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Il dibattito attorno alla privacy che vede schierati Apple contro Fbi suscita mille domande, alle quali probabilmente non siamo ancora in grado di dare risposte sufficientemente esaustive. Questo accade soprattutto a causa della crescita esponenziale ed estremamente veloce di internet che, negli ultimi anni, una volta raggiunti i tre miliardi di utenti nel mondo, è divenuta sinonimo di innovazione ma anche sintomo di complicazioni. Il web è un ambiente molto complesso, in perenne cambiamento e piuttosto ostile verso i più ‘pigri’ che ancora stentano ad avvicinarsi. Ma il fatto è che più questi tardano l’approccio più rischiano di non riuscire a colmare il gap e a mettersi al passo con le evoluzioni tecnologiche della rete. In un Paese come il nostro – dove le più recenti statistiche Istat indicano che un italiano su cinque supera i sessantacinque anni – un tema come questo dovrebbe essere al centro dell’interesse collettivo. E’ urgente un’opera di sensibilizzazione verso l’utilizzo delle nuove risorse digitali e la conoscenza delle dinamiche della rete, non solo nelle scuole ma anche per gli anziani, in particolare per quella generazione che più si allontana anagraficamente dai nativi digitali.

Tutto ciò è importante soprattutto nell’ottica dell’inevitabile transizione in rete di ogni nostra pratica quotidiana, un futuro che ha già anche un nome: ‘Internet delle cose’. Per ora siamo entrati nell’epoca della condivisione, dell’iperconnettività, della reputazione digitale (che su internet diventa un tassello importante, da non sottovalutare); e non è un caso se nella miriade di informazioni alle quali possiamo accedere in ogni momento e in ogni luogo prestiamo maggiormente attenzione alle recensioni, ai consigli degli utenti della rete, come non è un caso che i social media siano diventati contenitori dove potersi riunire e discutere anche e soprattutto di quelle tematiche che riteniamo essere più importanti poiché si ripercuotono nella nostra vita reale. Su Facebook nascono così gruppi dove poter organizzare ritrovi per la cura del proprio quartiere, del verde pubblico, creare eventi o manifestazioni, comunicare disagi e criticità, mentre Twitter diviene il canale privilegiato attraverso il quale interagire con enti pubblici e privati per segnalare e risolvere problemi in breve tempo. E navigando sul web si trovano infinite altre realtà, piattaforme, applicazioni nate e utilizzate per un unico scopo: andare verso una cittadinanza che sia davvero attiva, partecipe e – cosa più importante – sempre più ‘padrona’ della tecnologia. Una cittadinanza che sfrutta questi nuovi strumenti a suo vantaggio e non si lascia assoggettare da un mondo che, se non conosciuto, rischia davvero di creare alienazione piuttosto che innovazione.
Ecco quindi che la tecnologia, se utilizzata nel modo corretto, può contribuire in maniera sempre più positiva alla creazione delle ‘smart cities’, le città intelligenti: realtà urbane in grado di gestire le miriadi di informazioni prodotte dai propri cittadini, i quali diventano veramente gli utenti finali. Città in grado di creare e migliorare i propri servizi mediante il mondo digitale, luoghi reali dove l’interazione virtuale diviene veicolo di diffusione di cittadinanza attiva distribuita su larga scala e dove il web diviene il mezzo democratico alla base di un rinnovato accordo tra popolazione, amministrazione e politica.

Proprio di questo si è parlato nei giorni scorsi in un interessante videoconferenza dal titolo “E-participation: le tecnologie digitali e mobili per rinnovare l’alleanza tra cittadini e pubblica amministrazione”, organizzata da Fpa, società specializzata in relazioni pubbliche, comunicazione istituzionale e percorsi di assistenza alle pa nei processi di innovazione. Tra i relatori del seminario Alberto Muritano, Ceo di Posytron, società di consulenza Ict particolarmente attenta alla creazione di piattaforme web per le pa che siano in grado di integrare molteplici servizi interattivi per il cittadino nell’ottica dell’Internet delle Cose. Tra queste spicca ePart, un social network divenuto simbolo dell’interazione cittadino-pa: una moderna web app attraverso la quale gestire il flusso di informazioni in maniera estremamente bidirezionale.
Già attiva in molti comuni sparsi in tutto il suolo nazionale, ePart consente di creare una vera e propria mappa delle problematiche di ciascun paese e migliorare di conseguenza l’efficienza dei servizi: in questo modo, ogni utente (iscritto o no) può segnalare le criticità riscontrate che, attraverso un attento sistema di filtraggio, vengono immediatamente smistate e visualizzate dagli uffici di competenza dei vari comuni; questi a loro volta possono gestire con maggiore attenzione la risoluzione del problema stesso. Una soluzione che, se diffusa capillarmente, può essere in grado di facilitare molti di quei processi che oggigiorno richiedono sforzi e tempistiche spesso disumani.
Un esempio di successo nell’utilizzo di questo ‘urban social’ è stato illustrato da Antonio Scaramuzzi, Responsabile Servizio Sistemi Informativi e Telematici del Comune di Udine, città che ospita centomila abitanti e novecento dipendenti comunali, inserita su ePart dal gennaio 2011. A oggi sono circa tremila i cittadini (registrati e non) attivi sulla piattaforma e quarantadue gli operatori comunali (divisi tra sette dipartimenti) pronti ad occuparsi delle segnalazioni. Secondo Scaramuzzi questa sperimentazione ha portato notevoli benefici: oltre alla riduzione della distanza tra i ‘palazzi’ e la popolazione, significative sono state le migliorie sul versante dei costi e tempi di operazione, entrambi sensibilmente ridotti, oltre alla concreta possibilità di avere una mappatura costantemente aggiornata della situazione cittadina.

Insomma piccoli ma incoraggianti segnali, sintomo che fortunatamente qualcosa anche in Italia si sta facendo e un discreto numero di cittadini si dimostrano interessati a queste novità. Compito di tutti è dare continuità a questo interesse, anche se la strada è ancora tutta in salita e non è più il tempo di sottovalutare tali innovazioni: un adeguato sistema infrastrutturale e una diffusa educazione digitale sono e devono essere priorità assolute per il nostro domani.

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Andrea Vincenzi


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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