“Uomo che ami parlare molto: ascolta e diventerai simile al saggio. L’inizio della saggezza è il silenzio”. Pitagora
Londra, la città degli uomini d’affari, di chi corre e strappa numeri e informazioni da giocarsi nelle affollate e rumorose sale della finanza, la capitale degli spettacoli, delle mostre più belle, delle idee strampalate e delle novità più all’avanguardia. Londra che lavora, che produce, che rallegra, che diverte, che gioca, che pensa e che inventa. Se pur in apparente contraddizione con un mondo che scalpita e si affanna, poteva arrivare solo qui, terra di contraddizioni ma anche di grandi innovazioni, prima come sempre, l’idea di un nuovo caffè dove appena entri il tuo telefono è automaticamente disconnesso. Resti magicamente isolato dai continui bip dei messaggi, dalle suonerie invasive, dalle news dirompenti, dal rumore di un mondo sempre e perennemente informato, monitorato e sotto controllo.
Potrebbe, quindi, arrivare presto un posto silenzioso (finalmente), dove una sorta di griglia metallica intorno all’edificio respinge i segnali e le onde elettromagnetiche e, pertanto, rende impossibile l’utilizzo dei telefoni cellulari all’interno. Puff, e sei solo. Quella di “un caffè senza telefoni” è l’idea dell’artista Julien Thomas, che, l’anno scorso, aveva installato il sistema al Faraday Café di Vancouver, in Canada. Il design è semplice ed è lo spazio stesso a isolare.
Una volta all’interno del locale, non ci sono più sms o fotografie e immagini postate su Facebook o Twitter. Nessuna mailing list di news che arriva, domande di chiarimenti urgenti, comunicazioni inopportune, spam, pubblicità non richieste. Un modo per restare disconnessi, almeno per un po’, se si vuole. Per chi fosse obbligato a esserlo, ad esempio per lavoro, potrebbe rappresentare una sorta di “rifugio temporaneo”, ove assentarsi e respirare per qualche ora. E poi, si pensi, perché dobbiamo essere connessi sempre, in ogni momento, permanentemente? Abbiamo tante cose da dirci sulle nostre vite e le nostre esperienze, anche (e soprattutto) a voce, davanti a una bibita o a un thè caldo, guardandoci negli occhi, sfiorando i nostri visi. Perché si presti attenzione agli amici e non alla tecnologia, che spesso ci distrae dalle parole.
Con una start-up, Julien sta cercando un partner per finanziare la creazione di questo caffe silenzioso nella capitale britannica, anche se con qualche leggera modifica rispetto all’esperimento canadese. L’idea è quella di non utilizzare la griglia metallica, che darebbe l’idea di uno spazio confinato, ma d’integrare la tecnologia nelle pareti, ad esempio dietro la colorata e creativa carta da parati che spesso tappezza i muri dei locali. Questo perché non si percepisca alcun senso di oppressione e si possa stare in un posto anche piacevole per il design e gli occhi (oltre che per la mente).
L’idea, che ricorda un po’ gli anti-caffè che tanto vanno di moda, dove molti freelance pagano il tempo che vi permangono invece delle consumazioni, compare anche nella lista annuale del World changing ideas ossia delle idee più innovative e interessanti [vedi]. A noi piace. Magari acquistando un caffè si paga per tenere qualcuno lontano…
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Simonetta Sandri
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
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