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«La storia è un grande presente, e mai solamente un passato», osservava Émile-Auguste Chartier.
La storia riguarda tutti, si manifesta in una molteplicità di luoghi e per scopi diversi, a opera di storici professionisti e appassionati volontari.
Con questa convinzione Ravenna ospiterà, dal 5 al 9 giugno 2017, la Prima Conferenza italiana di Public History, alla quale parteciperanno anche due giovani ferraresi, Davide Brugnatti, architetto, e Giuseppe Muroni, insegnante e collaboratore dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara.
I due relatori proporranno un contributo dal titolo ‘Edmondo Rossoni e Tresigallo: il restauro dell’architettura contemporanea. Filologia, recupero, variazione d’uso’ (il programma nell’immagine dell’illustratrice Giulia Pintus), inserito in un panel (tavola rotonda) di storia urbana, architettura e progetti di comunità, a fianco di docenti dell’Università di Berlino, San Pietroburgo, Torino, nell’ambito di un’intensa cinque giorni di conferenze e dibattiti, organizzata dall’Associazione italiana di Public History (in concomitanza con la quarta conferenza internazionale della International Federation for Public History).

«La Public History (‘storia pubblica’ o, meglio ‘storia per il pubblico’) – si legge su Wikipedia – è costituita da una vasta gamma di attività svolte da persone, con formazione nella disciplina della storia, che operano generalmente al di fuori di ambienti accademici specializzati».

Quella per la storia è una passione che appartiene da sempre a Giuseppe Muroni: «Da piccolo ascoltavo i racconti di guerra di mio nonno – racconta – e, contemporaneamente, leggevo libri sulle civiltà precolombiane. L’interesse per il passato e la voglia di ricostruire e indagare i movimenti della storia e delle storie si sono sviluppati all’Università. È maturato poi l’interesse per la didattica e per la comunicazione della storia, che si è tradotto in un’esperienza a Rai Storia, in un documentario storico e in un videoclip sulla Liberazione». Giuseppe Muroni è autore della prima serie web storica prodotta da Treccani, ‘Voci di rESISTENZA’, un viaggio storico-emotivo in cui viene ripercorsa l’Italia, da Sud a Nord, dopo 70 anni dalla fine della Seconda Guerra mondiale: un esempio singolare di divulgazione digitale, con sceneggiature inedite, scritte e dirette da lui stesso.

Giuseppe, perché è fondamentale riflettere sulla storia oggi (e ripensare questa disciplina)?
La storia, intesa come materia di insegnamento, negli ultimi 30 anni ha subito un cambiamento evidente; i libri di storia non sono morti, anzi, ma c’è stata una implementazione di formati e linguaggi attraverso cui raccontare la storia: la fiction tv, i graphic novel, la web serie, il film d’animazione. I contenuti storici, poi, si sono moltiplicati in rete, tant’è che navighiamo circondati quotidianamente da tracce provenienti da un passato che spesso è inafferrabile e incomprensibile perché si è privi di una grammatica di base. Affinché i ‘racconti di storia’ si trasformino in conoscenza storica, è necessario possedere competenze disciplinari: anche se i linguaggi di trasmissione della storia sono in cambiamento, non si può prescindere dal metodo scientifico. Oggi, come ieri, riflettere sulla storia significa analizzare le complessità del tempo e dell’uomo calato in una determinata realtà, in cui ci sono protagonisti e comparse, e capire le ripercussioni e le conseguenze sul lungo periodo. Raccontare il passato presuppone la restituzione di questa complessità, che permane sempre parziale e intangibile.

Tu curerai l’introduzione storica su Tresigallo, che «ha ricoperto un ruolo cardine in campo socio economico ed urbanistico-architettonico nel periodo fra il primo e il secondo Dopoguerra».
La Tresigallo di Edmondo Rossoni, piccolo borgo agricolo che viene rifondato in pochi anni passando da 900 a 7 mila abitanti, è un episodio non trascurabile del fascismo italiano. Città di fondazione sui generis, poco menzionata dagli studiosi nazionali, ha rappresentato per un lasso di tempo della sua storia secolare tutt’altro che la periferia di regime. Da anni sto studiando ciò che è successo in quel paese rurale della Bassa ferrarese e credo, oggi più che mai, che i ‘public historian’ abbiano il compito civico di intervenire nella sfera pubblica a proposito dei passati ‘scomodi’, come potrebbero esserlo le città di fondazione.

