacco, subito a riparare. Sono di colore verde militare e mi vanto di avere i freni a “bacchetta”, le manopole in pelle e la sella di cuoio, tanto che quando esco, quelle persone che incontro mi fanno mille complimenti.

Con Matteo abbiamo trascorso una vita spensierata; da giovincello, mi metteva sul cannone certe belle ragazze che poi portava al parco, mi appoggiava ad un albero e si stendeva con loro sull’erba ad amoreggiare. Io li guardavo divertita. Beata gioventù. Negli anni abbiamo girato tanto, siamo andati all’Università, poi al lavoro, la domenica alla Spal e qualche giro sulle mura della nostra bella città di Ferrara . Insomma sempre insieme.
Adesso sono qui, in questa piccola stanza buia, appoggiata a scatoloni, vecchie cianfrusaglie messe in questa cantina, che è anche la mia dimora per la notte. Mi preoccupo perché sono quasi due mesi che Matteo non viene a portarmi fuori con lui. Non era mai successo, al massimo quindici o venti giorni durante le vacanze estive. Sarà ammalato ? Mi tradisce con una bicicletta olandese ? Mi ha sostituito con una bici elettrica? Non so cosa pensare, sono triste.

Sento avvicinarsi qualcuno, il rumore della chiave nella serratura, la porta che si apre lasciando passare un fascio di luce che illumina una figura maschile. Apro gli occhi, scusate, il fanale e vedo Matteo che mi viene incontro, mi prende dolcemente fra le mani e mi porta fuori, nel cortile del palazzo. Finalmente una boccata d’aria fresca, in una splendida giornata di sole.
Messa sul cavalletto, comincia ad accarezzarmi con un morbido panno, togliendomi dal telaio la polvere accumulata nei giorni di segregazione e inizia a parlarmi come aveva fatto altre volte quando era un po’ giù di corda.

– Cara Ata – comincia, chiamandomi con il mio diminutivo – siamo messi male. Quasi due mesi che sono chiuso in casa per colpa di un virus che ha colpito tutto il mondo e che sta facendo morire migliaia di persone.- Vorrei dare un colpo di campanello, per dimostrargli la mia comprensione ma non lo faccio e lo lascio continuare.
-Posso solo andare dal giornalaio, al massimo 200 metri da casa, andare dal fornaio e per necessità urgenti, in farmacia o dal medico. Guarda, devo sempre indossare questa mascherina, che ci ha regalato il Sindaco, non è un gran modello, forma le orecchie che sembrano quelle di Dumbo, l’elefantino di Disney, però è utilissima a me e per le persone che incontro –

Il tono della sua voce è pacato, rassegnato, intervallato da lunghi sospiri.
– Vivo solo fra le mura di casa, leggo il giornale, guardo la tv, scrivo quattro cavolate su Facebook e dormo. Vuoi che sia vita questa? Io, abituato ad uscire sempre con te, andare in centro città, trovare gli amici per uno spritz, fare il giro delle mura, niente, adesso niente. Sono stanco, mi ribello.Questa notte andiamo fuori, in giro per la città e riscoprire quanto è bella Ferrara.”
Vorrei dirgli di non farlo, di non rischiare, resistere. Potrei sgonfiarmi le ruote ma lui mi avrebbe rigonfiata. Potrei far saltare la catena ma lui è talmente pratico che avrebbe risolto il problema. Non resta che lasciarlo agire. Ancora insieme per una nuova avventura !

