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“Siamo partiti in un giorno di pioggia, cacciati via dalla nostra terra, che un tempo si chiamava Italia e uscì sconfitta dalla guerra, hanno scambiato le nostre radici, con un futuro di scarpe strette e mi ricordo faceva freddo, l’inverno del ’47 “. Queste sono le prime strofe del brano “Magazzino 18” di Simone Cristicchi, che dà il titolo anche allo spettacolo teatrale attualmente in scena nei teatri Italiani e istriani.

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Le tappe del tour che terminerà nell’aprile 2015

Il 4 ottobre il musical-civile scritto da Simone Cristicchi e da Jan Bernas, con la direzione del Maestro Valter Savilotti della Fvg Mitteleuropa orchestra e la regia di Antonio Calenda, ha iniziato la sua seconda stagione, che terminerà ad aprile 2015 al Teatro Biondo di Palermo. In Emilia Romagna lo spettacolo sarà rappresentato il 14 novembre al Teatro Masini di Faenza, il 15 novembre a Bellaria (RN) al Teatro Astra, il 16 novembre al Teatro della Rocca a Novellara (RE), il 6 febbraio a Cento (FE) all’Auditorium C. Govoni e dal 19 al 22 marzo all’Arena del Sole di Bologna. Dato il successo, vengono aggiunte continuamente nuove date.

Il musical, così come la canzone, trae spunto da quello che è diventato un luogo simbolo di quell’esodo: il magazzino numero 18 del Porto Vecchio di Trieste, dove furono stoccate le masserizie dagli esuli, che abbandonarono le terre cedute nel 1947. Questo luogo diventò così un enorme catasta di masserizie, con una miriade di oggetti suddivisi per tipologia, classificati con nomi e numeri, che testimoniano ancora oggi la tragedia di un popolo sradicato dalla propria terra. Tavoli, sedie, armadi, specchiere, cassapanche, attrezzi da lavoro, ritratti, giochi, fotografie in bianco e nero, quaderni e libri di scuola, oramai sono dimenticati e pieni di polvere.
Furono circa 250.000 le persone che dopo la firma del trattato di pace di Parigi del 1947 e il memorandum di Londra del 1954, abbandonarono tutti i loro beni e imballarono le poche cose, che riuscirono a portare via, preferendo andare verso l’Italia.

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L’esterno del magazzino 18 a Trieste

La struggente canzone di Simone Cristicchi tocca corde molto sensibili per chi ha vissuto questo dramma. Bisogna inoltre riconoscergli il merito di essere riuscito a coinvolgere l’opinione pubblica. Il testo della canzone, apparentemente semplice nella sua espressione, supera l’argomento specifico, proiettando chi lo ascolta in una situazione che potrebbe essere benissimo riportata ai giorni nostri. Magazzino 18 è un luogo della memoria, che si è dimenticato, dove però possiamo inoltraci idealmente per cercare le nostre radici e soprattutto per evitare che drammi simili si ripetano ancora: “… sono venuto a cercare mio padre, in una specie di cimitero, tra masserizie abbandonate e mille facce in bianco e nero, tracce di gente spazzata via, da un uragano del destino, quel che rimane di un esodo, ora riposa in questo magazzino”.

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Cristicchi all’interno del Magazzino 18 di Trieste

Gli oggetti hanno sempre un forte potere evocativo, portano i segni di chi li ha posseduti e utilizzati. Cristicchi ha spiegato che nel momento in cui è entrato in quel deposito, che contiene ben duemila metri cubi di masserizie, ha percepito la grandezza di quella storia e si è stupito di come non fosse conosciuta in Italia. Quando ne è uscito, ha sentito come se quei mobili gli avessero parlato. In quell’occasione gli fu regalata una sedia e sotto la seduta c’era ancora ben leggibile il nome del proprietario. Da quel momento ha iniziato la ricerca sull’esodo insieme a Jan Bernas, con cui ha scritto il musical, dopo aver letto numerosi testi ed avere parlato con tanti esuli e residenti istriani. Dal 1947 in poi, le famiglie in fuga dalle terre cedute alla Jugoslavia lasciarono le loro cose in deposito, con l’idea di venire a riprenderle, una volta ricostruita la propria esistenza. Molte persone sono ritornate a riprendersi ciò che era loro, molte altre invece non si sono fatte più vive. Fino al 1978 al Porto Vecchio c’era ancora un ufficio distaccato della Prefettura che attendeva il ritorno dei legittimi proprietari. Dal 1988 tutti questi beni sono affidati all’Irci, l’Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata. Una parte del contenuto del magazzino sarà destinato al nuovo Museo dell’Irci, mentre per il restante materiale deve ancora essere presa una decisione. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un simbolo di un “tempo bloccato”.

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Il cantautore italiano Simone Cristicchi

In questi giorni su Facebook l’artista romano è impegnato perché la ripresa televisiva di “Magazzino 18” venga riproposta su Rai 1 nel giorno della memoria, il 10 febbraio 2015, in prima serata e non a tarda notte come è accaduto quest’anno.
Il brano di Simone Cristicchi fa parte del suo recente disco intitolato “Album di famiglia”, di cui vi consigliamo anche la canzone “Cigarettes”, che nel finale propone un breve recitato di Nino Frassica. Si tratta di un brano molto attuale, forse anche qualcosa di più: “Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri… molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti…”. Questo testo che risale al 1912 è tratto da una relazione dell’Ispettorato del congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati uniti d’America.

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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