Skip to main content

Palazzo Strozzi è una struttura imponente, si nota ancor prima di fermarsi davanti ad uno dei grandi portoni d’ingresso. Voluto da Filippo Strozzi nel 1489, conserva ancora oggi tutte le caratteristiche di una dimora signorile del Rinascimento. Di forma cubica e sviluppato su tre livelli, volutamente più grande del Palazzo Medici, è uno dei luoghi più importanti dove vengono allestite le mostre temporanee a Firenze. Gestito dal 2006 dalla Fondazione Palazzo Strozzi, è stato la casa momentanee delle opere di Gustav Klimt, Sandro Botticelli e Paul Cezanne.

Oggi e fino al 24 luglio, questo incantevole Palazzo è la cornice in cui sono esposte le opere della collezione di Solomon e Penny Guggenheim, nella mostra “La Grande Arte dei Guggenheim. Da Kandinsky a Pollock”, inaugurata il 19 marzo. Il luogo d’esposizione, però, non è stato scelto esclusivamente per le sue bellezze. Proprio qui, nel 1949, Penny Guggenheim presentò la collezione che in seguito venne trasferita a Venezia. 26 opere presentate in quell’anno ripopolano le sale del Palazzo Strozzi, presenti per la mostra in corso.

La fila scorre veloce, in poco tempo il biglietto è fatto e mi avvio su per lo scalone che conduce alle sale d’esposizione. Niente foto, magari niente cellulari, solo fogli e matite colorate che vengono offerte ai più piccoli perché possano esprimersi liberamente mentre si guardano intorno.

Subito, sin dalla prima sala, si resta affascinati: due grandi collezionisti, zio e nipote, messi a confronto con più di 100 opere di artisti del primo Novecento, dagli anni 20 fino ai 60. Giorgio De Chirico, Pablo Picasso, Marcel Duchamp, Max Ernst, Francis Bacon sono solo alcuni dei grandi artisti esposti nelle nove sale dedicate.

De Chirico

In un periodo a cavallo tra le guerre, i Guggenheim finanziarono e collezionarono opere non solo di produzione americana, ma create da artisti europei, come Lucio Fontana e Jackson Pollock. In questo miscelarsi di culture possiamo assistere alla nascita delle avanguardie di inizio secolo, prodotte dal grande sviluppo che ebbe la cultura artistica nel secondo dopoguerra. Arte astratta ed Avanguardia si scontrano subito nella prima sala, distinguendo chiaramente gli interessi di Solomon da quelli di Penny, affascinata dal Surrealismo, l’Espressionismo astratto e da una primissima Pop art americana.

Così il percorso si snoda tra quadri e sculture, passando per una stanza dedicata al Surrealismo, passione di Penny Guggenheim, per giungere a Jackson Pollock, di cui sono presenti ben 18 opere. Accanto alle due sale seguenti, dedicate all’Espressionismo astratto, un piccolo spazio è dedicato agli oggetti amanti dalla collezionista, come le “Idee per scultura” di Henry Moore. Si ha l’impressione di essere avvolti dalle opere, all’interno di uno spazio che non si limita a mostrare,
ma che spinge alla riflessione. Così si arriva alla settima sala, dove lo spettatore deve alzare gli occhi al cielo, per ammirare le costellazioni di Alexander Calder, i mobiles che mutano il concetto dello spazio occupato dall’opera.

Tanguy
Procedendo il percorso espositivo si arriva in uno spazio in cui le luci si spengono, le pareti acquistano tonalità tendenti al nero e i dipinti vengono retroilluminati. Si entra a contatto con il linguaggio astratto di Mark Rothko, che tentò di semplificare con la sua pittura concetti complessi, come la tragedia del nascere, del vivere e del morire. Le sue opere mutano i colori con la sua evoluzione artistica, che portò all’abbandono dei vivaci toni dell’arancio per avvicinarsi ad una tendenze alla monocromia sui toni del grigio e del nero.
La mostra si conclude con le ricerche artistiche degli anni ’60, in cui vengono presentate opere che, come il capolavoro di Jean Dubuffet “L’istante propizio”, sono l’esempio dello stile artistico minimale di quegli anni, che condusse alla Pop Art.

La mostra, curata da Luca Massimo Barbero, curatore associato della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia,è stata Promossa e organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi e dalla Fondazione Solomon R. Guggenheim con il sostegno del Comune di Firenze, la Camera di Commercio di Firenze, l’Associazione Partners Palazzo Strozzi, la Regione Toscana. Con il contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.
Mentre si passeggia per le sale si viene avvolti dalle numerose storie che ci circondano: i rapporti con i mecenati, gli artisti in fuga dall’Europa durante la Seconda Guerra Mondiale, la vita della stessa Penny Guggenheim e la storia dei Musei fondati dalla sua famiglia.
Ed è un peccato quando, scostando l’ultima tenda, ci si ritrova dentro il Bookshop del Palazzo, desiderando di tornare indietro per potersi immergere nuovamente nella varietà e nella bellezza della collezione Guggenheim.

tag:

Chiara Ricchiuti


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it