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Prima la minoranza del Pd prende atto che il governo Renzi è un governo di centrodestra meglio sarà per tutti. Paure, equivoci, ambiguità e reticenze non hanno ragione d’essere scorrendo l’elenco degli scempi compiuti e di quelli in programma. Dubbi? Distinguo? La destra politica ed economica gongola, plaude alle “riforme” del fiorentino mentre professori, studenti, precari, esodati, pensionati sono sul piede di guerra. I Comuni sono allo stremo. Hanno spremuto i loro cittadini sino all’inverosimile e ora toccherà anche alla sanità ridurre prestazioni e servizi imponendo gabelle sui ticket trincerandosi dietro una fantomatica “lotta agli sprechi” che fa il paio con quella alla evasione fiscale che nessuno vede.
Le favole e le narrazioni sul destino radioso che ci attende si accompagnano a proclami roboanti e qualche stupidaggine frutto di scarsa cultura e conoscenze storiche. “Mai tante riforme sono state fatte in settant’anni di Repubblica come quelle che ho fatto io”! La modestia non abita a casa Renzi che ignora gli enormi sforzi per rimettere in piedi l’Italia dalle macerie del dopoguerra, glissa su quel vero e proprio capolavoro che è la Costituzione, sulla ricostruzione economica guidata dalle grandi aziende pubbliche (Iri, Eni, Finmeccanica etc.) sulla riforma agraria che accompagnò al contempo flussi migratori dalle campagne alle città, dal sud al nord. Esodi bibblici che cambiarono volto al Paese.
Sindacati e partiti della sinistra fecero la loro parte. Orientarono questi fenomeni di massa impegnandosi in grandi lotte del lavoro e culturali per integrare italiani con storie e culture diverse. Il Paese crebbe sul piano culturale e morale. Riforme come lo Statuto dei Lavoratori (che Renzi ha smantellato) sancirono diritti fondamentali. In quei settant’anni ci stanno pure dentro divorzio e aborto ed altre conquiste civili. Non scordando che in mezzo ci fu la tragica vicenda del terrorismo che fu vinto grazie a una democrazia allora forte, alla fermezza e alla credibilità di cui godevano tra la gente uomini, partiti e organizzazioni del lavoro che della partecipazione e del coinvolgimento del popolo ne facevano ragion d’essere.

Dato che non sembra preoccupare Renzi e i renziani dediti, costi quello che costi, alla ricerca del potere che va inseguito con fredda determinazione abbindolando i deboli di cuore e di mente con la magica parola: riforme. In verità tre sono i pilastri su cui si regge il renzismo:
1) l’astensionismo di milioni di italiani, sfiduciati e rassegnati dopo decenni di non politica sia a destra che a sinistra. Ma per Renzi che ha aumentato questa disaffezione questo va bene perché l’astensionismo gli regala percentuali farlocche (come quella del 40,8%) mentre la realtà dice che nelle ultime amministrative il Pd è andato sotto il 25% perdendo due milioni di voti;
2) la creazione di una classe dirigente a sua immagine e somiglianza ove predomina la fedeltà ed il culto del capo. Berlusconi docet. Gente quasi sempre senza qualità che per arrivare a “essere qualcuno” ha bisogno di un santo protettore. Ma quale meritocrazia? Chiamiamolo col nome giusto; clientelismo (vedi anche ultimo episodio Rai).
3) da ultimo l’inconsistenza politica di una opposizione interna sempre alle prese con i farfugliamenti, i distinguo, patetiche guerre di posizione per non affrontare il problema che milioni di elettori e iscritti del Pd hanno risolto da tempo: prendere atto che la mutazione genetica dentro il Pd è già avvenuta sul piano politico e persino etico.E’un altro partito, irriconoscibile per gente che ha militato a sinistra. Che c’azzeccano Verdini, i cosentiniani, Azzollini, i 32 parlamentari passati dal centrodestra al Pd trovando un premier con idee e programmi che li fanno sentire a loro agio?
Renzi invece non perde occasione per irridere e bastonare i “gufi” che osano criticarlo mentre e assai tollerante sulle tante gazze ladre che ha intorno a se o addirittura nel Pd. Alla lunga, si deve sapere che l’inerzia si tramuta in correità.
Il mantra degli ottusi è: ma cosa accadrà se cade Renzi? Intanto la prima regola di una sana democrazia sta nel fatto che ciascuno eserciti il proprio ruolo. Se cè un governo ci deve essere una opposizione. Se c’è una minoranza che vede traditi valori ed idealità tragga le conseguenze. Sennò siamo al regime a cui segue sempre il peggio. Il “dopo di me il diluvio” è il ritornello di tutti i lestofanti. Il vero pericolo sta in questa agonia del Paese che vede indebolirsi giorno dopo giorno democrazia e istituzioni Le condizioni di vita degli italiani si aggraveranno sempre più come certificano vari istituti dall’Istat al Fondo monetario internazionale. Sorrisi e assicurazioni di Renzi e ministri ‘a la carte’, su “riprese” e crescite sanno di inganno. Responsabilità, dignità e orgoglio di storie e militanze orgogliosamente vissute impongono scelte coraggiose ma necessarie se si vuole dare un punto di riferimento ai tanti “orfani” della sinistra. Sennò, come scriveva Sciascia siamo ai quaraquaquà.

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Paolo Mandini


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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