Si è fatta notte, sento il rumore della chiave che entra e gira la serratura nella porta della cantina, lentamente si apre con un cigolio da scena di film giallo, la cornice della porta inquadra la sagoma di un uomo mascherato. Un ladro ? No, è Matteo che entra quasi furtivamente, si avvicina e mi solleva dal pavimento, portandomi all’esterno. Non era mai successo, ero uscita sempre con le mie gambe, pardon, con le mie ruote. Era iniziata la trasgressione alle regole di comportamento. State in casa. Matteo quella notte, aveva deciso di evadere.
La notte è serena, la luna piena, con il suo bagliore, crea effetti di chiaro scuro sulle case e sulla strada che stiamo percorrendo. Matteo pedala lentamente, quasi volesse assaporare al massimo l’atmosfera di riscoperta della sua città. Nessuna persona o veicolo in circolazione.
Passiamo da Porta Mare verso il centro città e quando raggiungiamo Piazza Ariostea, Matteo come fosse una guida turistica inizia a raccontare, quasi volesse spiegarmi quello che vedeva.

– Guarda che bella, tutta restaurata, con gradoni bianchi, una nuova asfaltatura, rifatto anche il giardino interno, ripulita la meravigliosa colonna con la statua di Ludovico Ariosto, anche questa restaurata. Pensa che quando la piazza fu realizzata, mi sembra nel 1499, si chiamava Piazza Nova e sulla colonna posizionata nel Seicento, misero la statua del Papa Alessandro VII, poi nell’Ottocento la sostituirono con quella di Napoleone. Anche la nuova illuminazione è proprio suggestiva. Bella vero?”
Vorrei rispondere di sì ma rimango ad ascoltare mentre raggiungiamo il Parco Massari, un vero polmone verde per la città.
– Giustamente è chiuso – riprende Matteo – altrimenti ti farei fare un bel giro in questo che è stato il giardino del Palazzo Massari, qui di fianco. Ci sono tanti alberi particolari, compresi questi due Cedri del Libano che con i loro rami sporgenti, quasi coprono la strada. Ti piacciono Ata? “

Si rivolge a me quasi fossi una di famiglia e ne sono felice ma penso sia l’effetto dei tanti giorni rimasto senza parlare direttamente con delle persone, tranne che per telefono o inviando qualche messaggio.
Andiamo avanti qualche decina di metri e svoltiamo in corso Ercole 1° d’Este. Ci fermiamo subito e sento riprendere il commento del mio improvvisato narratore.

– Eccolo, uno dei più importanti monumenti di Ferrara, nel punto più strategico della città. Il quadrivio degli Angeli, al centro dell’Addizione Erculea. Sono innamorato di questo palazzo della fine del Quattrocento, progettato dall’architetto Biagio Rossetti, che vi ha posizionato ottomilacinquecento blocchi di marmo a forma di diamante per il bugnato esterno che offre un notevole effetto visivo. Oggi è sede della Pinacoteca e ospita spesso importanti mostre di opere dei più illustri artisti, visitate da migliaia di turisti italiani e stranieri.
E adesso avanti diritto fino al Castello! –

Vorrei dirgli di pedalare più piano, perché sui ciottoli saltello e mi fanno male le gambe, pardon, le ruote. Forse lo intuisce e sale sul marciapiede, trasgredendo ancora una volta alle regole, ma stasera va così, in libertà. Meno male che non incontriamo controlli, anche forse a causa all’ora notturna.
– Eccolo, eccolo il nostro Castello! Austero e allo stesso tempo elegante, armonioso con le sue quattro torri, Torre Marchesana, Torre di San Paolo, Torre di Santa Caterina e Torre dei Leoni.
Ha resistito dal 1385 a molte vicissitudini, le guerre, i terremoti , subito qualche piccolo danno poi riparato ed eccolo con il suo fossato, i ponti levatoi e ora illuminato da una calda luce dorata.
Ata, com’è bella la mia città.-

