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​Quello di piazzetta Combattenti è solo uno degli ultimi esempi di una infinita (e per forza di cose interminabile) serie di interventi di manutenzione stradale i cui esiti risultano eufemisticamente discutibili. Le cause dei continui lavori sono sempre le medesime, connesse ai cosiddette sottoservizi: riparazioni di condutture, posa di cavi e di tubazioni eccetera.
Molti di questi aggiustamenti sono fatti perlappunto con tale malgarbo da generare fastidio: gibbosità dello strato bituminoso che fin da subito generano impaccio alla circolazione, specie dei ciclisti, con effetti esteticamente indecenti e che nel volgere di qualche settimana, complici piogge, gelate a avversità atmosferiche si sfaldano creando buche. Ma la tecnica del rappezzo è ormai prassi consolidata e forse ha anche poche alternative: difficile immaginare che ogni volta si possa procedere a una diffusa riasfaltatura.
Ci sarebbe però il dovere da parte dell’amministrazione pubblica di vigilare sui lavori di manutenzione per garantire che chi opera lo faccia quantomeno con la diligenza del cosiddetto ‘buon padre di famiglia’, cioè di colui che ha a cuore ciò che fa e non mira, al contrario, come primo obiettivo a risparmiare e fare in fretta, purchessia.
Esperti del settore garantiscono che utilizzando, per esempio, uno strumento detto ‘saltarello’ che serve a compattare la bitumatura si possono ottenere risultati molto migliori di quelli a cui normalmente siamo purtroppo abituati. Ma si usa raramente perché l’impiego richiede tempo e la manodopera costa; i cantieri sono gestiti al ribasso, con margini di guadagno esigui e dunque si specula su tutto.
Servono dunque quantomeno maggiori controlli. Andrebbero fatte rispettare le prescrizioni dei capitolati di appalto e le appropriate regole generali di manutenzione (ed eventualmente adeguate e integrate se insufficienti).
E sarebbe anche il caso di prevedere clausole di garanzia, come ci sono per tutte le cose: se entro un certo termine l’asfalto si corrompe tu ditta che hai lavorato male torni e fai gratis il ripristino. Sembra ovvio, ma non funziona così. A conferma che non sempre il problema sono i soldi, a volte è anche semplicemente questione di teste e di volontà.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it