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Da: Movimento 5 Stelle Ferrara

Negli ultimi giorni, i giornali locali stanno riportando ciò che sta succedendo tristemente alla rete distributiva del commercio al dettaglio nella nostra città. Ad esempio Estesport, punto di riferimento per generazioni di sportivi, che dal prossimo 1° marzo chiuderà i battenti del punto vendita presente all’interno della galleria del centro commerciale ‘Il Castello’ e le 14 commesse, tutte assunte a tempo indeterminato, si troveranno senza lavoro o in mobilità.
Poco più di un anno fa ha aperto, proprio nei pressi di questo centro commerciale, un punto vendita del colosso Decathlon, 2.500 metri quadrati di superficie espositiva, una concorrenza prevedibilmente insostenibile. Sarebbe interessante avere ora conferma del persistere dei 50 giovani assunti, annunciato in occasione dell’inaugurazione dai dirigenti della struttura, e conoscere magari anche con quale tipologia di contratto e di formazione.
Il palese sostegno da parte dell’Amministrazione ferrarese, che ama le inaugurazioni con parate mediatiche e, più in generale, della politica economica del Paese, a questo modello di commercio ormai dominante che favorisce sempre più strutture medio grandi decentrate rispetto alla città, a discapito dei piccoli negozi specializzati all’interno del centro storico, con la motivazione di presunti benefici in termini di occupazione, ci vede fortemente contrari e, quel che è peggio, continua ad incrementare il deficitario rapporto metri quadri di grande distribuzione/abitanti, già uno dei più alti a livello nazionale. Un film già visto con l’apertura di Bricoman, ad esempio, che ha depauperato la città della stragrande maggioranza delle ferramenta ed utensilerie presenti.
Il fatto è che i dati allarmanti dell’occupazione ferrarese smentiscono pienamente la tesi che le grandi strutture portino maggiore occupazione, mentre i cittadini vedono morire lentamente il proprio centro storico, con un danno inevitabile anche in termini di valorizzazione turistica della città, di degrado e quindi di sicurezza, di aggregazione sociale e di incentivo alla piccola impresa commerciale locale e, di conseguenza, di lavoro. Per non parlare poi della perdita di professionalità e di sapere.
Consci che un’Amministrazione locale disponga di pochi strumenti per invertire la rotta di un modello commerciale globalizzato e decentrato, che si somma allo sviluppo notevole anche del commercio online, soprattutto di articoli sportivi ed elettronica, ci attiveremo nel 2017 con forti proposte di scelte politiche volte ad incentivare il ritorno del commercio al dettaglio sul territorio urbano, con agevolazioni economiche (affitti sostenibili) e semplificazioni normative e burocratiche.
Crediamo, altresì, che amministratori illuminati dovrebbero fare uno sforzo di adeguamento al mondo che cambia così in fretta e promuovere una ricerca di mercato sul territorio per capire quali siano i nuovi bisogni dei ferraresi per fasce di età, quali spazi ci siano sia per ampliare che per aggiornare, valorizzare e diversificare l’offerta di merci in città. Un tessuto commerciale rinnovato, riportato entro gli spazi urbani e storici a contatto col cittadino e, in certi ambiti (ad esempio l’agroalimentare) anche collegato con la produzione di materie prime del territorio, porterebbe un notevole beneficio sia economico che sociale.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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