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di Maurizio Olivari

Sono Bip , il “salvatempo” che abita con un gruppo di tipi elettronici, dentro un marsupio, all’ingresso di un supermercato.
Tutti ben allineati in file orizzontali, veniamo a turno sorteggiati, quando il cliente passa la tessera nel selezionatore.
Fare il salvatempo è un duro mestiere, ad iniziare dall’impulso elettrico che ti arriva nelle parti basse, quando vieni scelto per iniziare l’attività e devi subito accendere la luce di consenso all’uso. Non è finita lì. Pensate che ogni volta che il cliente effettua la lettura ottica del prodotto acquistato, dobbiamo emettere il tipico suono “bip”, di qui il mio nome d’arte.
Tutti i Santi giorni, domenica compresa, siamo attivi decine di volte. Io debbo essere il “Fantozzi” della categoria, perchè otto volte su 10 , quando passano la tessera, l’impulso elettrico arriva a me. Allora vai con il cliente di turno. Da quali prodotti sceglie e dal modo più o meno gentile di usare i pulsanti che ho sulla pancia, posso intuire di chi si tratta.
Potrebbe essere la ragazza veloce, che, uscita dal lavoro, corre a comperare quattro cose per la cena della sera. Bip su una busta di prosciutto cotto (non ha guardato la scadenza e domani la deve buttare), bip su una confezione di formaggio di scarsa qualità, allora io intervengo e non faccio “bip”, costringendola a cambiare prodotto.
Poi di corsa alle casse, mi usano per il conto da pagare e poi finalmente mi ripongono.
Non passano 10 minuti di riposo ed ecco che mi riportano nel marsupio all’ingresso.
Spero di schiacciare un pisolino, anche perchè sono presenti tanti colleghi, invece ecco la casalinga pignola, passa la tessera e zac la corrente nel cu… scusate, nella parte bassa, che mi costringe ad accendere la luce (Fantozzi docet).
La signora mi prende con quelle sue manone un po’ sudaticce e invece di mettermi nella custodia del carrello, mi tiene ben stretto, al punto di farmi sudare e alzare la pressione. Decido di vendicarmi. Al primo passaggio sul lettore a barre, non reagisco. Questa continua con il ditone a premere sul pulsante, tanto da farmi male e allora decido di spegnermi definitivamente, nella speranza di essere riportato al punto d’ascolto e riposizionato fra i colleghi. Nulla di tutto questo: l’addetta al pubblico, mi sblocca la funzione e mi riconsegna alla casalinga pignola, e ora vi dico perchè pignola…
Davanti a ogni scaffale si ferma almeno 10 minuti, prende il prodotto, legge tutte le informazioni: ingredienti, scadenza, produttore, importatore, peso netto e peso lordo. Decide di prenderlo, clic sulla mia pancia, faccio “bip” e avanti un altro.
Il problema è che la signora trova un prodotto simile al precedente e, letto tutto, lo sostituisce a quello già registrato. In quel momento parte una serie di colpi sui pulsanti, togli poi metti, poi rimetti e poi togli, tanto da farmi girare la testa e qualche cosa d’altro. Tutto il percorso in questo modo, riuscendo a riempire il carrello in due ore e venti minuti. Record del supermercato.
Arriviamo alle casse e finalmente mi stacca dalla manona sudata, buttandomi sul tappeto mobile. Sono stressato, stanco e nervoso. Decido di vendicarmi. La cassiera mi clicca sul computer e faccio uscire la scritta “rilettura”!
Che meraviglia! Mentre mi posano nel contenitore, vedo la casalinga pignola, con il viso paonazzo, riporre sul tappeto mobile tutta la spesa effettuata, pagare e andarsene brontolando chissà con quali parole.
Qualche giornata è più felice di altre. Una Domenica mi prende con sé una giovane ragazza. Lo capisco dalle piccole mani, che prima di usarmi mi acarezzano tutto il corpo. Deve essere una ragazza sensibile, di cultura, perchè trascorriamo insieme alcuni minuti nel reparto libreria. Guarda, legge recensioni e alla fine sceglie l’ultimo best seller, un romanzo d’amore di un giovane scrittore, alla sua prima pubblicazione.
Una giovane con giovane. Beata gioventù.
Siamo poi passati al reparto intimo per donna e qui ho chiuso un occhio, quando sceglieva con attenzione, mutandine di pizzo, reggipetto terza misura. Quando mi passava sul cartellino del prezzo, il mio “bip” era un po’ roco e il display rosso, un po’ eccitato.
L’ultimo reparto visitato è stato “cosmetici – creme corpo e viso”. Subito la ragazza va decisa verso le creme corpo e mentre passo il lettore sulla confezione, sogno di essere fra le sue mani, quando lentamente accarezza il suo corpo, distendendo la crema con un morbido massaggio.
Decido di farle un regalo: la crema, invece di marcarla ottantacinque euro l’ho segnata otto e cinquanta.
Alla cassa tutto passa tranquillamente, la ragazza se ne va controllando lo scontrino, incredula di aver speso così poco. Non sa del regalo di Bip.
La giornata è finita, l’ultimo cliente ha lasciato i locali, gli addetti alle pulizie terminano il lavoro, le guardie giurate controllano i vari reparti e prima di andarsene spengono le luci del supermercato.
Anche tutti i salvatempo schierati sulla parete sono a riposo, uno però è rimasto acceso… Sono io, non riesco a prender sonno, un po’ per il nervoso che mi ha fatto venire la casalinga pignola ma soprattutto perché non riesco a dimenticare la ragazza della crema per il corpo.
Comunque, domani è un altro giorno, si diceva in un famoso film. Anch’io, alla fine, ci penserò domani.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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