Alzo gli occhi, pardon, il fanale verso il grande orologio del Castello, sono le tre del mattino. Spero proprio che ora si ritorni a casa.
Lasciata piazza Savonarola con la bella statua del Frate, nato a Ferrara e mandato al rogo a Firenze nel 1498 a soli 46 anni, arriviamo alla Piazza della Cattedrale.
Altra sosta. Andrea scende, si appoggia al mio cannone e alza gli occhi estasiato verso la facciata della chiesa. Peccato che una sua parte sia ancora coperta per lavori di restauro.
Con una voce pacata sussurra, quasi a voler rispettare il luogo dove ci troviamo, il suo commento a questo monumento della Cristianità.
– L’hanno consacrata nel 1135 e dedicata a San Giorgio. Stile Gotico-Romanico con il suo campanile costruito più tardi alla fine del 1400. Quando si arriva dinanzi a Lei e si guarda la Madonnina che ci protegge dall’alto, viene voglia di inginocchiarsi e pregare.”
Sapevo che era credente, ma forse il momento che stava attraversando, con la paura del contagio, lo aveva reso più fragile ed una preghiera lo avrebbe migliorato il suo spirito.

Sapevo di Matteo, una persona colta, studiosa e interessata alla storia della sua città ma stasera mi stupiva con le sue citazioni.
Riprendiamo il tour della città, svoltando in Piazza Trento Trieste, portando lo sguardo fino al fondo dove si erge il palazzo di San Crispino. Lo sguardo incontra però anche una vettura della Polizia, ferma per un controllo. Mi trema la catena, penso che adesso il mio buon Matteo passerà un brutto momento.
Ci fermano. L’agente chiede i documenti e il modulo di autocertificazione che motivi la presenza fuori casa.

– La motivazione – interviene l’agente – parla di urgente necessità. Vuole precisarmi quale?
– Dopo quasi due mesi di segregazione in cinquanta metri quadrati – risponde Matteo – nel mio appartamento, senza un balcone, con le finestre che si affacciano su un cortile interno,avevo bisogno di un po’ di libertà, di rivedere la mia città, che vivevo tutti i giorni, durante le mie passeggiate –
L’agente della polizia lo ascoltava attento e Matteo sfoderando le sue doti di attore mancato, una passione che aveva coltivato in gioventù, proseguì con enfasi.

– Vede agente, questa è la notte adatta, la luna piena che rischiara i palazzi, il silenzio che aiuta a sognare, un vero toccasana in questo triste momento. Qual’è la sua città d’origine?
– Napoli – rispose l’agente dopo un attimo di perplessità – Ci abita la mia famiglia –
– Bellissima Napoli, è molto tempo che non ci torna ?
– Ormai due anni, dovevo andare due mesi fa, ma per questa pandemia mi hanno trattenuto per servizio.
– La rattrista non vedere la sua città?
-Molto.

Avevo ascoltato quel dialogo con molta attenzione, sembravano quasi parole di un padre ad un figlio. Dopo un attimo di silenzio, il giovane agente si allontana andando a parlare al collega anziano seduto dentro la vettura di servizio. Al suo ritorno, riconsegna i documenti e invita ad andare a casa e rimanerci. Matteo lo guarda accennando ad un sorriso, ringrazia e gli augura buon lavoro e felice ritorno, sperando presto, nella sua Napoli.

Adesso sono più rilassata, scampato pericolo di multa e mancato sequestro del veicolo, cioè io, povera bicicletta.
E’ quasi mattino, la luna sta lasciando il campo ai primi bagliori dell’alba e percorriamo la strada del ritorno in silenzio.
Via Mazzini, il Ghetto Ebraico, verso corso Giovecca ammirando la facciata della chiesa di San Francesco, attraversiamo gli archi della Prospettiva con la sua ampia scalinata che porta sulle mura e arriviamo, dopo pochi minuti, a casa.
Sono un po’ stanca, dopo due mesi di inattività, non ero più abituata a lunghe pedalate ma felice per il mio padrone. Sentivo che nelle sue mani appoggiate alle mie manopole, c’era una nuova energia, datagli da questa avventura notturna.
Matteo, apre la porta della cantina, mi appoggia delicatamente ad una parete, mi accarezza dolcemente il manubrio, si allontana lentamente, si volta e mi dice – Atala, andrà tutto bene –
Mentre chiudeva la porta non so se abbia sentito che io sussurravo – Speriamo –

Polizia provinciale: controlli stradali con targa System e stagione venatoria 2020-2021

Da: Ufficio Stampa Provincia di Ferrara

Circola a Boara senza assicurazione, patente di guida e con veicolo pignorato

La Polizia provinciale ha sorpreso un veicolo a Boara senza copertura assicurativa, grazie all’impiego del Targa System, ossia il rilevatore utile per la sola segnalazione di veicoli privi di copertura assicurativa e revisione.

