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Tante cose accadono in una settimana, tante altre ne accadranno.
Per com’è andata quella appena finita: io ho paura, paurissima, anche più del solito.
Un uomo saggio una volta ha detto che “la paura è la miglior amica dell’uomo” e ìo sono sempre stato d’accordo con lui ma un altro uomo saggio una volta ha detto “non voglio più amici, voglio solo nemici e basta alle vostre bugie, bugiEAH”.
Inizio paurosamente a essere d’accordo pure con lui.
Pensando alla settimana appena trascorsa potrei anche ridere e anche forte.
Nell’ordine: Mario Draghi ha pronunciato la parola “coscienza” (Mario Draghi!), Ursula Von Der Leyen si è dovuta sedere su un divano, il Principe Filippo se n’è andato (con lui se ne va anche il suo immenso talento comico, volontario o meno) e ultima – ma non meno importante – è tornato Vasco Brondi o almeno: io ho scoperto, forse in colpevole ritardo, che è tornato.
Non sono mai stato un fan di questo semi-eroe locale/nazionale, le cose che propone non sono esattamente la mia tazza di te.
Non capisco nemmeno il 99% dei cantautori italiani “classici”, figuriamoci se capisco la scarnificazione totale dei già troppo – musicalmente – scarnissimi cantautori italiani.
Quando anni fa era esploso il noto cantautore Calcutta, mi era sembrato di cogliere una sua vaga vena polemica nei confronti della “storica” posizione “di rilievo” della regione Emilia Romagna all’interno della produzione musicale italiana.
Mi sembrava di cogliere questa cosa da una sua intervista ma boh, chi lo sa, magari ero ubriaco o avevo semplicemente letto male.
Mi ricordo però che mi ero ritrovato a pensare al povero Vasco Brondi.
Avevo immaginato che – causa onda lunga di queste “nuove leve” – in breve tempo, il Vasco provinciale si sarebbe ritrovato soppiantato irrimediabilmente.
Disperso in un limbo tipo “troppo vecchio per la nuova scena indie-o-itpop-o-come-si-chiama-adesso/troppo alternativ* per Sanremo”.
Confesso che in impeto di bontà mi ero quasi sentito dispiaciuto per lui.
Questa mia bontà è però sparita – vanificando anni di sforzi – la scorsa settimana, circa al primo minuto di ascolto accidentale della sua nuova hit, l’ormai celebre “Chitarra nera”.
Durante quel primo minuto ho provato esattamente le stesse sensazioni di quel lontano 2008, anno in cui questo eroe indie a km zero era letteralmente ovunque e – soprattutto a Ferrara – con quei suoi soliti accordi zappati sulla chitarra e quel perpetuo recitato ansiogeno/apparentemente ricercato/con velleità letterarie, appestava l’aria della città estense peggio di quella “centrale elettrica” che l’aveva ispirato.
Quelle sensazioni – purtroppo – erano: dio, questo mi fa venir voglia di ammazzarlo con una bottiglia rotta, proprio come voleva fare quell’altro baffone ai tempi con James Taylor.
Quindi mi rendo conto perfettamente che ero e sono ancora cattivo.
Ma in realtà no, col tempo avevo provato a capire e a contestualizzare.
Avevo quasi rispettato, negli anni successivi, quei suoi timidi tentativi di evolversi almeno un minimo da quella roba lì che secondo alcuni era “il suo stile” ma per me era la bestemmia delle bestemmie: la sciatteria più insensata spacciata per “attitudine punk” per di più con quel piglio da frase sulla Smemoranda di uno che però LEGGE MOLTO E LEGGE BENE.
Ordunque ora mi chiedo: ma perché – dopo quei timidi tentativi di rimescolare le carte – uscirsene fuori così, con una roba del genere, così imbarazzantemente 2008, nell’anno del Signore 2021?
E mi chiedo poi: ma perché la gente ancora abbocca?
È forse perché in Italia, come sempre e da sempre, l’ipotetico ascoltatore medio tende sempre a farsi abbindolare più dalle parole che dalla musica?
E a proposito, mi chiedo: ma perché un testo del genere?
Ferrara è una città piccola dove tutti sanno tutto e quella lunga colata di parole sarebbe comprensibile persino da Mons. Negri anche se non abita più a Ferrara da anni e anzi, secondo me gli fischiano pure le orecchie perché ha abitato a Ferrara abbastanza e penso che in queste settimane si gli sia venuta una certa insonnia.
Dunque ancora: perché?
Sig. Vasco Brondi, perché?
Perché hai scaraventato me – e tanti altri perché so per certo che non sono da solo – in quel lontano 2008?
L’hai forse fatto per farci dimenticare il maggior caos in cui si sguazza in questi ruggenti anni ’20?
Se sì: grazie per il pensiero ma non serviva.
E ad ogni modo non funziona.
Mario Draghi è ancora qua, con quella sua epidermide così peculiare.
Sarebbe davvero bello se tu, Vasco Brondi, riuscissi a riportarci tutti a quel 2008 in cui la parola “retromania” era quasi sconosciuta nel nostro bel Paese.
Ma non penso sia fattibile.
Ad ogni modo buona fortuna.
È comunque divertente rendersi conto che – proprio come in quel 2008 – il concetto di fastidioso e sciatto rumore inascoltabile continui a non includere voi noiosi cantautori per la maggior parte delle persone.
Il rumore inascoltabile è e sarà sempre la roba che ascoltiamo noi che veniamo guardati storti perché mettiamo su i Throbbing Gristle o i Mars mentre beviamo il primo caffè al mattino, va benissimo così perché ormai siamo abituati
Tutto questo poi mi fa quasi sentire meno anni sul groppone, proprio come quella volta di tanti anni fa, quando un altro cantautore mi chiese di togliere i Flipper perché “troppo rumorosi per le ore 3 e 40 circa del mattino”.
Ma vabbè, non possono perseverare solo gli altri quindi anch’io rimango qui a perseverare e a urlare “Flipper” per strada e a caso, proprio come nel 2008.
Brindo allora a te, Vasco Brondi e anche al mondo intero con un bel bicchierino di Vecchia Emilia – Chitarra Nera perché è così che va il mondo, proprio come dicevano i Flipper.
Buona settimana a tutti e cordiali saluti.

Way of the world (Flipper, 1982)

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Radio Strike


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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