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di Sergio Sinigaglia
tratto da pressenza del 06.01.24

Matteo Concetti, detenuto di 25 anni  presso il carcere Montacuto di Ancona, si è suicidato venerdì 5 gennaio impiccandosi mentre si trovare in isolamento. A quanto comunica la direzione del carcere avrebbe aggredito una guardia e da qui il provvedimento di ulteriore restrizione. Nel 2023 i suicidi in carcere sono stati 62.

Il carcere di Montacuto come tanti è da tempo sovraffollato: a fronte di una capienza valida per 250 detenuti ne ha circa 350. Nei giorni scorsi c’era stata una protesta che aveva portato alcuni detenuti a salire sul tetto della struttura.

Ilaria Cucchi sulla sua pagina Facebook ha scritto che la mamma di Matteo le aveva mandato un messaggio in cui diceva: “Sono la mamma di Matteo Concetti, la prego di aiutarmi: mio figlio vuole morire. Ha bisogno di aiuto e in carcere non viene assistito”.

La Cucchi denuncia come Matteo fosse afflitto da problemi psichici, uno stato mentale che evidentemente è stato ignorato; per motivi disciplinari è stato messo in isolamento, scelta quanto mai assurda per un detenuto che aveva bisogno della dovuta assistenza. Il ragazzo, originario di Fermo, era stato in una comunità per circa due anni, poi in carcere nella sua città. Aveva avuto la possibilità di scontare la pena fuori, svolgendo un lavoro in pizzeria ed era riuscito ad ottenere anche un piccolo appartamento in affitto con la sua ragazza. Tutto è precipitato quando per un ritardo di appena un’ora nel rientro in carcere il giudice ha deciso il trasferimento a Montacuto; da quel momento la situazione è solo peggiorata, fino al drammatico epilogo di venerdì. Doveva  scontare ancora otto mesi.

Nell’anno appena trascorso 62 persone detenute si sono tolte  la vita. La situazione delle nostre carceri è ai livelli di guardia, ma nonostante le denunce e le sollecitazioni delle associazioni impegnate su questo fronte, tutti gli esecutivi alternatesi in questi anni non hanno messo in campo provvedimenti strutturali per svuotare i penitenziari. Anzi, sono stati approvati provvedimenti sempre più repressivi, politiche securitarie che hanno colpito come sempre le fasce sociali emarginate, in particolare i migranti, fino all’attuale governo che fa della cosiddetta “sicurezza” il proprio cavallo di battaglia, come dimostra il recente decreto legge in materia.

Antigone Marche ha diffuso una nota in cui sottolinea come “Il suicidio di un uomo di 25 anni in una delle stanze per l’isolamento del carcere di Montacuto è una tragedia. È inutile girarci attorno: si tratta di un dramma conseguenza dell’allarmante sovraffollamento (siamo tornati ai numeri di oltre 10 anni fa per cui la Corte dei diritti umani ci multò per trattamenti inumani e degradanti), della mancanza di supporto psicologico e psichiatrico, di porte che sono sempre più chiuse, di una mancanza cronica di attività e contatti con le famiglie e l’esterno. E che il sistema non funzioni ce lo dimostrano anche i ripetuti atti di autolesionismo, le violenze e le proteste, come quella di pochi giorni fa sempre a Montacuto”

La nota conclude sottolineando come “il modo per reagire c’è e non sta nella costruzione di nuovi istituti, ma nella Costituzione: il ricorso al carcere dev’essere residuale e improntato alla riabilitazione. Serve aumentare il personale, specialmente sanitario ed educativo, e ricorrere maggiormente alle pene alternative, che garantiscono una recidiva molto più bassa”.

L’autore:
Sergio Sinigaglia (Ancona, 1954) ha svolto le professioni di libraio e successivamente di giornalista in una società di comunicazione. Dal 1976 al 1978 è stato redattore a Roma del quotidiano Lotta Continua, di cui è stato militante. A partire dalla metà degli anni Novanta ha collaborato con il mensile Una città, il settimanale Carta Cantieri Sociali e il Manifesto. Ha pubblicato i seguenti testi:“Di lunga durata durata” (affinità elettive 2002); “Fuori linea” (affinità elettive 2005); La piuma e la montagna, con Francesco Barilli (manifesto libri 2008); “Altremarche” (affinità elettive 2010); il romanzo “Il diario ritrovato” (Italic Pequod 2014) e il giallo “Strage silenziosa” (Italic Pequod). Nel 2018 ha curato la raccolta di testi postumi di Gabriele Giunchi “Il mattino ha i piedi scalzi (Una città). A settembre 2022 è uscito “S’avanza uno strano soldato – il movimento per la democratizzazione delle Forze Armate 1970-1977, Derive Approdi, scritto con Deborah Gressani e Giorgio Sacchetti. Per alcuni anni ha pubblicato articoli sul sito Global Project. Dal 2022 scrive su Pressenza.com. Attualmente fa parte della redazione del trimestrale “Malamente”. E’ ancora attivo politicamente nel centro sociale Arvultura di Senigallia, città dove abita dal 2017. E’ vegetariano e animalista antispecista.

Cover: il carcere Monteacuto di Ancona (foto Associazione Antigone- Marche)

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redazione Pressenza

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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