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Pubblichiamo un brano della Lettera inviata ieri (10 giugno 2020) dal noto architetto Alfonso Femia al sindaco di Milano Claudio Sala. Anche noi come lui pensiamo che “occuparsi di scuola significa occuparsi di tutto: di individuo, di famiglia, di lavoro, di pubblico, di privato. Il luogo della scuola è fatto di dentro e fuori, è l’edificio e il quartiere, il percorso da casa, la condivisione, i momenti ludici, è consapevolezza urbana”. Anche qui a Ferrara pensiamo che, visto che vogliamo – dobbiamo – ripartire, occorre partire ‘con il piede giusto’. Cioè dalla Scuola Pubblica, da una scuola “di tutti e per tutti”. Dalla scuola della Costituzione e del “I care”. Da una scuola “diffusa” (ne scrive spesso su queste colonne Giovanni Fioravanti), da una scuola democratica, circolare, creativa (Mauro Presini, sempre su Ferraraitalia). Appena dopo l’estate vogliamo – dobbiamo – ripartire da una scuola della relazione, della vicinanza, della presenza, perché la didattica a distanza è stato l’unico modo (imperfetto ma necessario) per rispondere all’emergenza pandemia, ma non può diventare il modello, la regola, la prassi: la scusa per regalarci una scuola ancora più lontana.
Non da ieri, da alcuni decenni – quale sia stato il colore di governo – la nostra Scuola Pubblica (il personale docente e non docente, gli bambini e ragazzi di ogni ordine e grado, le famiglie) è stata abbandonata a se stessa. Edifici non a norma, giardini incolti, tavoli e sedie d’antiquariato. E soprattutto tagli su un personale insegnante pagato la metà della media europea, centinaia di migliaia di precari, e nessuna idea, visione, programma, finanziamento per fare della scuola quello che può e deve essere: un pilastro di una società e di una “città della conoscenza”. E’ ora di ripartire. Dopo, sarà troppo tardi.
(Effe Emme)

Spett.le Comune di MIlano
Alla cortese attenzione
del Sindaco Giuseppe Sala

Milano, 10 giugno 2020

Oggetto: FAR RIPARTIRE MILANO DALLA SCUOLA.

Riprendo quanto da Lei trasferito nella  comunicazione ai milanesi relativa allo stanziamento di 14 milioni di euro per impermeabilizzare le coperture e mettere in sicurezza le gronde di 50 scuole milanesi e alle dichiarazioni dell’assessore Paolo Limonta sulla necessità di affrontare adeguatamente, a misura di studenti e non di politica, la ripresa scolastica dopo la Covid.
Il mio obiettivo è quello di mettere in evidenza l’importanza degli spazi della scuola e di stimolare politica e Governo a mettere in campo iniziative che possano realmente adeguare i luoghi dell’educazione alla situazione contemporanea, alle esigenze delle nuove generazioni, con una visione ampia sul futuro. Penso che l’integrazione tra tutti gli attori competenti che “fanno scuola” sia il percorso più efficace per formulare progetti responsabili e  allocare coerentemente le risorse.
Questa iniziativa si propone come una Call to Action che non si finalizza solo sulla scuola, ma anche sulla qualità urbana, per il recupero della piccola scala di quartiere fino a coinvolgere la città intera.

Cosa significa occuparsi di scuola?
Comprimendo molto la complessità del contenuto, occuparsi di scuola significa occuparsi di tutto: di individuo, di famiglia, di lavoro, di pubblico, di privato. Il luogo della scuola è fatto di dentro e fuori, è l’edificio e il quartiere, il percorso da casa, la condivisione, i momenti ludici, è consapevolezza urbana.
La necessità di un’azione pubblica comune nasce dall’esigenza di considerare tutti gli aspetti, senza porre arbitrarie priorità, un’azione pubblica coordinata da una figura professionale con competenza specifica sui luoghi e sulla relazione tra essi, responsabile non solo per i luoghi, ma per l’abitare, il vivere degli individui e per questo generosa nella disponibilità a un dialogo permanente con interlocutori diversi e con la capacità di esprimere progettualità temporalmente dinamiche.
Mi farebbe piacere condividere, discutere e migliorare con lei questa iniziativa e trasformarla in un’azione comune di sensibilizzazione.
Grazie per l’attenzione che vorrà dedicarmi. Un cordiale saluto
Alfonso Femia

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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