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da: Mauro Presini

Caro scrittore anonimo di frasi shock, come stai?
Io abbastanza bene; quest’anno non sono riuscito ad andare in ferie fuori città ma mi rilassa e mi piace sempre svegliarmi molto presto la mattina per leggere, scrivere, passeggiare o pedalare per Ferrara.
Stamattina, durante un giro in bicicletta, sono passato vicino alla giostra per bambini della piazza dell’Acquedotto dove hai scritto a caratteri cubitali con una bomboletta spray: “Fucilarli tutti per non educare più nessuno” e poi davanti alla scuola primaria Govoni dove hai scritto: “Remake Columbine”, invitando i lettori a pensarti come uno che vuole rifare la strage della scuola superiore di Columbine in Colorado in cui due studenti hanno ucciso 12 loro compagni, un insegnante, ne hanno ferito altri 24 e poi si sono suicidati.
Ho notato anche che hai corredato entrambe le frasi con la rappresentazione grafica del fucile AK-47, meglio noto come Kalašnikov dal nome del suo inventore; non deve essere stato facile disegnarli con una bomboletta spray da pochi soldi.
Dopo essermi fermato ho ripreso a pedalare e non ho potuto fare a meno di pensarti… so bene che adesso stai sorridendo perché cercare e trovare l’attenzione altrui era quello che volevi.
Caro scrittore notturno di frasi agghiaccianti, scusami se mi rivolgo a te al maschile ma ti immagino così anche se non ci conosciamo.
Leggendo vari commenti agli articoli che parlano delle tue composizioni, c’è già chi si domanda se tu possa essere di destra (le scritte in nero, l’evocazione fascista) o di sinistra (il kalašnikov); chi immagina tu abbia bisogno di affetto (anche se, per la precisione, allude a te come a chi è in astinenza da rapporti sessuali); chi pensa tu ce l’abbia col quartiere in cui abiti; chi si chiede se hai la barba lunga o no.
Io faccio il maestro elementare e mi è venuto invece da osservare che hai scelto due luoghi frequentati dalle bambine, dai bambini e dai loro genitori per scrivere i tuoi slogan: la giostra di piazza XXIV maggio è storica a Ferrara per chi è stato ed è piccolo e la scuola primaria di via Fortezza lo è altrettanto.
Oltre a questo, fra pochi giorni, la zona sarà oggetto di Estate Bambini, una storica manifestazione cittadina dedicata all’infanzia.
Perciò, a dispetto di chi pensa che essendo i due luoghi in un quartiere in cui abitano molte persone migranti tu ti sia voluto rivolgere a loro, io ho concluso invece che tu abbia voluto riferirti ai bambini.
Non preoccuparti, non cercherò di farti capire che i bambini sono il nostro futuro o che una scuola buona e degli insegnanti preparati ai saperi e alle relazioni sono fondamentali per un paese moderno, democratico attento ai sogni e ai bisogni della gente; non credo ti farebbe cambiare idea.
Non ti scrivo neanche per farti la predica sui costi per tinteggiare che dovranno sostenere sia il fruttivendolo che l’amministrazione comunale; non penso servirebbe a nulla perché è evidente che ti manca il senso di un’etica sociale.
Non ti farò nemmeno una filippica sulle bestemmie deliranti che hai scritto: mi interessano di più le persone ed i motivi che le portano a bestemmiare.
Piuttosto lamento il tuo scarso senso di responsabilità: io penso che quando si compie un gesto come il tuo bisognerebbe attribuirselo fino in fondo, con la faccia e la firma comprese.
So che è difficile ma diventa necessario se una persona vuole sostenere coerentemente una sua tesi, anche se provocatoria (pensa che proprio io sono stato definito addirittura “fascista” per aver mostrato un cartello con sopra scritto: “La cosiddetta buona scuola non è di sana e robusta Costituzione” alla ministra Giannini).
Posso chiederti però come mai ce l’hai tanto con i bambini? Cosa ti hanno fatto loro? Cosa ti hanno fatto altri di così grave perché tu possa pensare questo di loro?
Non so per quanto tempo rimarranno le tue scritte ma tu prova ad immaginare il dialogo tra genitori e figli dopo che qualche bambino o bambina avrà provato a leggerle.
Riesci ad immaginare le loro reazioni? È la loro paura che cerchi?
Non farmi ipotizzare che sei una persona vigliacca che esercita la propria forza, in modo anonimo, sui più deboli e sulle persone indifese.
Non farmi pensare ad uno che si diverte scrivendo queste cose sui muri: sarebbe di una tristezza infinita!
Non lasciarmi ipotizzare che hai avuto un’infanzia difficile: chi cerca alibi è noioso; in tanti l’abbiamo avuta eppure non ci è venuto da immaginare di eliminare i minori per evitare la loro educazione, al contrario, abbiamo provato ad impegnarci per cambiare le cose che non andavano o che non vanno.
Caro scrittore delle tenebre, tu sei libero di nasconderti e di scrivere quello che vuoi dove vuoi ma, a me, dai l’impressione di essere una persona sola con problemi dovuti all’autolimitazione della propria libertà.
In questi tempi in cui l’idea di “social” è molto diversa rispetto ad anni fa tanto da sembrarci erroneamente più ampia, posso capire il peso di una solitudine che opprime, anche se non condivido l’espressione che tu gli hai voluto dare.
Credi che il tuo sia un gesto libero? Io credo proprio di no.
Un artista immenso, attualissimo, nei cui pensieri trovo spesso ispirazione, molti anni fa cantava: “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone; la libertà non è uno spazio libero: la libertà è partecipazione”.
Mi rendo conto di quanto la frase di Giorgio Gaber sia vera anche lavorando in carcere insieme a persone detenute.
Lo so che puoi mandarmi al diavolo quando vuoi ma permettimi di dirti che non dovresti vivere la tua impotenza in questo modo passivo; ti immagino come una persona giovane ed arrabbiata a cui è stato tolto qualcosa e mi viene da dirti che conosco le frustrazioni, le ingiustizie, la rabbia; per questo ti dico di non consentire che queste frasi provocatorie e queste emozioni negative incatenino la tua creatività e la tua speranza in un domani migliore.
Sulla parete della cella di un ergastolano c’è scritto: “Viene voglia di staccare la spina e smettere di elemosinare un po’ di speranza”.
L’espressione è più che comprensibile ma io preferisco quella del filosofo Ernst Bloch che scriveva che: “Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all’aver paura, non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L’affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli.”
Tu cosa speri? Cosa sogni?
Io spero invece che tu ti assuma le tue responsabilità, spiegandoti o ravvedendoti.
So bene che chiederti di ripulire sarebbe impossibile ma sappi che sarebbe davvero una bella sorpresa per tutti.
Dal canto mio, spero anche che tu trovi il modo per rispondere a queste mie poche domande; ti chiedo solo di non farlo sul muro di qualche palazzo… immagino saprai che i soldi per ritinteggiare sono a carico dei contribuenti e, con i miei pochissimi risparmi, preferirei evitare queste spese.
Fallo dentro di te o gridalo ai quattro venti oppure ancora scrivilo nella forma che preferisci ma permettimi un ultimo consiglio per la prossima volta che ti scappano dei pensieri simili: “Comprati un quadernetto per scrivere le tue cosine”.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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