Fermato sul posto, il conducente ha esibito solo la carta d’identità, dichiarando di essere sprovvisto di ogni altro documento.

Da ulteriori accertamenti, i documenti sono risultati mancanti del tutto e non dimenticati a casa.

L’uomo, infatti, residente in provincia di Ferrara, da controlli più approfonditi subito eseguiti presso la centrale della Polizia provinciale, è risultato privo di patente, in quanto revocata, e la carta di circolazione è risultata ritirata e giacente presso altro corpo di Polizia, perché la stessa persona è già stata sorpresa a circolare nelle medesime condizioni.

Il veicolo, poi, è risultato pignorato già dallo scorso anno ed è stato confiscato e portato in un deposito della Provincia.

Pesanti le conseguenze di questo comportamento, poiché oltre alla mancata assicurazione che comporta l’applicazione di una sanzione dell’importo di 868 euro, il conducente è stato notiziato all’autorità giudiziaria per aver continuato nella guida senza patente e senza aver pagato la precedente sanzione.

Grazie ai colleghi e all’utilizzo del Targa System – dice il comandante della Polizia provinciale Claudio Castagnoli – che, ricordo, non è un rilevatore puntuale della velocità, penso che ogni veicolo tolto dalla strada sprovvisto di assicurazione vada nella direzione di tutelare la stragrande maggioranza di automobilisti onesti che correttamente provvedono ad assicurazione le proprie automobili”.

Regione: Sanità. Case della salute, un modello che funziona e piace

Da: Ufficio Stampa Regione Emilia-Romagna

 

Lo rivela uno studio dell’Agenzia sanitaria e sociale della Regione relativo al decennio 2009-2019. 120 le strutture presenti su tutto il territorio, da Piacenza a Rimini, triplicate negli ultimi 9 anni (erano 42 nel 2011). Un bacino di utenza di oltre 2,4 milioni di cittadini, più della metà dei residenti

 Meno accessi in codice bianco al Pronto Soccorso e meno ricoveri ospedalieri per le patologie trattabili in ambulatorio. Più assistenza domiciliare al paziente, sia infermieristica che medica. Le Case della salute fanno bene ai cittadini e al sistema sanitario regionale.

A rivelarlo, uno studio dell’Agenzia sanitaria e sociale della Regione Emilia-Romagna che ha analizzato l’impatto di queste strutture sul territorio nel decennio 2009-2019. I risultati confermano dunque che il modello funziona.

Dove c’è una Casa della Salute si riducono del 16,1% gli accessi al Pronto soccorso per cause che non richiedono un intervento urgente, percentuale che sfiora il 25,7% quando il medico di medicina generale opera al loro interno. Contemporaneamente, calano (-2,4%) i ricoveri ospedalieri per le patologie che possono essere curate a livello ambulatoriale, come diabete, scompenso cardiaco, broncopneumopatia cronica ostruttiva, polmonite batterica. Anche in questo caso l’effetto è maggiore (-4,5%) se presente il medico di medicina generale. Non solo, perché nei territori serviti dalle Case della salute si è intensificata nel tempo (+9,5%) l’assistenza domiciliare al paziente, sia infermieristica che medica.

