Inesauribile Proust! Mito, devozione che sfiora il feticismo, ammirazione e ricerca, ricerca incessante, come se la parola chiave del titolo dell’opera proustiana fosse proprio recherche più che il temps perdu. Come un oggetto introvabile che si sa esistere da qualche parte, il tempo di Proust non esiste senza il suo inseguimento nella scrittura dell’autore e anche in quella del lettore.

Molte le pubblicazioni che nel 2022 hanno celebrato il centenario della morte di Proust, che segue di un anno le commemorazioni dei 150 dalla sua nascita. Ma tra queste merita una segnalazione particolarissima il volume progettato e curato da Anna Dolfi, Il ‘tono’ Proust. Dagli avantesti alla ricezione (Firenze University Press, 2022). Già di per sé il titolo suscita la curiosità.

Fa pensare subito, anche a chi ha letto soltanto qualche pagina del grande romanzo, a una singola voce narrante che ricompone ricordi disparati, alle lunghe frasi che avanzano imperturbabili con una sintassi simile a una respirazione continuamente interrotta, alle incise, alle precisazioni che si accumulano e irretiscono il lettore in meandri di parole…

Il titolo è accompagnato dal volto di Proust che occupa tutta la copertina e spicca tra contrasti di colore e non-colore. Solo alla fine della sua bella premessa – La sfida della durata. Per un anniversario –, a riprova di come tutto sia stato studiato e pensato con attenzione, Anna Dolfi racconta com’è nata l’idea di un giallo dominante, sul quale si stagliano in nero e grigio i lineamenti dello scrittore, occhi e baffi inconfondibili.

Il giallo è quello che, in una Vista di Delft di Vermeer indica «un pan de mur» (ad essere precisi un pezzetto di tetto più che di muro), che aveva affascinato il personaggio di Bergotte colto poco prima di morire mentre lo contempla mormorando: «Petit pan de mur jaune avec un auvent, petit pan de mur jaune».

Il color giallo insomma invade nella Recherche la scena della morte e iscrive, in sottotraccia alla fine di Bergotte, la presagita fine dell’autore infermo e malato, che aveva consegnato l’intera sua vita al lavoro del linguaggio. Il ‘tono’ Proust è anche questo incessante rinvio di allusioni, cenni, particolari, richiami che affiorano alla memoria in un travaglio ininterrotto di parole.

Il ‘tono’ Proust., a cura si Anna Dolfi, Firenze, University Press

Sette sono le sezioni che, collocate ognuna sotto un tema dominante, suddividono il volume facendo emergere alcune linee semantiche trasversali che continuano a intrecciarsi. Impossibile in uno spazio limitato dare ragione di tutte e della ricchezza e suggestione dei singoli saggi.

Basti dire che una di queste, relativa agli avantesti (ovvero a tutto quanto precede la stesura definiva), solleva l’ardua questione della traduzione dei brouillons (degli scartafacci) e della doppia fragilità del testo, per le molteplici varianti che lo «pluralizzano» e per le molteplici traduzioni e interpretazioni che a loro volta lo frantumano.

Ma la riflessione sulla frantumazione del testo ha anche una funzione più generale e accompagna implicitamente la lettura degli altri contributi (oltre una ventina), rivelando ogni volta aspetti imprevisti.

Getta una nuova luce sul cerchio intertestuale dell’opera proustiana, sia che si tratti della genesi del personaggio di Charlus splendidamente presentata da Mariolina Bertini; della novella di Baldassare Silvande, in cui Giuseppe Girimonti Greco e Ezio Sinigaglia evidenziano gli indizi precoci della memoria involontaria; del Proust ‘morcelédell’editoria di cui parla Alberto Cadioli; del Proust tra Flaubert e Céline di Patrizia Valduga; o dei molti saggi sulle traduzioni.

In una prosa vivace e ampiamente documentata, esaminando le traduzioni inglesi, Laura Barile propone ad esempio una storia della ricezione dell’opera proustiana nel Regno Unito, che è anche una storia della critica e della ricezione di Proust all’estero. A sua volta questo sguardo retrospettivo rimanda ad alcuni momenti fondamentali della critica proustiana in Italia, o a felicissimi dialoghi (il caso di quello tra Contini e Fallois).

E non dimentichiamo, in un registro diverso, la radio-recita del 1952 ideata dal grande studioso Giacomo Debenedetti che, rivolgendosi a un largo pubblico, faceva in quella forma insolita conoscere l’opera di Proust ‘democratizzando’ la riflessione critica sulla letteratura. Il saggio che la esamina s’inserisce tout naturellement nella vasta ricezione che accompagna ormai La recherche.

Autografo proustiano (foto di Anna Dolfi)

 Se le trasposizioni filmiche di un romanzo da tempo fanno parte delle nostre abitudini culturali (a questo proposito merita ricordare il film del 1984 di Volker Schlöndorff, Eine Liebe von Swann, con Ornella Muti e Alain Delon, dall’atmosfera torbida che avvolge i personaggi), recentemente sono uscite in più volumi le bandes dessinées, i fumetti, che propongono una nuova visione di un’opera che si è sempre caratterizzata e distinta per la qualità della sua scrittura linguistica.

Opportunamente la curatrice del nostro volume incomincia la sua avvincente presentazione da questo fenomeno sollecitando la nostra attenzione e curiosità. Non invano.

Visto che si parla di immagini, si aggiunga anche che molte attraenti illustrazioni arricchiscono il volume, e non come semplici curiosità in qualche modo subordinate alla parola, bensì piuttosto come un altro modo di leggere Proust, tratteggiando linee semantiche autonome. Come dire che le immagini collocate qua e là sono parte integrante della composizione e dello spessore significante del libro.

Che dire d’altro? A me piacciono molto i volumi collettivi che raggruppano intorno ad un argomento ricerche di personalità diverse: ci regalano tante voci, tanti punti di vista abilmente guidati da uno sguardo organizzatore. Riescono ad abbinare la varietà e la coerenza del tutto con l’autonomia dei singoli saggi e, almeno in un caso come questo, riuscendo perfino a oltrepassare la cerchia degli studiosi specialisti, sono in grado di coinvolgere curiosi e appassionati di letteratura. Insomma questo TonoProust è un libro da non perdere: assolutamente da leggere e da avere in biblioteca.

Il Volume:
Anna Dolfi (a cura di), Il ‘tono’ Proust: Dagli avantesti alla ricezione, pp.505, Firenze, University Press, 2022, € 22,90, edizione in pdf € 13,00. 

In copertina: Jacques-Emile Blanche, Portrait de Marcel Proust, 1892 (immagine su licenza di Société des amis de Marcel Proust)

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Giuditta Isotti Rosowsky

Professore emerito dell ’ Université Paris 8, gi à ordinario di letteratura moderna e contemporanea, Giuditta Isotti Rosowsky ha lavorato sulla narrativa italiana dell’ Otto e del Novecento proponendo una critica testuale centrata sulle problematiche della modernità letteraria. Da ricordare in particolare i suoi libri su Svevo, Pavese, Savinio, Manganelli, e i saggi su De Chirico, il neo-realismo, Primo Levi.

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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