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Vito Cavallini ha scritto una storia del nostro territorio, in endecasillabi e ottave, ricca di episodi e personaggi storici. Ne tratteremo prossimamente in questa rubrica. Nella pagina odierna l’autore considera, in tono scherzoso, la difficoltà del poetare in dialetto, essendo il ferrarese ricco di espressioni asciutte, brusche, quasi sgarbate, e non armoniose come vorrebbe una certa poesia.
(Il curatore Ciarìn)

Dó paròll ad preàmbul

Cara la mié źént, avì doηca da savér che scrìvar in fraréś l’è un cvèl piutòst difizilòt, spezialmént in poeśia: parché la poeśia l’ha da èsar armonia, e iηvéz al nòstar dialèt, tut piη ad cich e ciòch, al n’è pròpi briśa armonióś.
Elora bisogna zarcàr ill paròll filanti, coη purasà vocàll, in mod ch’ill pósa dar un póch ad musichina ai vèrs dal pòar poeta.
Agh è iηvéz di dialèt che in fat ad musicalità j’è pròpi di azidént, e j’è al veneziàη e al napulitàη.
A vrév spiegàram coη n’eśempi. A tgnusén tuti quant la prima strofa, alméη la prima, dla poeśia “A Marechiare” ad Salvatore Di Giacomo, un sgnór poeta da dialèt più in grand che as pósa truvàr. L’è na poesia ch’l’è servì aηch par far una bèla caηzón, ècla:

“Quanno spónta la luna a Marechiare
pure li pisce nce fanno all’ammore,
se revóteno l’onne de lu mare,
pè la priezza càgneno culore,
quanno spònta la luna a Marechiare… “

Bén, èco adès la traduzión in fraréś; a vòj dir in dialèt fraréś, e aηch ambientàda dai nòstar cò. A santirì che dśàstar:

“Quand a spunta la luna sóra Cmać
anch i zévul is mét a far l’amor,
l’aqua d’val la s’arvòlta int i tramàć,
par l’alegria la cambia iηfiη culór,
quand a spunta la luna sóra Cmać… “

Iv santì che roba? E bòna che aη ho briśa tradót “quand a spunta la luna a Magnavaca”, ch’l’è pròpi al sit fraréś curispundént a Marechiaro. Eco, vdiv, quel ch’jéra comozión iη napulitàη, l’è dvantà roba da rìdar, chì da nù. Al géva mi, l’è difìzil scrìvar poeśìi iη fraréś.
di Vito Cavallini

Due parole di preambolo
Cara la mia gente, dovete dunque sapere che scrivere in ferrarese è una cosa piuttosto difficile, specialmente in poesia: perché la poesia deve essere armonia, e invece il nostro dialetto, tutto pieno di suoni duri, non è per niente armonioso.
Allora bisogna cercare le parole scorrevoli, con molte vocali, in modo che possano dare un po’ di musichina ai versi del povero poeta.
Ci sono invece dialetti che in fatto di musicalità sono proprio dei portenti, e sono il veneziano e il napoletano.
Vorrei spiegarmi con un esempio. Conosciamo tutti quanti la prima strofa, almeno la prima, della poesia “A Marechiare” di Salvatore Di Giacomo, un signor poeta dialettale più grande che si possa trovare. È una poesia che è servita anche per fare una bella canzone, eccola:

“Quanno spónta la luna a Marechiare
pure li pisce nce fanno all’ammore,
se revóteno l’onne de lu mare,
pè la priezza càgneno culore,
quanno spònta la luna a Marechiare… “

Bene, ecco adesso la traduzione in ferrarese; voglio dire in dialetto ferrarese, e anche ambientata dalle nostre parti. Sentirete che disastro:

“Quando spunta la luna sopra Comacchio
anche i cefali si mettono a far l’amore.
l’acqua di valle si rigira nei tramagli,
per l’allegria cambia perfino colore,
quando spunta la luna sopra Comacchio… “

Avete sentito che roba? E buono che non ho tradotto “Quando spunta la luna a Magnavacca” che è proprio il sito ferrarese corrispondente a Marechiaro. Ecco, vedete, quella che era commozione in napoletano, è diventata roba da ridere, qui da noi. Lo dicevo, è difficile scrivere poesie in ferrarese.

Tratto da: Vito Cavallini, Stòria dal mié paéś e tutte le poesie, Ferrara, Cartografica, 2007. Con la collaborazione di Lorenzo Malservigi, Alberto Ridolfi, Leopoldo Santini.

Vittore Cavallini (Portomaggiore 1905 – Ferrara 1983)
Avvocato, giudice capo Conciliatore. Primo Sindaco di Portomaggiore, dopo la Liberazione. Direttore del periodico L’idea Socialista. Presidente della CARIFE dal 1960 al 1962. Socio fondatore de “Al Tréb dal Tridèl” Cenacolo di cultura dialettale ferrarese. Autore, fra l’altro, di A trebbo col duca d’Este (1978) repertorio di parole insolite o difficili del nostro dialetto.

 

Al cantóη fraréś: testi di ieri e di oggi in dialetto ferrarese, la rubrica curata da Ciarin per Ferraraitalia, esce regolarmente ogni venerdì.
Per leggere tutte le puntate clicca [Qui]

Cover: foto di Beniamino Marino: Comacchio, Santuario di Santa Maria in Aula Regia, meglio conosciuto come Chiesa dei Cappuccini.

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Ciarin


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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