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Da: Mario Bergamini

Caro direttore,
la “vicenda Naomo” mi ha profondamente disgustato, al punto che non so neppure se andrò a votare.
Sono allibito dinanzi all’insipienza dimostrata da un politico esperto e che stimavo come Alan Fabbri, il quale ha lasciato briglia sciolta a un soggetto che fa del male alla Lega e,a mio avviso, non ha meriti, visto che nei sondaggi la Lega ha (o aveva) le stesse percentuali delle vicine province.
Non ce l’ho con Naomo per i precedenti penali, ma per la sua condotta successiva. Intendo dire che un cittadino può anche aver subito condanne, ma quando si affaccia alla vita politica deve essere trasparente e dichiarare pubblicamente i suoi trascorsi anziché sventolare un certificato penale dal quale risulta “NULLA”, ben sapendo che quel “NULLA” è originato dal beneficio della “non menzione”, che consente a un condannato per lievi reati di poter trovare lavoro, presso i privati, senza dover mostrare le proprie macchie. Com’è noto, infatti, Naomo Lodi, se partecipasse a un pubblico concorso, dovrebbe dichiarare i suoi precedenti, sempre che il bando non richieda, come requisito, di non aver riportato condanne penali.
Lodi ha dichiarato che avrebbe potuto richiedere la riabilitazione. Premesso che tale beneficio non cancella i reati, ma fa semplicemente venir meno le conseguenze delle condanne (che restano), perché Naomo non ha chiesto alla Corte d’Appello di Bologna di essere riabilitato?
Invece di insultare i giornalisti (cui prodest?) e prendersi i rimproveri del Senatore Balboni, dovrebbe imparare che la politica seria si fa in un altro modo.
Peraltro non ho apprezzato neppure l’intervento di Alberto Balboni, che invece di fare il maestrino a fini elettorali e pensare alla carica di vice-sindaco per uno dei suoi, dovrebbe insegnare al figlio Alessandro che prima di parlare (vedi tomba del dottor Torquato Tasso) farebbe bene a documentarsi. E meno male che nei manifesti si parla di competenza!
Ciò detto, non ho apprezzato neppure il comportamento del sindaco. Se Tagliani sapeva che Lodi era un “pregiudicato” doveva dirlo fin dall’inizio a chiare lettere, spiegando anche come era venuto in possesso di tale notizia, relativa a dati sensibili protetti dalla legge sulla privacy.
Quando, anni or sono, poco prima delle elezioni amministrative di Milano, Letizia Moratti (evidentemente mal consigliata da qualche improvvisato guru) “tirò fuori” l’arresto subito da Pisapia, io non apprezzai quel gesto, che fra l’altro le portò male.
Per lo stesso motivo non merita apprezzamento il comportamento di chi, da sinistra, con fare da avvoltoio, specula sulla “vicenda Lodi” unicamente a scopo elettorale.
Insomma, fra una destra che non è all’altezza della situazione, una sinistra che sa solo speculare sulle disgrazie altrui e una pletora di pseudo-civici (in realtà schierati con il centro-destra o il centro-sinistra), penso proprio che non andrò a votare. O meglio, mi recherò al seggio ma, come mio diritto lascerò la mia scheda immacolata e vuota. Vuota come le proposte e le condotte di una classe politica locale segnata dall’inadeguatezza e dalla mediocrità.
Lo confesso: non avrei mai pensato di dover rimpiangere Roberto Soffritti e Nino Cristofori, che almeno di politica seria se ne intendevano…

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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