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di Giovanna De Simone

Tutto sommato mi sto abituando a questa reclusione. Non scalpito più come un animale in gabbia, come il giorno in cui il mio padrone mi mise agli arresti domiciliari.
Qui, in questi spazi ristretti, ho ricominciato ad inspirare ed espirare anche con poca aria a disposizione. Bisogna solo cambiare il modo di respirare, dice sempre il mio maestro yoga Raffaele durante le sue dirette facebook.
A proposito, ne ho una alle 18.30, ma oggi ho talmente tante cose da fare che non so se riuscirò ad essere puntuale all’appuntamento.
Alle 10.00, dopo il saluto al sole e la colazione, ho una lezione di risveglio muscolare, poi doccia, qualche telefonata di lavoro ed è già ora di preparare il pranzo ed infornare una nuova ciambella per la merenda mattutina.
Dopo pranzo è il momento della siesta, che trascorro dormicchiando sul divano tra notiziari e social, per ridere o piangere con i miei simili, stringendoli in un grande abbraccio virtuale.
Caffè e alle 14.30 ricomincio a lavorare in procedura smart working, come direbbe l’uomo forte che mi governa. Devo inviare alcune mail, far misurare in videochiamata la febbre a tutte le ospiti delle strutture di accoglienza che gestiamo, fare una riunione di équipe con le mie colleghe, per il monitoraggio dei casi.
Tempo prima, questo confronto si svolgeva una volta alla settimana, ma in quest’epoca di coronavirus e con le case piene di donne recanti vari disagi e svariate violenze, il confronto on-line è diventata una pratica quotidiana.
L’unica figata dello smart working è che mentre lavori puoi fare un sacco di cose contemporaneamente: rimestare il ragù, sistemare alcune foto del 2013 sparse sul desktop del computer casalingo, fare un solitario mentre si è in conference call con Bruxelles.
Solo al termine del mio finto orario di lavoro mi rendo conto che non ho ancora trovato il tempo di stendere i panni e guardarmi la 9° puntata, terza stagione, di una serie TV che manco Beautiful mi ha mai appassionato tanto.
Alle 18.30, in diretta su youtube, ho lezione di pilates, e poi via per la preparazione della cena.
Ho deciso di saltare l’appuntamento delle 18.00 con Borrelli, mi avrebbe rallentato tutte le attività, oltre a lasciarmi una carica di tristezza che avrei smaltito solo il giorno dopo come una brutta sbronza.
Da quando ho deciso di bannarlo, mi leggo i resoconti del bollettino on-line solo dopo cena, sdraiata sul divano e con un amaro nel bicchiere. So che è brutto dirlo, ma bisogna pur sopravvivere.
Rimane fisso il mio appuntamento delle 21.30 con la spazzatura. Mi metto il giubbotto, mi rullo una sigaretta ed esco fino ai bidoni, aspirandomi l’aria della sera.
Alle 22.00 ho la meditazione collettiva con il gruppo Osho Shao in diretta su istagram. Poi mi faccio ancora la doccia e mi corico esausta a letto, entrando nella meravigliosa residenza di Downton Abbey che mi aspetta a braccia aperte.
Inspirare. Espirare.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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