Come spiegato su ‘Officina della Storia’, «il ‘public historian’ è un professionista che affronta pubblici eterogenei interessati tanto alla storia quanto alla memoria. È emerso che la ricostruzione storica, legata ad avvenimenti, commemorazioni, musei, geografie urbane, ambienti, memorie e testimonianze, è il campo di azione di una narrazione del passato che si fa storia nel presente all’interno delle comunità protagoniste di un evento. (…) Una Public History che vuole trasmettere, anche al di fuori dei tradizionali canali accademici, un ‘senso pubblico’ della Storia».

Alla prima Conferenza nazionale di Public History, Davide Brugnatti si occuperà invece dell’architettura e degli interventi di restauro che hanno interessato Tresigallo. Una riflessione sul recupero-restauro di alcuni edifici di Tresigallo e sulla difficoltà del ripristino di luoghi e materiali utilizzati negli anni ’30.

Davide Brugnatti ha lavorato ad Atene alla progettazione di un parco di edutainment (intrattenimento educativo); tornato in Italia, ha collaborato per un anno con uno studio tecnico ed è diventato il referente per la Gestione Spazi del Gruppo Hera. Oggi è il titolare dello studio VM4projects, si occupa di progettazione architettonica, direzione lavori e redazione di contabilità.

Davide, che cosa rappresenta per te la partecipazione a questo convegno?
La partecipazione a questo convegno è molto importante perché offre l’occasione di trattare e approfondire diverse tematiche. La principale è sicuramente la realtà di Tresigallo, dove una visione socio-economica rivoluzionaria ed innovativa per l’epoca in cui è stata concepita trova una concretizzazione in edifici pubblici, abitazioni e spazi per il lavoro: Edmondo Rossoni, personaggio di spicco del sindacalismo e del governo durante il Ventennio, decise di realizzare proprio a Tresigallo il modello di una nuova società in scala reale che potesse servire da esempio per lo sviluppo da applicare sull’intero territorio nazionale.
Dalla prima tematica ne discendono altre, più specifiche dell’ambito tecnico-culturale; una di queste è il restauro dell’architettura contemporanea. Il patrimonio edilizio costruito durante il Ventennio rappresenta una risorsa di difficile gestione: la distanza temporale che ci separa dal momento della sua costruzione è ancora troppo breve per far sì che comunemente le persone considerino questi edifici come ‘storici’ e non semplicemente come vecchi. Inoltre, dato il periodo che evocano con le loro forme inequivocabili, si tende ancora ad avere un approccio emotivo forte quando si interviene su manufatti di stampo razionalista inserendo nel progetto la volontà di emendare alle storture che quel passato ha rappresentato attraverso la distruzione parziale o totale dei manufatti che il Regime Fascista ha realizzato.

Quale progetto sarebbe più opportuno?
Come nei restauri di edifici antichi la formula vincente è costituita da un progetto rispettoso del manufatto e delle attività che vi si insedieranno (che vanno considerate in fase progettuale e non a restauro avvenuto), così anche per edifici della storia più recente è opportuno concepire la riqualificazione attraverso un progetto attento agli sia agli spazi esistenti sia alle funzioni che vi si svolgeranno, senza snaturarne gli uni o le altre.
Subentra quindi un’ulteriore tematica, legata ai materiali: la politica autarchica che seguì alle sanzioni posto in essere dalla Società delle Nazioni (a seguito dell’invasione dell’Etiopia da parte dell’Italia) ha anche dato origine a tutta una serie di materiali fortemente sperimentali che nacquero e morirono proprio in quel tempo. Ad oggi quindi risulta molto difficile restaurare questi materiali da costruzione senza sostituirli in tutto o in parte, dato che se ne sono perse la composizione originale e le tecniche di realizzazione che gli artigiani utilizzavano. Uno studio approfondito e sistematico sui materiali utilizzati potrebbe quindi non solo sciogliere il nodo della corretta conservazione degli stessi, ma aprire anche prospettive di specializzazione per gli operatori del settore, al fine di trovare maggiori sbocchi lavorativi nell’ambito del restauro dell’architettura Razionalista e, in generale, contemporanea.

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Eleonora Rossi



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