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Da: Mauro Marchetti.

Matteo Salvini è stato messo in croce per l’ormai celebre “citofonata” al quartiere Pilastro di Bologna. Penso che abbia sbagliato, ma ricordo altri episodi in cui la censura dell'”intelligentsia” non scattò affatto.

A Ferrara, durante una manifestazione per la pace, i dimostranti si recarono fin sotto le case delle famiglie dei militari dell’Aeronautica, vicino all’aeroporto.

A Bologna fu preso di mira il giudice Catalanotti (indicato sui muri come “Katalanotti”) che indagava sugli estremisti di sinistra dopo i fatti del marzo 1977, a Bologna. Vi fu un corteo che si recò presso la sua abitazione privata e molti manifestanti citofonarono e suonarono il suo campanello, sostando a lungo davanti al condominio in cui abitava.

Non ricordo,al riguardo,parole di condanna per i manifestanti o di solidarietà per Bruno “Katalanotti”. La sua privacy, evidentemente,non interessava a nessuno.

E uno studente ritenuto di destra (in realtà era un liberale) si trovò sul muro di casa la scritta “Qui abita un fascista”.

Infine un ricordo personale. Quartiere Arianuova, anno 1960. In un modesto condominio di periferia si presentarono due militanti dell’ U.D.I. (Unione Donne Italiane), associazione che raggruppava le donne comuniste.

Le due “udine d’assalto” (per usare una definizione di Giovanni Guareschi) suonarono a tutti i campanelli e chiesero alle donne che avevano aperto di sottoscrivere un abbonamento a “Noi Donne” (periodico dell’U.D.I.). Una di esse teneva in mano una copia del periodico mentre l’altra reggeva una specie di quaderno dove segnava, con fare vagamente intimidatorio, i nomi e i cognomi di chi si abbonava (nella colonna delle “buone”) e soprattutto, con gesto vistoso,i nomi e i cognomi delle “cattive” (come mia madre, elettrice democristiana) che non si abbonavano. In tal modo si realizzava una mappatura del territorio, con schedatura di chi la pensava diversamente.

Va bene stigmatizzare il gesto di Salvini ma,in conclusione, sarebbe il caso di ricordarsi anche di gesti similari compiuti da chi aveva scelto di militare a sinistra. Usare due pesi e due misure, come sempre, non fa bene nè alla verità nè alla democrazia.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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