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Immigrazione e demografia: tre passi per gestire i problemi

La crescita anno dopo anno del fabbisogno delle imprese italiane è dovuta al fatto che, a causa del calo demografico, siamo già nella fase in cui, per i lavori manuali (sia al Nord che al Sud), per ogni 100 anziani che vanno in pensione ci sono in media solo 30 giovani italiani (non diplomati) disposti a fare questi lavori. Ciò spiega il crescente problema a trovare braccianti, edili, baristi, camerieri, autisti, operai, etc… Un problema peraltro europeo, in quanto il fabbisogno di manodopera in Europa è stimato in circa 2 milioni di immigrati all’anno, sempre a causa del calo demografico. E quindi i flussi potrebbero essere organizzati dall’Europa (sarebbe anche meglio, pensando alla disorganizzazione tipica degli italiani). Ma si tratta di un processo in 3 “passi” che può alimentare anche lo Stato italiano.

Il primo passo è programmare ogni anno il flusso di immigrazione regolare. L’ultimo decreto del Governo che entra in vigore il 27 marzo ne prevede 82.705 (44mila stagionali e 38.705 non stagionali). E’ il dato più alto degli ultimi 10 anni, ma ancora è troppo basso perché, se è vero che le stime della Fondazione Moressa prevedono un fabbisogno di 80mila all’anno, per molti altri la stima è almeno il doppio per i prossimi 10 anni a causa del declino demografico. E se non si fa questo primo passo, le prime ad essere danneggiate saranno proprio le imprese italiane.

Il secondo passo è cambiare la legge Bossi-Fini. Attualmente, un imprenditore che volesse assumere un immigrato deve prima rivolgersi al Centro per l’Impiego per verificare che non ci sia un italiano e, se non c’è risposta dopo 15 giorni, può fare domanda di un immigrato regolare allo Sportello unico per l’immigrazione della Prefettura, che si prende 30 giorni per il rilascio del nulla osta, dopo aver controllato che la richiesta sia dentro le quote. A questo punto si attiva la rappresentanza diplomatica italiana nel paese di origine per il rilascio del visto e, ovviamente, la procedura prevede che l’immigrato sia nel suo paese di origine. Questo meccanismo, come tutti possono capire, è fasullo e inefficace. Fasullo, perché non c’è nessun imprenditore che assume un lavoratore, tanto più immigrato, senza averlo prima selezionato e visto. Inefficace, perché assegna a Prefettura e Rappresentanza diplomatica processi (come la selezione del personale) che non sono in grado di gestire, e che comporterebbero tempi lunghissimi – conoscendo il grado di inefficienza delle nostre istituzioni su aspetti ben più semplici di questo.

Quindi cosa succede nella realtà? L’imprenditore seleziona un immigrato irregolare già presente in Italia e fa in modo che questi rientri in patria, chieda il visto, e arrivi. Tempo medio: 3-6 mesi. Questo meccanismo burocratico è finto e non funziona. Ecco perché i decreti flussi regolari sono in realtà forme mascherate per regolarizzare gli irregolari, che lo sanno benissimo e continuano ad arrivare, tra l’altro, con le carrette del mare. Sono 20 anni che tutti i Governi (e l’ Europa in testa) fanno finta di non vedere questa realtà, come le tre scimmiette.

Il terzo passo consiste nel fare accordi ufficiali coi paesi di provenienza. Nel 2022, su 105mila sbarchi di irregolari, più della metà dei migranti proviene da tre paesi: Egitto (20.542), Tunisia (18.148) e Bangladesh (14.982). Non è un caso che provengano da questi paesi, perché sono i nostri imprenditori che li ritengono lavoratori affidabili. In sostanza facciamo come gli inglesi, che hanno individuato da tempo gli immigrati dal Commonwealth come i preferiti. Gli imprenditori ci guadagnano perché pagano in nero, gli immigrati sono comunque contenti rispetto alla vita terribile che facevano in patria, Governo e opposizione fanno finta di non sapere. E’ interesse dei paesi d’ origine fare accordi con l’Italia, perché le rimesse degli immigrati regolari sono “oro” per il loro paese, finanziando la scuola dei figli e la sanità e aiutando mogli e famiglie povere.

Gli accordi dovrebbero prevedere una formazione in loco con insegnamento dell’italiano, una selezione on line con gli imprenditori italiani e l’invio in Italia regolare, via nave o aereo. Questi stessi paesi che inviano cittadini regolarmente selezionati si dovrebbero impegnare poi a riprendere eventuali immigrati irregolari che avessero pagato per essere trasportati dagli scafisti in modo illegale.

Si potranno poi migliorare le forme di “incontro e selezione” tra datori di lavoro italiani e lavoratori immigrati, per esempio con la presenza (pagata dall’Italia) dei datori di lavoro nei paesi di origine nelle fasi finali di selezione.

Questo processo avvierebbe una sana collaborazione tra l’Italia e il nord Africa, che rappresenterebbe per l’Italia un investimento essenziale per il suo futuro e ridurrebbe sia gli sbarchi illegali che i morti in mare.

Documentazione:

Decreto flussi 2023

Il decreto flussi 2023 (approvato dal governo a dicembre 2022) stabilisce che possono entrare in Italia per motivi di lavoro un totale di 82.705 persone distribuite così:
Lavoro stagionale (quindi per un lavoro che avviene solo in un periodo dell’anno): 44.000 persone dai seguenti paesi: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Corea (Repubblica di Corea), Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Ghana, Giappone, India, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldavia, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina.

Di questi:

22.000 per lavoro stagionale in agricoltura. Le domande possono essere presentate dai datori attraverso queste associazioni: Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Copagr, Alleanza delle cooperative (comprende Lega cooperative e Confcooperative).

1.500 per lavoro stagionale pluriennale (cioè con un solo nulla osta il lavoratore ha diritto ad entrare in Italia per lavoro stagionale per un massimo di 3 anni).

Lavoro non stagionale e autonomo (quindi per lavori che hanno una durata più lunga del lavoro stagionale) nei settori dell’autotrasporto (esempio: guida di camion), dell’edilizia e del turismo (esempio: cameriere di albergo): 30.105, di cui 24.105 persone provenienti da Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia – Herzegovina, Corea (Repubblica di Corea), Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Ghana, Giappone, India, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldavia, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina.
6.000 persone provenienti da paesi extra UE con i quali l’Italia firmerà accordi di cooperazione durante l’anno 2022.

1.000 persone che hanno completato programmi di formazione ed istruzione all’estero approvati dal Ministero del Lavoro e dell’Istruzione.

100 persone che vengono dal Venezuela e hanno origine italiana per almeno una parte della famiglia.

500 persone per lavoro autonomo, cioè imprenditori, liberi professionisti, artisti famosi, ideatori di start up.

7.000 persone che devono convertire in permesso di lavoro un tipo diverso di permesso. Tra esse: 4.400 persone con permesso di soggiorno per lavoro stagionale da convertire in permesso di soggiorno per lavoro subordinato non stagionale; 2.000 persone con  permesso di soggiorno per studio, formazione professionale o tirocinio da convertire in permesso di soggiorno per lavoro subordinato; 370 quote persone con permesso di soggiorno per studio, formazione professionale o tirocinio da convertire in permesso di soggiorno per lavoro autonomo; 200 persone con permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da un altro Stato membro dell’Unione europea da convertire in permesso di soggiorno per lavoro subordinato; 30 persone con permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da un altro Stato membro dell’Unione europea da convertire in permesso di soggiorno per lavoro autonomo.

 

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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