Delrio, o del reo
Delrio, o del reo
rio1 agg. e s. m. [lat. reus: v. reo1], poet. – 1. agg. Reo, colpevole; soprattutto negli usi fig., avverso, perverso, malvagio:
(Treccani)
Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, le stime più attendibili (ma senz’altro approssimate per difetto) dei civili palestinesi ammazzati nella striscia di Gaza dall’esercito israeliano, a partire dall’8 ottobre fino ad oggi, parlano di circa 60.000 persone, tra cui circa 20.000 bambini. Il governo israeliano conserva la maggioranza alla Knesset grazie all’appoggio determinante dei partiti fascisti che esprimono i ministri Smotrich e BenGvir, i quali teorizzano apertamente la pulizia etnica dei palestinesi, peraltro dichiarati un popolo inesistente – curioso caso di schizofrenia del pensiero: desidero eliminare ciò che non esiste.
Cosa Nostra, secondo stime del 2015 della Camera dei Deputati, conta 2.500 affiliati, più decine di migliaia di reinvestitori nella finanza, nell’imprenditoria, corrotti nella politica e fiancheggiatori nelle famiglie, al punto che non è più possibile separare l’economia legale da quella illegale. Facciamo che, così come a Gaza non è possibile distinguere un terrorista da un civile – la cui versione più hard di alcuni generali dell’IDF è non ci sono innocenti a Gaza – altrettanto a Palermo e in Sicilia occidentale non è facile distinguere una famiglia mafiosa da una pulita, un imprenditore sano da uno compromesso, un politico onesto da uno pagato dalle cosche, un cittadino da un criminale.
Mettiamo che, per effetto di questa enorme difficoltà di separare i buoni dai cattivi, lo Stato italiano decida di radere al suolo Palermo. Seicentomila abitanti, decine di migliaia di bambini (potenziali mafiosi, una volta adolescenti: definisci bambino), un patrimonio umano, architettonico e culturale unico al mondo, dal barocco all’arabo normanno, al liberty. Mettiamo che un decimo della popolazione di Palermo venga assassinato, che il resto della popolazione venga ridotto alla fame, che la Palermo che conosciamo venga ridotta a un cumulo di macerie fumiganti e tossiche, sotto le quali giacciono i cadaveri di almeno tanti palermitani quanti quelli ufficialmente uccisi.
Tutto questo in nome del supremo interesse della Nazione: estirpare il cancro della mafia. Laddove non ci sono riusciti due tra i pochi eroi civili di questo strano, pavido paese, ci riusciranno le bombe.
Mettiamo che un manipolo di deputati molto progressisti, preoccupato per l’ondata di indignazione contro il governo italiano responsabile di questo crimine contro l’umanità, decida allora di proporre una legge per cui dichiarare che questo Stato italiano è criminale, dichiarare che questo Stato pianifica ed esegue lo sterminio indiscriminato, dichiarare e manifestare il proprio odio civile per degli assassini di massa e di Stato, diventa un reato. Il reato di anti-italianismo.
Anti-italianismo fa ridere, vero? E’ qualcosa di grottesco, di assurdo, anche se ha una sorta di retrogusto vintage britannico (Mussolini venne definito in un fumetto inglese del 1938 “Musso the wop”, ovvero Mussolini lo sbruffone). Esprimere un’opinione di radicale avversione contro uno Stato che ammazza in maniera indiscriminata civili, diventerebbe quindi un reato. Se non fosse un’idea fascista, ci sarebbe da seppellire chi la propone sotto una gragnuola di risate. Anzi, ci sarebbe da ridere perché per fortuna si tratterebbe di una boutade, di un’invenzione, del parto di una fantasia distopica. Ma non lo è. Se il tuo Stato è uno Stato assassino e tu sei un cittadino di quello Stato, magari sei uno di quelli che si vergogna del proprio Stato che agisce come un criminale seriale, tranquillo: se qualcuno inveirà contro il tuo Stato criminale sarà imputato di anti-italianismo, circostanza che ti farà sentire protetto e fiero di essere italiano. Attento però: se da italiano ti permetterai di accusare il tuo Stato di essere omicida, anche tu sarai un reo: reo di essere anti-italiano.
