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da: Associazione Zone K

Un altro imperdibile concerto al Circolo Arci Zone K di Via Santa Margherita 331 a Malborghetto Di Boara, in collaborazione con Pentagon Booking, mercoledì 25 maggio salirà sul palco Geoff Farina, storico leader dei Karate, una delle più interessanti band del panorama indipendente degli Stati Uniti, i Karate, nell’unica data in Emilia Romagna.
La storia che ci interessa comincia a Boston, nel 1988, dove Geoff studia songwritng al prestigioso Berklee College of Music e dove è fin troppo facile trovare gente che voglia suonare e metter su una band. Geoff è il classico ragazzo da jeans, maglietta e cameretta. Qui lui si rinchiude e studia, suona, crea, ripara amplificatori danneggiati, immerso nel suo mondo fantastico dove la musica è pressoché tutto, la linfa che alimenta morbosamente ogni aspetto della sua vita. Dopo aver completato gli studi al Berklee, Farina frequenterà un master all’Università del Massachusetts sulla tecnologia del suono, discutendo una tesi sulla storia della sintesi del suono analogico.
Geoff in quegli anni incontra la bellissima Jodi Buonanno, figura che sarà presente in gran parte dei suoi progetti musicali. Insieme mettono su un duo dal nome tra lo spocchioso e il profetico, Secret Stars. Ma Jodi non è certo l’unica persona che suona a Boston e Geoff ha gioco facile nell’intrattenere numerosi altri rapporti con giovani musicisti. Entra così in contatto con Gavin McCarthy, un bravo batterista di area jazz, e con Eamonn Vitt, bassista e suo compagno al college.
Con loro decide di mettere su un progetto un po’ diverso e decisamente più ambizioso rispetto ai Secret Stars, e il nome scelto è quello dell’arte marziale più famosa al mondo. Se con Jodi Bonanno le atmosfere sono decisamente minimal, drone e rilassate, con voci e chitarre dolci ed evanescenti, i Karate pescano tra quello che un po’ tutti i giovanissimi musicisti professionisti, amanti della musica a tutto tondo, almeno all’inizio fanno. Suonano rock, funky e jazz, come viene classicamente insegnato al college. Ma i confini della riproduzione fedele di questi generi stanno presto stretti ai tre quando fuori dalle aule. Decidono, in modo naturale, di sperimentare nuove frontiere suonando sempre musica rock, ma nella sua accezione più postuma (Codeine e Slint sono sicuramente nelle loro orecchie in quegli anni) fuso con semplici, classici ma più rudi inserti jazz e funky, il tutto magicamente ricondotto nell’universo hardcore.
Nel 1996 i Karate riescono a ottenere un contratto discografico per la pubblicazione dell’omonimo Lp d’esordio. “Karate” è l’album che di fatto introduce solo timidamente il sound che caratterizzerà invece in modo peculiare la futura produzione della band. Il suono è infatti piuttosto duro e atono, con pezzi classicamente post-hardcore (“Trophy” “Bad Tattoo” e “Bodies”) che si alternano a momenti decisamente slowcore, ovvero i momenti più esaltanti dell’album (su tutti “Every Sister” e “Caffeine Or Me”, con note di merito pure per “If You Can Hold Your Breath” e “What Is Sleep”).
“Karate” esce per la Southern e vede la collaborazione tecnica di Wally Gagel (Folk Implosion, Eels, Vampire Weekend, Bon Iver) che li registra ai Fort Apache Studios di Boston, e di John Loder (Jesus and Mary Chain, Fugazi, Shellac) che masterizza l’album agli Abbey Road di Londra. Il suono è alternativamente lento e veloce, ma sempre rude e malinconico, e quell’“hey, sugar” gridato all’inizio di “Gasoline” diventerà presto l’urlo liberatorio dei primissimi fan della band nei piccoli, ma sentiti e partecipati live. Inizia infatti a formarsi uno zoccolo duro di fan che, come lo stesso Farina dichiarerà in futuro, non varierà molto nel tempo, dando la sensazione alla band di suonare sempre per le stesse persone, che non mancano un live negli Stati Uniti, ma soprattutto in Europa, dove i Karate hanno, se vogliamo, il loro vero successo.
