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Da: ANDU

1. Nuova legge su reclutamento e docenza: piu’ precariato e piu’ fasce
2. Miur: controllo dei concorsi per mantenere la cooptazione personale
3. Braga: eliminare i concorsi per facilitare la cooptazione personale

1. nuova legge su reclutamento e docenza: piu’ precariato e piu’ fasce
A settembre sarà depositato in Commissione Cultura della Camera il
testo* unificato (cliccare qui) delle due Proposte di Legge Melicchio
(1608) e Torto (783). Queste due proposte sono state già riportate* e
commentate* dall’ANDU anche in Commissione.
La PdL unificata è per tanta parte la somma delle due precedenti PdL e
introduce la figura del docente “unico”.
Si tratta di una proposta che, se approvata, riuscirebbe perfino a
peggiorare non poco l’attuale pessimo assetto del reclutamento e della
docenza universitaria.
Infatti:
a. Si amplia la giungla delle figure precarie introducendo il
pre-dottorato (art. 2); si mantengono sostanzialmente gli assegnisti di
ricerca chiamandoli “ricercatori junior” (art. 3); i RTDa vengono
sostituiti con i “ricercatori universitari” (art. 4), con la novità
positiva del contingentamento dei posti; si trasforma il RTDb in
“professore junior” con accesso per concorso nazionale (art. 5), senza la
sicurezza per i vincitori di prendere servizio (comma 6).
In questo modo si disegna un percorso “normale” di 15 anni (più gli
intervalli) prima di arrivare (chi ci arriva) al ruolo docente.
Invece andrebbero eliminate tutte le figure attuali (eccetto il
dottorato) introducendo una sola figura di pre-ruolo di durata massima di 3
anni, in numero rapportato agli sbocchi in ruolo, e si dovrebbero prorogare
tutti gli attuali precari fino all’espletamento dei bandi.
b. Si mantiene il localismo (cooptazione personale) delle prove a
tutti i livelli (eccetto per l’ingresso nei professori junior e per i super
scatti) invece di prevedere sempre (dal dottorato in poi) prove nazionali
con commissioni di soli sorteggiati.
Si mantiene l’abilitazione per continuare a coprire, malamente, il
potere del singolo maestro di scegliere chi vuole. E tutto questo
nonostante gli “scandali” ricorrenti, l’ultimo dei quali ha portano alla
richiesta di commissariare l’ateneo di Catania proprio da parte di coloro
che propongono leggi che mantengono i meccanismi localistici, proprio
quelli che producono gli “scandali”. V. il documento* dell’ANDU
“Università. Commissariare Catania o de-commissariare tutti gli Atenei?”.
c. Si introduce un docente “unico” (art. 11) sottoposto, per gli
scatti stipendiali, a valutazione locale (comma 2 lettera a), invece di
ritornare agli scatti automatici, e si aggiungono i super scatti biennali
(comma 2 lettera b) destinati ai professori eccellenti (comma 4 lettera c)
valutati tali dalla commissione per le abilitazioni (comma 4 lettera a). La
“cultura” americaneggiante dell’iper-meritocrazia ad ogni costo è così
riuscita a immaginare una docenza frantumata in decine di trattamenti
economici diversi (fasce), accentuando-imponendo logiche di competizione
insensate e dannose.
Invece andrebbe previsto un ruolo unico (uguali mansioni e poteri) in
tre fasce (con progressione economica automatica all’interno di ogni
fascia) e passaggio automatico da una fascia all’altra attraverso un
giudizio nazionale individuale da parte di una commissione di sorteggiati.
Sul docente unico da decenni l’ANDU ha elaborato una articolata proposta
contenuta nel documento* “Come ricostruire l’Università tutta” al punto c.
d. Si prevede il passaggio automatico dei professori associati e
ordinari (comma 1 dell’art. 14) nel ruolo “unico”, mentre per i RTI, che
svolgono anche da decenni le stesse mansioni dei professori, si prevede lo
stesso trattamento dei professori junior (comma 4), cioè l’abilitazione
nazionale e una valutazione locale di livello internazionale (comma 1
dell’art. 8).
e. Si abolisce il collegio di disciplina locale (art. 15) senza nulla
prevedere sulla composizione di quello nazionale che era formato in modo
insensatamente gerarchico.
– Non si prevede alcun bando straordinario di almeno 20.000 posti di
ruolo, perpetuando così l’espulsione dall’università di oltre il 90% dei
precari “usa e getta”.
– Si rafforza l’ANVUR, invece di abolirla, e si mantiene il CUN,
invece di sostituirlo con un Organo di autogoverno del Sistema nazionale
universitario, interamente elettivo e non frammentato in categorie e
settori scientifici.
– Non si prevede nessun cambiamento della governance degli atenei che,
insieme al localismo delle prove, consente una gestione padronale degli
stessi atenei che finisce per coinvolgere, a livelli e con interessi
diversi, gran parte dei docenti.

