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In Italia, come in gran parte del mondo, le vicissitudini delle donne in politica sono recenti e caratterizzate da una forte asimmetria nei confronti degli uomini. Il cammino delle donne in politica data più di un secolo e non si è certo concluso.

Le donne nella politica italiana: una lunga storia

Nonostante la scarsità di partecipazione femminile alla politica almeno fino agli inizi degli anni 2000, ci sono diverse figure femminili che possono essere ricordate per l’impegno e l’apicalità dei ruoli ricoperti.
La prima donna ministro italiana è stata Tina Anselmi, che nel 1976, fu ministro del lavoro nel governo Andreotti III.  Tina Anselmi ha dedicato tutta la vita alla democrazia e ai destini delle donne diffondendo i principi di partecipazione e parità nella scuola, nel sindacato, nel movimento femminile della Democrazia Cristiana, in Parlamento. Deputata per sei legislature, è stata ministro della Sanità e del Lavoro. Ha inoltre presieduto due importanti Commissioni Parlamentari. Una sulle Pari Opportunità e una sulla loggia massonica P2.  Una donna determinata e impegnata che è riuscita a lasciare il segno nella politica italiana, allora più pervasa di oggi da logiche maschiliste. Di Tina Anselmi si veda la sua biografia sulla Enciclopedia delle Donne .

Nilde Iotti, forse la più importante politica italiana di sempre. Nel 1946 fece parte del gruppo incaricato della scrittura dei testi della Costituzione. Dal 1948 al 1999 fu deputato e nel 1979 divenne la prima donna a ricoprire la carica di presidente della Camera, dove rimase per tre legislature.

Lina Merlin, nata nel 1887, che iniziò la carriera come insegnante ma che ben presto finì per ricoprire un ruolo di primo piano in politica. Componente dell’Assemblea Costituente, fu la prima donna a essere eletta al Senato della Repubblica. E’ stata promotrice prima firmataria della  legge 20 febbraio 1958, n. 75 che impose la chiusura delle case di tolleranza, nota appunto come  Legge Merlin.

Lidia Ravera, amica di Antonio Gramsci, dirigente del Partito Comunista in clandestinità, arrestata, imprigionata e quindi mandata al confino a Ventotene. Parlamentare dal 1948 al 1958, fu nominata senatrice a vita da Sandro Pertini nel 1982.

Rosa Russo Iervolino che oltre a essere stata sindaco di Napoli, è stata più volte ministro. Ministro senza portafoglio per gli affari sociali dal 13 aprile 1991 al 27 giugno 1992 (Governo Andreotti-VII), Ministro della pubblica istruzione dal 28 giugno 1992 al 27 aprile 1993 (Governo Amato-I), Ministro della pubblica istruzione dal 28 aprile 1993 al 9 maggio 1994(Governo Ciampi-I).

Liliana Segre, nata il 10 settembre 1930 e superstite dell’Olocausto. Nel 2018 è stata nominata “senatrice a vita” dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella “per aver servito la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”.

Maria Elisabetta Alberti Casellati, classe 1946, politica e avvocato, la prima donna italiana a ricoprire, da marzo 2018, la carica di Presidente del Senato della Repubblica (che è la seconda più importante della Repubblica Italiana, dopo quella del Capo di Stato).

Ci sono molte altre donne che hanno ricoperto ruoli politici importanti garantendo, a loro stesse e ai loro partiti visibilità, ad esempio: Emma Bonino, Laura Boldrini, Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, Virginia Raggi, Maria Elena Boschi, Anna Finocchiaro, Rosy Bindi, Irene Pivetti, Annamaria Cancellieri e Federica Mogherini.

Ciò non toglie che l’esiguità della rappresentanza femminile nell’arena politica sia restata evidente, nel nostro paese, fino agli inizi di questo secolo.

Una importante tappa per il cammino delle pari opportunità in ambito politico avvenne nel 1993 quando, durante il Governo Amato I, si fecero i primi tentativi per aumentare il numero di donne in politica, soprattutto per quanto riguarda le cariche elettive, attraverso l’introduzione di quote di genere. Tale novità riguardò inizialmente solo le elezioni locali. La legge del 25 marzo 1993 n. 81 prevedeva una modifica nell’elezione dei Sindaci e degli Assessori comunali che impediva di presentare liste in cui i candidati maschi superassero di due terzi il totale. Nel 1994 la medesima legge fu estesa a livello nazionale per le elezioni parlamentari di quell’anno. Tuttavia, con la legge n. 422 del 6 settembre 1995, la Corte costituzionale emise una sentenza di illegittimità che vanificò gli sforzi fatti. I progressi verso la parità sono sempre circolari e si caratterizzano per momenti di grande impulso e per successivi momenti di implosione.

Nel 1995, anno storico per il cammino verso la parità, ci fu un importante evento che accelerò alcune tendenze paritarie: La conferenza delle Donne di Pechino. In tale sede sono state introdotte due parole chiave per accrescere il protagonismo delle donne: empowerment e mainstreaming.
Il primo termine
fa riferimento alla conquista della consapevolezza di sé e del controllo sulle proprie scelte, decisioni e azioni, sia nell’ambito delle relazioni personali sia in quello della vita politica e sociale.
Il secondo fa riferimento al processo attraverso il quale, innovazioni sperimentate in un ambito circoscritto (sociale, economico o istituzionale), vengono trasposte a livello di sistema diventando leggi, prassi ecc.

