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Parlando di don Milani, un sacerdote fra la gente

Tempo di lettura: 2 minuti

da Paolo Giardini*

Parlando di don Milani tutti trascurano un dettaglio che non è affatto trascurabile: l’elemento più visibile nella didattica del Priore a Barbiana, vale a dire l’impegno comunitario e totalizzante che in quel peculiare contesto storico e sociale coinvolgeva un gruppetto di ragazzini in una full immersion di 365 giorni all’anno. Era un vivere letteralmente nella scuola-canonica (con quintali di pane comprati settimanalmente da don Milani per sfamare quella torma), determinato dalla sensibilità e cultura di quel particolarissimo prete (di verve intellettualmente ebrea, ereditata dalla mamma), non semplicemente un andare a scuola. Qualsiasi insegnante che sottoponesse per anni una classe di allievi normodotati (e volontari, che nessuno di Barbiana ci stava per forza) ad un tour de force simile senza ottenere risultati eccellenti sarebbe da interdire. Inevitabile che don Milani ottenesse dei frutti. La sua fu un’esperienza educativa formidabile ma, pur nella estrema libertà di schemi, coi suoi bravi confini, alcuni dei quali potrebbero essere visti come pecche o ingenuità, vedi la demonizzazione del gioco degli scacchi o certi traguardi scolastici considerati superflui. Ma se il Priore stabiliva dei confini, certamente aveva le sue buone ragioni per farlo. Ragioni sacerdotali, beninteso, non di metodo. Perché il Sacerdote esercita il suo ministero fra la gente che si trova, come la trova. Il don Lorenzo di Barbiana era lo stesso di San Donato di Cadenzano, ma diverso nel suo agire. Proprio per la estrema varietà di configurazioni sociali l’unico metodo educativo possibile al vero sacerdote è quello di infischiarsene della metodicità e adattarsi secondo necessità. Alla faccia dei sapienti che credono di poter individuare “progetti educativi”e regole da trarne senza tener conto che la storia osservata è la testimonianza di un prete che, fino all’ultimo, si è sentito in dovere di esercitare al 100% il suo sacerdozio, indipendentemente dal fatto che i suoi discepoli lo capissero.

*(Noto che i nomi dei commentatori sono corredati da titoli, competenze accademiche o altro. Se questa è la regola, per l’eventuale pubblicazione di una mia proposta come la presente, la necessaria precisazione è: povero indigeno)

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