2. Miur: controllo dei concorsi per mantenere la cooptazione personale
Recentemente è stato annunciato* un controllo a campione dei concorsi
universitari per, secondo il Ministro, “garantire una sempre maggiore
trasparenza”. Il controllo avverrà da parte dell’ANVUR, aumentando così il
potere di un Organo voluto e costituito per commissariare la didattica e la
ricerca nell’Università italiana.
In tal modo si finge di non sapere che i concorsi nell’università
italiana sono volutamente finti perché le norme sono state fatte proprio
per assicurare al singolo “maestro” la scelta personale di chi promuovere,
dal dottorato al posto di ordinario. E pur di mantenere questo sistema di
potere accademico, che a volte finisce sulla stampa, si ricorre a
provvedimenti “pittoreschi” che non avranno alcun effetto concreto.

3. Braga: eliminare i concorsi per facilitare la cooptazione personale
Dario Braga sul Sole 24ore* lo dice chiaramente: “il concorso
universitario è un paradosso: da un lato costringe le commissioni che
agiscono correttamente (e non sono – non dimentichiamolo mai! – la
stragrande maggioranza) a complessi slalom giuridico-amministrativi per
esercitare la necessaria cooptazione mascherata da concorso senza violare
le leggi e, dall’altra, offre ampi spazi alle (poche) commissioni scorrette
per scelte improprie nascoste dalla foglia di fico delle procedure
concorsuali.”
Al di là dei distinguo tra chi maschera correttamente (sic!) e chi
maschera scorrettamente, Braga afferma che i concorsi universitari sono
comunque finti, una dannosa e costosa perdita di tempo per arrivare alla
cooptazione, come da decenni l’ANDU sostiene. E che si tratti di
cooptazione personale e non da parte di una struttura è noto a tutti.
Peraltro è stato esplicitamente scritto* (cliccare qui) da Michele Ainis,
noto costituzionalista, che sarebbe giusto “che ogni professore si scelga
il suo assistente”, visto che “ogni giovane studioso s’avvia alla ricerca
sotto la guida d’un docente, che poi lo aiuta a fare carriera” e dato che
“la cooptazione non è un peccato né un reato, è la legge non scritta
dell’università.” In realtà. come detto, si tratta di una legge scritta e in vigore.
Chi vuole togliere la” “maschera” dei concorsi alla cooptazione
Personale è come se chiedesse di assegnare un “buono posto” al singolo
“maestro” per consentirgli di scegliere senza infingimenti il proprio
allievo; al maestro, esplicitamente e limpidamente, e non, come nella
finzione attuale, al dipartimento e all’ateneo. Il modello degli
“abolizionisti” è quello statunitense, dimenticando che l’accademia
italiana ha una “tradizione” che rende altamente improbabile la scelta di
chi non sta nella stanza accanto, come si è già scritto, in occasione dello
“scandalo” di Catania, nel documento* “Concorsi universitari: scandali o
sistema?”.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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