Il 13 gennaio si è tenuta a Palermo una nuova udienza del processo che vede l’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio. Nell’agosto 2019 costrinse la nave Open Arms ad attendere 19 giorni prima di poter sbarcare le 147 persone che aveva a bordo, soccorse in vari salvataggi.

Sono 7 anni che le ONG del mare vengono indagate, diffamate, ostacolate, bloccate, eppure finora l’unico indagato è l’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Siamo a Palermo per il processo a suo carico, testimoni Conte, Di Maio, Lamorgese. La verità è una: noi salviamo vite” ha ricordato su twitter la Ong spagnola.

Le deposizioni dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex vicepremier Luigi Di Maio hanno mostrato come la ricerca da parte di Salvini del consenso elettorale sul rovente tema dell’immigrazione prevalesse su ogni altra considerazione e in particolare sulla salvaguardia degli elementari diritti umani di persone vulnerabili reduci da esperienze traumatiche.

Conte ha smentito uno dei cavalli di battaglia di Salvini, affermando: “Non ricordo di aver mai sentito parlare della presenza di terroristi a bordo della Open Arms che aveva soccorso i migranti ad agosto del 2019. Non ricordo neppure che qualcuno mi abbia parlato di possibili accordi tra la Open Arms e gli scafisti alla guida dei barconi soccorsi“. Ha poi rincarato la dose aggiungendo: “Sollecitai il ministro Salvini a far sbarcare i minori a bordo della Open Arms perché secondo me era un tema da risolvere al di là di tutto. Cercai di esercitare una moral suasion sulla questione perché mi pareva che la decisione di trattenerli a bordo non avesse alcun fondamento giuridico.”

L’affermazione successiva dà l’idea del clima di quel periodo: “Ci avviavamo verso la crisi di governo e una probabile competizione elettorale, il tema immigrazione è sempre stato caldo per la propaganda politica ed era chiaro che in quella fase Salvini, che ha sempre avuto posizioni chiare sulla gestione del problema, volesse rappresentare me come un debole e lui invece come rigoroso”.

“Non ho mai detto che la condizione per autorizzare lo sbarco dei migranti dovesse essere la loro redistribuzione preventiva. È evidente che ottenere la solidarietà europea e un riscontro su distribuzione e poi arrivare allo sbarco sarebbe stata la situazione ottimale, ma non ho mai sostenuto che se non c’era la redistribuzione non si poteva concedere il porto sicuro” ha aggiunto Conte.

Molto simile la posizione dell’ex Ministro degli Esteri Di Maio: anch’egli ha sostenuto che la concessione del porto sicuro non era subordinata al completamento della procedura di redistribuzione dei migranti e con le sue dichiarazioni ha dipinto un quadro desolante delle dinamiche all’interno del governo: “La maggior parte delle volte sapevamo del rifiuto di Pos da parte di Salvini dai media che riportavano le sue dichiarazioni. Non ci sono mai state riunioni del Consiglio dei Ministri, né informali né formali, sulla questione della concessione del porto sicuro alle navi con i migranti. Casomai le riunioni vennero fatte per affrontare le conseguenze del diniego di Pos dell’ex Ministro dell’Interno. Seppi della vicenda Open Arms dalle dichiarazioni ai media di Salvini, non da lui, anche perché eravamo in piena crisi di governo”. E per finire: “Tutto ciò che veniva fatto in quel periodo era per ottenere consenso“.

Ha poi testimoniato l’ex Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, sostenendo di “aver messo sempre in primo piano il salvataggio delle persone”. Peccato che si sia dimenticata dei numerosi fermi amministrativi a cui ha sottoposto le navi umanitarie. Un modo di agire più “tecnico” e meno urlato e mediatico di quello di Salvini, ma ugualmente efficace nell’intralciare e bloccare le operazioni di soccorso nel Mediterraneo da parte delle Ong.

Sempre nell’ipocrita tentativo di distinguersi da Salvini, ha precisato che quando era Ministra dell’Interno “i tempi di attesa del pos per le navi delle Ong era di media 2 o 3 giorni. Si arrivava a 7-8 solo se c’era da concordare la redistribuzione con altri Paesi“.

La risposta di Salvini alle stoccate degli ex alleati e ai distinguo del successivo Ministro dell’Interno ha seguito il solito copione – un misto di vittimismo e retorica: “Rischio fino a 15 anni di carcere per aver difeso l’Italia.”

La prossima udienza del processo, fissata il 24 marzo, approfondirà le vicende legate alla presenza del sottomarino della Marina militare al momento del primo soccorso della Open Arms, con la deposizione dei consulenti di accusa, difesa e parti civili e di Oscar Camps, fondatore della Ong.

In copertina: Nave di soccorso Open Arms (Foto di Antonio Sempere)

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