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da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Nuovo appuntamento lunedì 7 aprile alle ore 17 nella Sala dei Comuni del Castello Estense con il nuovo ciclo di incontri “L’invenzione del Museo. Oggetti, simboli e collezionismo”, organizzato dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara e dal TekneHub, laboratorio del Tecnopolo di Ferrara, in collaborazione con la Fondazione Ferrara Arte.
Ospite d’onore della conferenza sarà Matteo Lafranconi, Direttore scientifico delle Scuderie del Quirinale di Roma che parlerà di “Un’aberrazione virtuosa. Collezionismo privato in Unione Sovietica dalla Rivoluzione a Stalin” e che ci anticipa l’argomento della giornata… ” Nonostante fosse stato proibito per legge da una serie di decreti emanati all’indomani della Rivoluzione d’ottobre, il collezionismo privato d’arte non cessò mai del tutto di esistere in Unione Sovietica. Grazie agli sforzi ostinati dell’intelligencija, forme di collezionismo privato riuscirono a sopravvivere nel corso dell’intera parabola del regime sovietico. Fu soprattutto nella prima parte di questo regime che grazie alla cooperazione tra l’élite e considerate le condizioni impossibili nel quale si trovava a muoversi, come l’abolizione della proprietà privata e l’indicazione dello Stato come unico patrono delle arti, l’Homo sovieticus collezionista riuscì ugualmente a soddisfare la sua passione e a portare a termine la sua specifica missione di preservare la memoria dei movimenti artistici che la politica culturale ufficiale del Socialismo aveva messo al bando e reso tabù”.

Matteo Lafranconi è storico dell’arte presso la gNAM, dove si occupa delle collezioni del XIX secolo. Ha studiato a Roma, Napoli e Parigi. Si è dedicato a temi di storia dell’arte italiana tra XVI e XX secolo, prediligendo questioni di storia del disegno, prassi accademiche, collezionismo, con incursioni nel campo della pittura russa di fine Ottocento. É stato coordinatore scientifico della mostra Maestà di Roma (2003) ed è autore, con Elena di Majo, del catalogo delle collezioni del XIX secolo della gNAM. Ha tenuto conferenze alla National gallery di Londra, al Prado di Madrid e alla National gallery of Art di Washington dove, presso il CASVA, è membro del gruppo di studio sulla storia dell’Accademia di San Luca a Roma. É membro del comitato di redazione della rivista “Perspective” dell’INHA di Parigi. Suoi articoli sono comparsi su the Burlington Magazine, Paragone, Prospettiva. É autore, con Sandra Pinto, del volume gli storici dell’arte e la peste (Milano, Electa 2006). Dal 2007 è distaccato presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma dove svolge il ruolo di Responsabile delle attività scientifiche e culturali.

In foto: Solomon Nikritin – Uomo e nuvola (1930). Salonicco, Museo d’arte contemporanea – Collezione Costakis.

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UNIVERSITA’ DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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