In termini assoluti le Case della salute hanno consentito, nella popolazione servita a livello regionale da queste strutture, di prevenire ogni anno mediamente circa 6.300 accessi in Pronto soccorso per motivi inappropriati e 250 ricoveri per condizioni sensibili al trattamento ambulatoriale; parallelamente, sono stati erogati 3.000 servizi di assistenza domiciliare in più.

“I numeri evidenziano con chiarezza come puntare sulle Case della salute per avvicinare sempre più servizi e cure ai cittadini sia stata una scelta giusta, accompagnata dal rafforzamento, dalla riqualificazione e dalla realizzazione di nuove strutture ospedaliere- commenta l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Raffaele Donini-. La Regione continuerà ad investire su queste strutture, che già servono oltre la metà della popolazione residente in Emilia-Romagna, e che dal 2011 sono quasi triplicate, raggiungendo le 120 unità. Vogliamo- aggiunge Donini- che diventino sempre più un punto di riferimento certo per i cittadini, dove trovare risposta alla maggior parte dei bisogni, anche grazie alle equipe multiprofessionali e interdisciplinari di professionisti, della sanità e del sociale, che vi lavorano”.

L’indagine
L’indagine ha preso in esame le 88 strutture operative da almeno 9 mesi in Emilia-Romagna al 31 dicembre 2018 in comuni non capoluogo di provincia e 16 strutture in cinque città capoluogo: Parma, Reggio-Emilia, Bologna, Ferrara e Ravenna, dove la riduzione media degli accessi al Pronto soccorso per cause non urgenti è del 10,1%.  Questi risultati ribadiscono, su un numero maggiore di Case della Salute e di territori, quanto già evidenziato fino al 2016 in un precedente studio dell’Agenzia, che non considerava però le città capoluogo.

Tra i temi presi in esame anche quello della qualità percepita da parte degli utenti, attraverso un’indagine regionale – avviata a settembre 2018 in 7 Aziende sanitarie – per raccogliere le opinioni rispetto ad alcune caratteristiche delle Case della salute e dei Poliambulatori, come accessibilità, personale, ambienti e aspetti organizzativi. I risultati complessivi segnalano un alto grado di soddisfazione dei servizi ricevuti: il livello di soddisfazione oscilla infatti, a seconda degli aspetti valutati, dal 64 al 98%, con un’ottima valutazione di affidabilità/fiducia verso le Case della Salute (96,2%) e un’eccellente qualità percepita.

Le Case della salute in Emilia-Romagna
Le Case della salute attive in Emilia-Romagna sono 120 (erano 42 nel 2011), così suddivise in base alle Aziende sanitarie di riferimento: Ausl Romagna conta 36 Case della salute; Ausl Parma 22; Ausl Bologna 19; Ausl Imola 3; Ausl Modena 14; Ausl Reggio Emilia 11; Ausl Ferrara 7; Ausl Piacenza 8. Il bacino di utenza delle Case della Salute funzionanti è pari a circa 2.430.000 residenti, il 54% della popolazione totale regionale.

In Emilia-Romagna il percorso di realizzazione delle Case della Salute è stato avviato nel 2010, e fortemente potenziato negli anni. L’obiettivo era ed è quello di realizzare in modo omogeneo su tutto il territorio regionale strutture che possano essere un punto di riferimento certo per i cittadini, con servizi e assistenza di tipo sanitario e sociale. Con i concetti di “casa” e “salute” viene posta al centro la comunità, nelle sue varie forme: pazienticaregiverassociazioni di pazienti e cittadini. Le Case della Salute sono, infatti, parte integrante dell’identità della collettività, luoghi di partecipazione e valorizzazione di tutte le risorse del territorio, a partire dalle Associazioni di volontariato che spesso hanno la propria sede al loro interno.

