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da: Fruitimprese Emilia-Romagna

Minguzzi: “Il commercio dell’ortofrutta a una svolta epocale”

Imprese agricole e commerciali dell’ortofrutta sempre più deboli nei confronti della Gdo. Lo dice Giancarlo Minguzzi, presidente di Fruitimprese Emilia-Romagna e della OP Minguzzi Spa di Alfonsine (RA), nella relazione all’assemblea annuale dei soci. “Negli anni Ottanta e Novanta abbiamo assistito all’affermarsi della Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) e negli ultimi anni all’evoluzione del suo sistema di distribuzione con un marcato aumento del potere contrattuale e dei margini di profitto. Sono aumentati i livelli di aggregazione tra gli operatori commerciali e si sono sviluppate le centrali d’acquisto con l’obiettivo di rafforzare la posizione contrattuale del settore al fine di ridurre i costi di approvvigionamento. Se questo da un lato ha consentito l’ammodernamento della catena distributiva, dall’altro ha fortemente indebolito il potere e i margini di profitto delle imprese agricole e di quelle di condizionamento e commercializzazione. L’evoluzione del sistema non sembra essersi conclusa. Il nostro orizzonte commerciale sembra stia ancora per cambiare”.
Coen Bos, direttore operativo della multinazionale Fyffes, e Sven Heinsohn, amministratore della tedesca Global Fruit Point, in recenti interviste hanno, infatti, evidenziato che il commercio tradizionale sta per essere soppiantato da contratti di appalto di forniture strutturati. “La negoziazione settimanale di prezzi e importi sta lasciando il campo a contratti fissi di fornitura, che garantiscono prezzi e volumi per l’intero anno. Questo sviluppo è iniziato in Inghilterra e si sta diffondendo in tutta Europa. Le ragioni di questo processo sono da ricercarsi nell’attenzione crescente verso le caratteristiche sanitarie dei prodotti (standard di qualità e sicurezza), nell’attenzione alla tradizione-territorio (Dop, Igp, prodotti della tradizione), in valutazioni etiche (ad esempio i prodotti fair trade del commercio equo) e di sostenibilità ambientale (biologico). Dobbiamo prendere atto di questa nuova realtà e cominciare ad organizzarci per tempo”.
Commentando la campagna commerciale 2013, Minguzzi si è soffermato in particolare sul mercato delle pere, “caratterizzato da un eccesso di produzione che deve far riflettere gli operatori sulla precaria situazione della nostra pericoltura. Il comparto dovrà rivedere con attenzione le proprie strategie commerciali, sino ad ora rivolte al mercato interno grazie al successo della varietà Abate. Non si registra, però, la stessa affermazione sui mercati esteri”.

• Fruitimprese Emilia Romagna è l’associazione che riunisce le grandi imprese private commerciali dell’ortofrutta della regione per un fatturato di 900 milioni di euro/anno e il 60% di export

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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