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Da: Organizzatori

La storia di Contardo Ferrini, terziario francescano vissuto nella seconda metà dell’ ‘800, verrà presentata lunedì sera (15 ottobre) alle 20,30 al Cinema Santo Spirito, di Via Resistenza. A parlare di questa figura di grande valore e ispirazione anche per i nostri tempi, saranno Marco Invernizzi (Reggente nazionale di Alleanza Cattolica e noto autore di vari saggi di storia e di cultura cattolica, tra cui la biografia del Ferrini), il regista e documentarista Alberto Di Giglio, moderatore il Paolo Ferretti professore ferrarese di Diritto Romano presso l’Università di Trieste.
Oggi il nome di questo studioso, proclamato dalla Chiesa patrono delle Università, è piuttosto dimenticato, ma molti sono i motivi per riandare alla sua vita e ai suoi scritti. Contardo Ferrini nasce a Milano il 4 aprile 1859. Ancora giovane dimostra facilità negli studi, ed è iniziato, dal prefetto della Biblioteca Ambrosiana, allo studio delle lingue orientali (tra cui l’ebraico, il siriaco, il caldeo, il greco). Gli serviranno per accostarsi al Diritto Romano e Bizantino, con acume, capacità storica e filologica fuori dal comune (Marco Invernizzi, “Il beato Contardo Ferrini”). Theodor Mommsen ha scritto di lui: “Come il XIX secolo per gli studi romanisti s’intitolava dal Savigny, così il XX si sarebbe intitolato dal Ferrini”. Ferrini fu dunque un grande giurista, professore presso le università di Modena, Messina, e, soprattutto, Pavia, dove il suo nome è ancora oggi onorato.
Oltre che insigne studioso, il “santo in frack”, come lo definì Benedetto XV, fu un uomo di fede e carità. Mons. Achille Ratti, futuro Papa Pio XI, gli fu amico e disse di lui: “Mi parve quasi miracolo la sua fede e la sua vita cristiana, al suo posto e nei tempi nostri”. Morto a Suna nel 1902, il suo corpo venne in seguito traslato per volontà di Padre Gemelli nella cripta della neonata Università Cattolica del S. Cuore. Papa Pio XII lo beatificò il 13 aprile 1947, definendolo: “Il modello dell’uomo cattolico dei nostri giorni”.
Durante la serata verrà eccezionalmente proiettata una parte del docufilm Con il Vento nel petto di Di Giglio sul Ferrini.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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