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Serviva da tempo una dettagliata ricerca sull’associazionismo e il volontariato, parte importante del terzo settore, meglio del welfare. Perché donare è un servizio bellissimo che si fa alla società ma purtroppo non sempre e non tutti agiscono con onestà e trasparenza. Sarebbe uno sgarbo a chi opera nel bene, non fare chiarezza e distinzioni in questo senso.
Ci sono migliaia di associazioni con tantissimi volontari (a volte solo sulla carta), alcune sono un po’ ripetitive, altre si fanno concorrenza, altre ancora non sono molto trasparenti, ma anche, e soprattutto, tante lodevoli esperienze a cui va la nostra riconoscenza più profonda.
Occorre, però, un focus intenso per capirne di più. Facciamo una carrellata, dopo aver navigato su alcuni siti “ad hoc” di alcune città italiane, da Trento a Rovigo, da Ferrara a Pesaro, da Cremona a Cuneo, a Lucca, per riscontrare linee comportamentali che confondono, bilanci complicati, scarsi dettagli, servizi raffazzonati, ognuno fa per sé, spesso emerge incoerenze ma certamente si riscontra tanta voglia di fare e andare incontro a chi ha bisogno.
I finanziamenti del 5 per mille nella dichiarazione dei redditi, le lotterie e la pesca di beneficenza, anche un balletto, una commedia, un revival musicale in teatri comunali, una manifestazione sportiva, banchetti e gazebo con variegate piante di fiori e comunque piccoli eventi locali disseminati nelle diecimila piazze italiane, sono realtà che nascondono, anche se in piccola percentuale, finalità non sempre ben chiare e, soprattutto, incassi non ben evidenti, forse non registrati e scarsamente pubblicati.
Forse la letteratura sul tema sottolinea proprio quella parte di costi impropri, sottratti alla beneficenza e alle finalità filantropiche di autentico e sentito volontariato sociale, come dimostra anche Il Sole 24 ore che ha calcolato che solo il 30% delle entrate arriva a destinazione, stante l’eccessiva cifra dei costi di struttura e di funzionamento, e non solo.
Il 13 marzo scorso è stato presentato a Roma il Rapporto su “Sussidiarietà e qualità nei servizi sociali”, ed ecco alcuni spunti.
Dal rapporto emerge che “non ha più senso opporre gestione pubblica e gestione privata nei settori del welfare e che, tenendo conto di efficacia, efficienza e qualità dei servizi, la prospettiva migliore è quella di una loro complementarietà. In tempo di spending review, confermando il valore imprescindibile di un welfare di qualità per tutti, indipendentemente dalla condizione sociale, è fondamentale dotarsi di strumenti di valutazione che permettano di avere indicazioni chiare su qualità ed efficienza dei servizi e quindi di allocare le risorse di conseguenza”.
Il rapporto continua spiegando obiettivo, struttura e specificità dei servizi: “Il rapporto di sussidiarietà e qualità nei servizi sociali intende offrire uno strumento utile ai decisori e ai gestori delle organizzazioni che vogliano valutare e migliorare l’efficienza e l’efficacia dei servizi. Propone per questo un’impostazione metodologica per la raccolta e l’analisi dei dati che può essere utilizzata per realizzare un benchmarking tra erogatori dei servizi (pubblici o privati che siano), utile strumento per migliorare il loro operato e avere maggiore trasparenza sui costi sostenuti e sui risultati ottenuti”.
Il rapporto consiste di due parti: la prima contiene un’analisi dei costi di produzione di alcuni servizi di welfare (housing universitario, asili nido, cura degli anziani, riabilitazione, housing sociale), con un confronto tra organizzazioni pubbliche e organizzazioni private non profit e un’analisi della soddisfazione degli utenti; la seconda parte presenta i risultati degli studi di caso su alcune realtà del privato sociale con l’obiettivo di approfondire caratteristiche e modi di intervento di questo tipo di realtà il cui ruolo è così rilevante nei settori esaminati.
Questo rapporto offre veramente un contributo innovativo che consiste nella proposta di un metodo di raccolta e analisi dei dati di costo e di prestazione delle attività, e di alcune dimensioni di efficacia (in particolare legate alla soddisfazione dell’utente), in modo che siano paragonabili per diverse organizzazioni, pubbliche o private. E’ importante ricordare a questo riguardo che, a differenza di quanto accade in altri settori di interesse pubblico, per i servizi sociali oggi non esistono in Italia pratiche consolidate di rilevazione dei costi, di analisi di efficienza “micro” (ovvero a livello delle singole organizzazioni) e metodologie condivise per la loro valutazione.

Abbiamo voluto richiamare alcuni passi del citato rapporto, senza entrare nei dettagli ma cogliendo la rilevanza della sua portata, anche a seguito delle voci provenienti dal 17° piano della Regione in via Aldo Moro a Bologna, riguardante la volontà degli enti locali di mettere in atto un forte rientro dalla gestione diretta di ampie parti del welfare sociale, dando, quindi, spazio al privato sociale, all’associazionismo, onlus comprese.
Prendiamo atto della scelta, ma attenti a come costruire le regole dei comportamenti, degli articolati delle convenzioni, delle modalità degli appalti e di altri strumenti di affidamento e accreditamento. Ci piacerebbe che nascesse una authority, non burocratica, ma snella e operativa che funga da controller ed auditing di tutte le articolazioni del terzo settore.
Si chiude la riflessione che non vuol essere uno sgarbo, anzi un riconoscimento al servizio e al merito.

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Enzo Barboni


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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