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Avevo una macchinina di gomma rossa
Un racconto di Carlo Tassi

Estate 1970. Unghie sporche di terra, ginocchia sbucciate, solchi sulla sabbia, tracce nella memoria.
Nelle mie mani di bambino una macchinina di gomma rossa rombava e sfrecciava tra le dita, nelle strade della fantasia. Sul vetro del finestrino posteriore disegnavo traiettorie verticali. La macchinina indistruttibile, inarrestabile, seguiva la rotta delle nuvole di fuori, mentre mio padre guidava verso il lago con mia madre al suo fianco, sempre. Con me, dietro, mia sorella e mia nonna che parlavano di cose lontanissime.
Intanto la macchinina rossa perlustrava le fessure tra le valigie, nel vano portabagagli, e poi tra le cuciture dei sedili, tra le pieghe della sottana di mia nonna…
Ogni angolo era un mondo da esplorare. Minuscoli omini immaginari uscivano dalla macchinina per entrare tra quelle fessure misteriose, tra i bagagli sovrapposti, come i fitti palazzi di una metropoli sconosciuta. Un micro mondo più vasto del mondo stesso, un mondo senza confini. Mentre Garda s’avvicinava creando nuove visioni, nuove aspettative, dopo un anno di attese.
La vacanza sul lago era lì, pronta per iniziare. E a quella s’aggiungeva il mio mondo stupefacente di bambino, che allargava gli orizzonti all’infinito.
No, gli adulti non potevano capire, ma che importava?
La macchinina rossa andava dappertutto e oltre, e io viaggiavo con lei, nella 124 nuova fiammante di mio padre, azzurrina e luccicante sotto il grande sole d’agosto, veloce e invincibile sulla strada per il lago. Un’astronave ammiraglia che ci portava a destinazione e mio padre che guidava silenzioso. Lui era il mio gigante buono che tracciava la rotta, ed era gioia pura.

A Salty Dog (Procol Harum, 1969)

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Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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