Eh, ma è diverso. E’ un parallelo che non regge. Il disegno di legge Delrio non punisce chi critica il governo israeliano, ma chi sostiene che Israele sia uno stato razzista.
Ah. Quindi dire che Israele è uno stato razzista significa essere antisemiti. Quindi affermare che il Sudafrica prima di Mandela, colonizzato da una minoranza bianca che governava la maggioranza di colore con leggi razziste, era uno Stato razzista, equivale ad essere anti-sudafricani. E’ un ragionamento che rovescia su chi critica i razzisti l’accusa di razzismo, facendo diventare l’accusa ai razzisti un reato d’opinione, paragonato a un crimine d’odio. Ma grazie di cuore, Graziano Delrio. Cito un rapporto di Amnesty International:“…i palestinesi non possono effettivamente fare contratti di locazione sull’80% dei terreni di stato israeliani a seguito di requisizioni razziste di terreni e di una rete di leggi discriminatorie sull’assegnazione delle terre, di piani edilizi e di regolamenti urbanistici locali. …La situazione nella regione del Negev/Naqab, nel sud di Israele, è un esempio di come le politiche di pianificazione e i piani edilizi israeliani escludano intenzionalmente i palestinesi. Dal 1948 le autorità israeliane hanno adottato varie politiche per “giudaicizzare” il Negev/Naqab, incluso designare ampie aree come riserve naturali o zone di tiro militari, e stabilendo obiettivi per aumentare la popolazione ebraica. Attualmente trentacinque villaggi beduini, casa per circa 68 000 persone, sono “non riconosciuti” da Israele: questo significa che non sono collegati alla fornitura elettrica e idrica nazionale e ripetutamente prese di mira per la demolizione. Poiché i villaggi non hanno uno status ufficiale, i loro abitanti subiscono inoltre limitazioni nella partecipazione politica e sono esclusi dal sistema sanitario e educativo. Queste condizioni hanno costretto molti a lasciare le proprie case e i villaggi, ciò che costituisce trasferimenti forzati…. Ai palestinesi residenti in Israele viene negata la nazionalità, creando una differenziazione giuridica rispetto agli ebrei israeliani. In Cisgiordania e a Gaza, dove Israele controlla i registri anagrafici dal 1967, i palestinesi non hanno alcuna cittadinanza e molti sono considerati apolidi e devono quindi chiedere documenti di identità all’esercito israeliano per vivere e lavorare nei territori. I rifugiati palestinesi e i loro discendenti, sfollati nelle guerre del 1947-1949 e del 1967, continuano a vedersi negato il diritto al ritorno nel loro precedente luogo di residenza. I palestinesi della annessa Gerusalemme Est hanno un permesso permanente di residenza invece della cittadinanza – anche se questo status è permanente solo sulla carta. Dal 1967 più di 14’000 palestinesi si sono visti revocare la residenza a discrezione del Ministero dell’Interno, risultante nel loro trasferimento forzato al di fuori della città.” Se vuoi consultare il testo integrale, Leggi qui.
Quindi i casi sono due: o si fa finta che Israele non sia uno stato razzista, per evitare di essere un reo, per Graziano Delrio e i suoi epigoni; oppure si afferma che Israele è uno stato razzista, e si finirà denunciati, grazie al molto progressista Delrio, assieme ad Amnesty International, assieme ad Omer Bartov, assieme a Norman Finkelstein, assieme ad Anna Foa, assieme a Gideon Levy, assieme a David Grossmann. Tutti ebrei. Ed assieme alle centinaia di cittadini che in Germania e nel Regno Unito vengono malmenati e arrestati dalla polizia per il reato di denuncia di un genocidio. Personalmente preferisco essere un reo in compagnia di gente perbene, che essere in compagnia delle idee di Delrio.
Photo cover: Ted Eytan, licenza https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0
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