I professionisti coinvolti
Sono circa 1.900 i medici di Medicina generale che operano nel territorio di riferimento delle Case della Salute, di cui oltre 500 a tempo pieno all’interno delle strutture. Per quanto riguarda i Pediatri di libera scelta, sono 260 a lavorare nel territorio di riferimento, di cui 90 all’interno delle Case della Salute. Queste strutture, inoltre, possono contare su circa 430 infermieri, 190 ostetriche, 60 assistenti sociali, a cui vanno aggiunti molti altri professionisti, come tecnici della riabilitazione, amministrativi, personale sanitario non medico e altro personale sanitario e tecnico. Le branche specialistiche prevalenti sono quelle previste nell’ambito dei percorsi assistenziali: cardiologia, oculistica, diabetologia. /EC

Per approfondimenti, è possibile consultare lo studio al seguente link: https://assr.regione.emilia-romagna.it/pubblicazioni/dossier/doss269

+Europa: In prima fila per il no al referendum

Da: Ufficio Stampa +Europa Ferrara

+Europa è in prima fila per il NO al referendum per il taglio dei parlamentari; e per il NO ad ogni forma di populismo.

Sabato 5 settembre e domenica 6 +Europa sarà in piazza al Volto del Cavallo, dalle 10.30 alle 12.30 e ancora dalle 16.30 alle 18.30, per informare sulle buone ragioni per votare NO.

Si dice che la proposta sia contro la casta ma è contro il parlamentarismo; si dice che sia per risparmiare ma non si risparmia un bel niente; si dice che sia per un funzionamento migliore delle istituzioni ma fare politica diverrebbe più difficile e costoso; si dice che sia per snellire ma poi tutto sarà in mano a pochi, giusto alle segreterie dei partiti.

La vittoria del SI’ sarebbe la vittoria dei populismi che intendono distruggere la democrazia rappresentativa.

Ricordate quello che disse Davide Casaleggio nel 2018? “Il Parlamento? In futuro forse non sarà più necessario”. E la voglia di introdurre il vincolo di mandato di M5S? Per dare tutto il potere a uno solo nei vari partiti: un disegno coerente antidemocratico.

Il taglio dei parlamentari è anche nel programma della Lega. Putin ringrazia.

Il populismo e l’antiparlamentarismo sono qui e oggi, sono al governo, non solo all’opposizione. Vanno sconfitti.

Ferrara, 4 settembre 2020

Centri Estivi: bilancio dei servizi educativi gestiti dal Consorzio Res

Da: organizzatori

Famiglie altamente soddisfatte, procedure di prevenzione del contagio adeguate, personale formato e in grado di rispondere al cambiamento garantendo la qualità del servizio. Questo il bilancio dei centri estivi gestiti dal Consorzio Res (costituito da quattro cooperative sociali del territorio: Cidas, Germoglio, Girogirotondo, Le Pagine, Serena), che hanno costituito un banco di prova anche in vista della riapertura dei servizi educativi e scolastici di settembre. “Grazie all’impegno della cooperazione sociale, la ripartenza estiva dei servizi educativi per i bambini e i ragazzi è stata un’esperienza positiva, che ha permesso alle famiglie di usufruire di un servizio fondamentale per la gestione quotidiana, ai bambini e ai ragazzi di ritrovare dopo tanto tempo una dimensione di socialità, agli educatori e al personale ausiliario di rientrare al lavoro in sicurezza” commentano Catia Toffanello, responsabile del settore cooperative sociali di Legacoop Estense e Chiara Bertolasi, responsabile di Federsolidarietà Ferrara. “La riapertura è avvenuta nel rispetto scrupoloso delle linee guida per la gestione in sicurezza delle attività educative e in sinergia con il Comune di Ferrara e i sindacati, nell’ambito di un Protocollo tra le parti che ha consentito di gestire efficacemente una sfida complessa”.

