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Sottomissione è “atto formale con cui si riconosce la propria condizione di suddito”, così riporta il dizionario del Battaglia alla voce corrispondente.
Tutta la storia dell’umanità è espressione delle lotte condotte dall’uomo per liberarsi da ogni forma di oppressione, temporale o spirituale che fosse, fino alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Una lotta che non cessa mai e che mai può essere accantonata o persa di vista in tutta la sua portata mondiale. La persona umana e l’universalità dei suoi diritti sono il centro di tutto. Lo scrivo perché a volte, sull’onda delle emozioni e delle manipolazioni che di queste sono compiute, potremmo perdere la bussola.

sottomissione
Michel Houellebecq

È proprio il caso di “Sottomissione” di Michel Houellebecq e di quanti, come Francesco Borgonovo dalle colonne di Libero, si sono precipitati a proporne l’adozione nelle nostre scuole, come antidoto da somministrare ai nostri giovani che sarebbero educati ad una cultura non più virile, incapace di produrre valori forti e di suscitare eroismi. La cultura occidentale, liberale e progressista, è una cultura vile per pappemolli, inadatta a suscitare nei giovani entusiasmi, idee per cui valga la pena combattere. Sono simili pensieri che rendono inquietante il libro di Houellebecq, l’uso che ne può essere fatto, il decadentismo di cui è espressione e di cui è pervaso. Sconcertante è il decadentismo del suo protagonista e, ancora di più, che in quarta di copertina lo si definisca provocatoriamente come “un uomo di una normalità assoluta”. La normalità assoluta sarebbe quella di Francois, il protagonista appunto, che a 44 anni trascina con noia la propria esistenza tra una docenza ‘sine cura’ all’Università Parigi III e l’appagamento delle proprie pulsioni erotiche. Sullo sfondo: il Fronte nazionale di Marine Le Pen, la Fratellanza mussulmana, gli integralisti cattolici.
Il tessuto sociale e umano non c’è. Se c’è, assomiglia tanto agli sconfitti che, il decadentista Joris Karl Huysmans, lo scrittore di cui il nostro protagonista è studioso, colloca sulla scena agli esordi del ventesimo secolo, di quel secolo che ha conosciuto le più grandi tragedie dell’umanità. È questo decadentismo senza memoria e senza persone, senza i diritti, senza ragione, che spaventa. Il messaggio strisciante è che, attraverso il tramonto delle persone e della cultura, dal decadentismo della nostra epoca, si esca solo con la conversione, con il cambiare ‘verso’, dalla ‘ragione’ alla ‘religione’.
Gli individui sono stati eclissati e su tutti trionfano i sistemi politici, economici e religiosi. C’è una grande sfida per l’istruzione e per le nostre scuole. Non essere complici di questo decadentismo, di questa deriva, di ogni visione che annulli l’uomo e la sua umanità. Neppure il ‘Non per profitto’ di Martha Nussbaum, il richiamo al ritorno alla cultura umanistica come sale delle democrazie, appare più sufficiente. Qui occorre vaccinare i nostri giovani contro chi vorrebbe far credere loro che l’Illuminismo è una brutta malattia. Sì, perché sempre più ragione e individui sono quelli ad essere maggiormente minacciati. La ragione a scuola rischia di divenire giorno dopo giorno un pensiero debole, e gli individui valgono solo per i risultati conseguiti ai test standardizzati.
Occorre vaccinare le nostre scuole dai virus desolatamente economici della Banca mondiale e dell’Ocse, interessati alla competitività e alla crescita economica anziché allo sviluppo delle persone, delle loro intelligenze e dei loro diritti.
Non è così per l’Unesco che sostiene una visione umanistica dell’apprendimento, che ha il suo focus nel pieno sviluppo individuale. “Learning to be”. Apprendere per essere! Altro che sottomissione!
Era il 1972, però! Era il Rapporto di Edgar Faure sulla società dell’apprendimento e l’educazione permanente. Più di quarant’anni fa! Chi risponde dei vuoti di memoria, dei ritardi accumulati, dei balbettamenti sull’istruzione? Le classifiche dei test Ocse PISA, forse? Ci stupiamo che i nostri giovani se ne vanno via? E non ci stupiamo del nostro sistema scolastico che ancora continua a prenderli in giro?
La Commissione internazionale per lo sviluppo e l’Istruzione dell’Unesco con il Rapporto Faure del 1972 sosteneva che il mondo era avviato progressivamente a divenire una comunità culturale e politica basata sulla centralità dei diritti umani e dell’istruzione per l’intero arco della vita.
“L’obiettivo è la piena realizzazione dell’uomo, in tutta la ricchezza della sua personalità, della complessità delle sue forme di espressione, dei suoi vari impegni, sia come singolo, sia come membro di una famiglia o di una comunità, come cittadino e come produttore, come inventore di tecniche e come creatore di sogni.”
Un modo d’intendere ben altro dagli interessi della Banca mondiale e dell’Ocse. L’idea di un uomo completo, educato per essere politicamente attivo, per una nuova epoca dell’istruzione e della formazione.
Un uomo nuovo in grado di comprendere le conseguenze globali dei suoi comportamenti individuali, di farsi responsabilmente carico del destino della razza umana a cui tutti apparteniamo.
Quale istruzione può produrre questo tipo di uomo nuovo? La Commissione dell’Unesco allora era molto chiara, proponeva un’istruzione fondata su un ‘umanesimo scientifico’ capace di far uso delle conquiste della tecnica e della scienza per accrescere il benessere dell’umanità e sviluppare la democrazia.
‘Umanesimo’ e ‘Scientifico’, è sempre la solita storia, da Cartesio all’Illuminismo. È sempre il solito terrore di chi dalla sottomissione delle persone pensa d’averci a guadagnare, in tanto vendendogli un libro sulla “Sottomissione”.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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