Due anni dopo con la Direttiva CPM del 7 marzo 1997 (Prodi-Finocchiaro) si recepiscono anche in Italia tali indicazioni denunciando la marginalità femminile e sollecitando una maggiore presenza delle donne nelle sedi decisionali, nelle professioni, nelle aziende, nella pubblica amministrazione e nelle istituzioni politiche.

Circa dieci anni fa, il 28 giugno 2011, il Parlamento italiano approvava la legge Golfo-Mosca, che impone quote di genere nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate in Italia.

Infine il Parlamento Italiano ha approvato nel 2012 nuove norme che obbligano gli statuti degli enti locali a promuovere la parità nelle giunte, negli enti e nelle aziende/istituzioni da essi dipendenti, a garantire che ciascuno dei due generi sia rappresentato per almeno un terzo nelle liste elettorali e a introdurre la doppia preferenza di genere per i candidati al Consiglio comunale: l’elettore può esprimere due preferenze, purché siano di genere diverso. [Vedi qui]

Le ultime elezioni.

Il 25 settembre 2022 si è votato per eleggere la Camera e il Senato Italiani.  La legge elettorale attuale prevede una serie di misure volte a garantire la rappresentanza di genere. In particolare, erano previste le seguenti tre condizioni:
– ogni partito o coalizione non poteva avere  più del 60% di candidati dello stesso genere nei collegi uninominali: questo valeva a livello nazionale per la Camera e a livello regionale per il Senato
– ogni partito non poteva avere più del 60% di capi-lista dello stesso genere nella parte proporzionale: anche qui il criterio è stato nazionale alla Camera e  regionale al Senato
– i candidati nelle liste plurinominali dovevano essere alternati per genere.

I risultati in termini di partecipazione femminile possono essere riassunti in alcune considerazioni di sintesi: i partiti con la minore presenza di donne sono quelli della coalizione vincente, mentre i partiti più virtuosi da questo punto di vista sono Italia Viva/Azione e il M5S rispettivamente con il 47% e il 46%.
Il partito che peggiora maggiormente rispetto alle politiche precedenti è Forza Italia.

Tra i meccanismi che hanno maggiormente contribuito alla penalizzazione delle donne c’è lo stratagemma delle pluri-candidature usato da diversi partiti tra i quali: Fratelli d’Italia, Lega e PD. Attraverso questo meccanismo i partiti hanno messo le candidate in più collegi plurinominali possibili. Siccome la persona poteva essere eletta in un solo collegio, negli altri subentravano candidati uomini (secondi in lista secondo la regola dell’alternanza di genere).  L’espediente delle pluri-candidature, ha portato a un sensibile calo delle donne elette in parlamento. [Vedi qui]

Giorgia Meloni, il suo passato e un futuro da scrivere

Il partito cha ha avuto il maggior numero di voti è Fratelli D’Itala la cui Leader è Giorgia Meloni. La Meloni è stata dal 2006 al 2008 vicepresidente della Camera dei deputati e, dal 2008 al 2011, ministro per la gioventù nel quarto governo Berlusconi.
È stata presidente della Giovane Italia, dopo aver ricoperto la medesima carica in Azione Giovani e Azione Studentesca. Non condividendo il supporto dato dal Popolo della Libertà al governo Monti, ne è fuoriuscita e ha fondato, insieme a Ignazio La Russa e Guido Crosetto, il partito Fratelli d’Italia, di cui è presidente dall’8 marzo 2014.

Giorgia Meloni insegue valori di destra, nazional-conservatori e nazionalisti. 

È contraria al matrimonio omosessuale, all’adozione per le coppie gay e anche alle misure di contrasto e prevenzione dell’omo-transfobia.
Si oppone alla concessione della cittadinanza ai figli minorenni di stranieri regolari nati e cresciuti in Italia, ovvero allo ius soli.
È contraria alla legalizzazione dell’eutanasia.
È contraria al reddito di cittadinanza.
Propone l’elezione diretta del presidente della Repubblica.

A livello internazionale ha rapporti positivi con vari politici di destra europei: con l’ungherese Viktor Orbán (Fideszcon), lo spagnolo Santiago Abascal (Vox), con esponenti del partito polacco Diritto e Giustizia, con esponenti del Partito Repubblicano statunitense. È inoltre presidente del Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei di orientamento nazional-conservatore, di cui fanno parte anche gli spagnoli di Vox, i polacchi di Diritto e Giustizia, i bulgari del Movimento Nazionale Bulgaro.

Buon lavoro quindi a Giorgia Meloni, sperando che il tema della parità dei diritti e della rappresentanza femminile non venga relegato all’ultimo piano di una agenda politica già molto ricca.

Verificheremo se partendo da una ideologia di destra, sia comunque possibile trovare lo spazio per una riflessione sulla parità e la giustizia sociale che si ricordi di tutte le battaglie fatte per la “pari dignità” di tutti i cittadini.
E’ sempre utile, e su questo credo che non ci siano opposizioni che tengano, continuare una riflessione sul significato di progresso e civiltà.

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Catina Balotta

Sociologa e valutatrice indipendente. Si occupa di politiche di welfare con una particolare attenzione al tema delle Pari Opportunità. Ha lavorato per alcuni dei più importanti enti pubblici italiani.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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