I centri estivi sono stati gestiti in piccoli gruppi con rapporti numerici adulto-bambino ridotti; i gruppi non entravano mai in contatto tra di loro, né condividevano materiali e strumenti. Era stato allestito un triage in entrata e in uscita dal servizio, con misurazione della temperatura, sanificazione delle mani e pulizia delle scarpe. Il personale è stato adeguatamente formato sulla sicurezza in relazione alla gestione dell’emergenza sanitaria e ha utilizzato i dispositivi di protezione individuale. I giardini sono diventati vere e proprie aule a cielo aperto, dove svolgere la maggior parte delle attività della giornata, compresi il pranzo e il momento del riposo in zone ombreggiate.

“Nell’intera durata del servizio, non è emerso alcun caso di positività al Covid tra personale e utenti” precisa Elias Becciu, presidente del Consorzio RES e responsabile del Settore Educativo della cooperativa CIDAS. “Nonostante la situazione Covid abbia cambiato in modo consistente la gestione del servizio, il Consorzio Res è riuscito a garantire, grazie alla professionalità del proprio personale, una qualità del servizio inalterata, confermata dai riscontri positivi ricevuti dalle famiglie”. Alle famiglie sono stati infatti consegnati questionari di gradimento (compilati dall’86%), che hanno restituito un livello di soddisfazione molto elevato: 5,78 in una scala da 1 a 6. “Con le famiglie abbiamo instaurato un rapporto di fiducia, in un clima di disponibilità e attenzione reciproca”, prosegue Becciu. “Non era scontato, considerato il contesto, per questo ci ha fatto piacere riscontrare che l’impegno che abbiamo profuso per garantire una costante informazione reciproca e una proposta educativa di qualità sia stata apprezzata dai nostri utenti”.

Complessivamente, tra i Centri Ricreativi Estivi – rivolti a bambini di età dai 6 ai 14 anni – e i Centri Ricreativi per l’Infanzia – fascia d’età dai 3 ai 6 anni – i bambini che hanno fruito del servizio sono stati 316 nel mese di giugno e 315 nel mese di luglio, suddivisi in 16 plessi. Gli educatori impiegati sono stati 65 a giugno e 78 a luglio, compresi gli insegnanti di sostegno. “L’esperienza positiva dei centri estivi conferma la capacità di progettazione e organizzazione che la cooperazione sociale è stata in grado di mettere in campo pur in una fase critica come quella che stiamo vivendo”, concludono Toffanello Bertolasi. “Una collaborazione costante e condivisa tra pubblica amministrazione e privato sociale che garantirà la riapertura dei servizi educativi per l’anno scolastico 2020/21 e che può essere ulteriormente migliorata e potenziata per il futuro, per fornire ai cittadini risposte adeguate ai loro bisogni”.

CONTRO VERSO
Filastrocca della coscienza sporca

Sì questa volta ero proprio arrabbiata. Una bimba prostituita riempe di sdegno e di pena, e se il datore di lavoro, diciamo così, sono papà e mamma viene spontaneo scoccare maledizioni.

Filastrocca della coscienza sporca

Immersa nel Dixan
la mamma maman
e il marito pappone
dentro al Last al limone.
Il cliente porcino
in un litro di Coccolino.
Sua moglie, senza sospetto,
nella bottiglia di Svelto.

Adulti indecenti?
Tonnellate di ammorbidenti!
Adulti trafficanti?
Quintali di sbiancanti!

Per chi vende ragazzine
in strada o in appartamento
proprio non abbia fine
l’orrore e il tormento
d’usar olio di gomito e
vedere quanto è dura
ripulirsi la coscienza
dalla propria lordura.

Vorremmo tutti credere il contrario ma i perversi esistono. Questa filastrocca nasce dall’incontro con una ragazzina che era stata costretta alla prostituzione dai propri genitori, prevalentemente dalla madre, abile a formare la propria bambina, a metterla sul mercato e a riscuotere i compensi. La signora è stata poi condannata a parecchi anni di carcere. La ragazzina si è ricostruita poco a poco. 

CONTRO VERSO, la rubrica di Elena Buccoliero con le filastrocche all’incontrario, le rime bambine destinate agli adulti, torna su Ferraraitalia tutti i venerdì.

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