I Karate, che nello stesso anno vedono l’ingresso ufficiale in formazione di Jeff Goddard al basso, e il conseguente spostamento di Eamonn Vitt alla seconda chitarra, sono una band di musicisti professionisti che, contrariamente alla stragrande maggioranza delle formazioni della scena underground e alternative planetaria, hanno studiato musica nei luoghi classicamente deputati a ciò. Il fatto che si mettano a comporre e suonare musica che è a metà strada tra il dilettantismo viscerale post-core e il tecnicismo jazz o funky è frutto della loro formazione e della loro geniale voglia di sperimentare fuori dagli schemi classici, o meglio rompendo gli stessi, comunicando il classico disagio giovanile con il mezzo che risulta essere maggiormente nelle loro corde, l’hardcore.
Il 1997 è probabilmente l’anno più prolifico nella carriera musicale di Farina. Vengono infatti pubblicati ben tre album:”Genealogies” con i Secret Stars, “Usonian Dream Sequence” come lavoro solista a suo nome e “In Place Of Real Insight” con i Karate. Viene dato alle stampe anche un singolo, “Sanity Assansins”, ancora con i Secret Stars.
Arriviamo così al 1998, anno in cui i Karate sono nuovamente un trio per l’abbandono di Eamonn Vitt, che preferisce dedicarsi appieno ai suoi studi di medicina piuttosto che proseguire la carriera nel mondo della musica. Ma questa novità non scalfisce affatto la vena artistica della band. Lo conferma “The Bed Is In The Ocean”, forse il capolavoro dell’intera produzione targata Karate e Geoff Farina. L’apice tecnico ed emotivo, la sintesi perfetta e l’equilibrio funambolico tra lo spirito hardcore e la mente fusion.“There Are Ghost” con quell’incipit, “so quiet”, che mette i brividi ad ogni ascolto, i virtuosismi stilistici di “The Same Stars”, il lunghissimo finale strumentale, da standing ovation e lacrimoni, di “Outside In The Drama”, la dilaniante e disperata vena malinconica dell’ultima, immensa, “Not To Call The Police”. Non mancano momenti più decisi ed energici che mediamente si concentrano nelle parti centrali e finali di alcuni brani (“Diapazam”, “Up Nights”), ma l’atmosfera è decisamente più serena e rilassata: si ha la sensazione di trovarsi di fronte all’opera di una band matura, che non vuole stupire per il rumore o per l’angosciante lentezza, ma che punta dritto al cuore (i testi sono i più curati e ricercati di sempre) e alle orecchie di un pubblico più esigente.
Il momento più intenso dell’album è a metà strada, con “Last Wars”. Una ballad, lenta, jazzata, che parla velatamente di guerre e genocidi. Quella frase poi, “the bed is in the ocean while guns are on the trains”, diventerà presto una parola d’ordine di riconoscimento per i fan della band.
La passione per l’Italia, la terra dei suoi avi, della moglie, oltre che degli innumerevoli artisti con i quali Geoff porterà avanti progetti paralleli nel corso della sua carriera, lo porterà spesso a esibirsi, in contesti raccolti e selezionati, nel Belpaese.
Geoff Farina oggi continua a suonare e a girare il mondo con i suoi progetti musicali. È anche docente universitario e insegna storia della musica alla DePaul University di Chicago, la città dove vive stabilmente da anni. Ha scritto di musica per varie riviste del settore e possiede una notevole collezione di chitarre, esposta in parte anche sul suo sito internet. Geoff Farina ama la musica come pochi, e pochi lo amano quanto meriterebbe. Quei pochi, in compenso, sono persone molto fortunate.
Appuntamento unico da gustare nell’atmosfera intima del Circolo Arci Zone K che aprirà per l’occasione alle ore 20. L’inizio del concerto è previsto invece per le ore 22.
L’ingresso sarà riservato ai Soci Arci. Per informazioni e prenotazione dei

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Arci Ferrara


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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