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Di altissimo spessore i relatori (dott.ssa Anna Ghedini, Giudice presso il Tribunale di Ferrara, dott. Filippo D’Aquino, Giudice presso il Tribunale di Milano, dott. Alessandro Farolfi, Giudice presso il Tribunale di Ravenna, dott. Mauro Martinelli, Giudice presso il Tribunale di Rovigo) che nella sala Conferenze della Camera di commercio, gremita in ogni ordine di posto, hanno animato ed arricchito il convegno di ieri mattina “La crisi da sovraindebitamento: prassi e criticità nell’applicazione della legge 3/12”, promosso dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Ferrara e dal Centro Studi di Diritto ed Economia di Rovigo in collaborazione con la stessa Camera di commercio.

Troppo importante del resto il tema, quello della possibilità in capo a consumatori, artigiani, commercianti (coloro, insomma che fino a ieri erano “troppo piccoli” per fallire) di rinegoziare i propri debiti, per non approfondirne benefici, prassi e criticità attraverso un confronto tra esperienza e giurisprudenza. Con la disciplina introdotta dalla legge 3/2012 infatti, in vigore dal 29 febbraio scorso, chi si trovi ad avere un eccesso di debiti, per esempio con le banche o con il fisco, può rivolgersi agli Organismi di composizione delle crisi da sovradimensionamento e proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti con un piano di rientro che cadenzi secondo le proprie reali possibilità, la restituzione almeno di una parte del dovuto. Il debitore, sotto il controllo del Tribunale, potrà, alternativamente, formulare una proposta di accordo con i creditori; chiedere la liquidazione del patrimonio o proporre – nel caso si rivesta la qualifica di consumatore – un piano di ristrutturazione dei debiti. E mettendo a disposizione anche solo un piccolo patrimonio, potrà ottenere la liberazione da tutti i debiti pregressi, il c.d. “fresh start” (“ripartenza”, seconda “chance”).

Tante le rate che strangolano sempre più le famiglie e le piccole imprese italiane: 58,9 miliardi di euro, dei quali 46,9 miliardi verso banche, finanziarie e società di leasing; 7,9 miliardi crediti vantati dalle società di servizi elettrici e telefonici; 4 miliardi crediti della pubblica amministrazione, commerciali e delle assicurazioni. Rispetto ai 60 milioni di abitanti, è come se due persone su tre fossero debitrici di qualcosa, e la provincia di Ferrara purtroppo non è da meno. Questi i dati resi noti, lo scorso mese di maggio, dall’Unione Nazionale Imprese a Tutela del Credito. Dati che hanno comportato, in 8 anni di crisi economica, la chiusura di migliaia di aziende e l’aumento del totale dei disoccupati italiani fino alla cifra di 2,9 milioni, dei quali 551 mila giovani al di sotto dei 24 anni.

• Ma chi chi sono i beneficiari?
Tutti coloro che non possono ricorrere alle procedure concorsuali (in primis al concordato preventivo): piccoli imprenditori, professionisti e consumatori che si trovino in perdurante squilibrio economico tra le obbligazioni prese (pagamenti da effettuare) ed il patrimonio prontamente liquidabile, con impossibilità di far fronte ai propri impegni.
• Come funziona? Il debitore – grazie ad un Gestore designato dall’Organismo, potrà, sotto il controllo del Tribunale, alternativamente chiedere la liquidazione del patrimonio o formulare una proposta di accordo con i creditori o – se consumatore – proporre un piano di ristrutturazione dei debiti.
• Quali sono i vantaggi? La possibilità per il debitore di ottenere, mettendo a disposizione il proprio patrimonio, la liberazione di tutti i debiti pregressi, il c.d. “fresh start”, una “ripartenza”, una seconda “chance”.
• Quando? Non appena il debitore inizia ad accorgersi di non riuscire più a far fronte alle obbligazioni assunte: quando i creditori iniziano ad aggredire giudizialmente il patrimonio è troppo tardi (il patrimonio verrà comunque perso e non si otterrà la liberazione dai debiti neppure con la perdita del patrimonio stesso).

Per ulteriori informazioni: Servizio Regolazione del mercato – Arbitrato e mediazione conciliazione@fe.camcom.it tel. 0532/783923

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CAMERA DI COMMERCIO


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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