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E’ il titolo del libro scritto da Gaetano Sateriale, la storia della più grave crisi della chimica italiana dei primi anni ’80, che colpì non solo il  Petrolchimico di Ferrara ma anche quelli di Mantova, Marghera e Ravenna. Ciò portò ad una durissima ristrutturazione e alla perdita di migliaia di occupati nel famoso “quadrilatero padano” a causa soprattutto del disinvestimento di tanti impianti produttivi in assenza di sostituzioni.

Nel libro di Sateriale, che sarà presentato il 26 gennaio, presso la mensa del Petrolchimico di Ferrara, la premessa recita: “Pochi sanno quanto sia (stato) decisivo il sindacato nella innovazione delle imprese e del lavoro: non lo sanno i partiti, non lo sanno le istituzioni. Delle relazioni industriali non c’è più memoria, nemmeno tra gli imprenditori e i sindacalisti. Qui una serie di sequenze dal vero di quei difficili anni. Quando, passato l’autunno caldo, arrivarono i momenti duri delle ristrutturazioni nelle aziende. Dove bisognava sporcarsi le mani per difendere i posti di lavoro e non bastava più sventolare le vecchie bandiere rosse. Faccia chi vuole le differenze tra allora e oggi. Era ieri, sembra passato un secolo”.

In effetti sembra molto lontano quel tempo fatto di una grande partecipazione, di dibattiti, confronti (anche aspri), ecc. che hanno portato a soluzioni e innovazioni fondamentali nel confronto tra le aziende e i sindacati su come ristrutturare l’assetto industriale, modificare l’organizzazione del lavoro, difendere l’occupazione, la professionalità, la parità di genere, la formazione continua, il rispetto dell’ambiente, ecc.

Fra queste importanti innovazioni,  un esempio è l’Accordo del 10 luglio 1986  sottoscritto tra il sindacato dei chimici, la società Himont e la  regione Emilia Romagna (rappresentata allora da Pier Luigi Bersani), col quale si stabilirono modalità e tempi di formazione e delle assunzioni presso il Centro Ricerche Giulio Natta di Ferrara, di 20 giovani all’anno (sia maschi che femmine) per il periodo 1986-90, con il quale iniziò la presenza delle donne negli impianti pilota a ciclo continuo.

Ferrara si caratterizzò inoltre per essere riuscita a raccordare la fase della ristrutturazione (che vide il ridimensionamento degli occupati) con la contestuale assunzione di donne e giovani grazie ad una capillare contrattazione  reparto per reparto dei fabbisogni necessari a rilanciare la fabbrica “ombra”, quella del futuro che aveva bisogno sia dell’esperienza dei lavoratori senior che dell’entusiasmo e dei talenti di nuovi giovani. Una scommessa completamente vinta perché su quelle basi avvenne il rilancio dell’impresa.

Una via del tutto originale che prevedeva l’aggancio tra coloro che erano vicini alla pensione e l’ingresso in organico della nuova generazione.  Un’esperienza che sarebbe opportuno riproporla più che mai oggi, mantenendo al lavoro in modalità part-time i lavoratori senjor (con mantenimento della paga fra stipendio aziendale e quota pensionistica) e assumendo giovani il cui costo sarebbe compensato dal minor esborso dello Stato per i prepensionamenti o altri strumenti economici di sostegno alla disoccupazione. In sostanza, una nuova fase di contrattazione  win-win, in cui cioè tutti vincono: i giovani, le imprese, lo Stato (che spenderebbe il meno possibile).

Al tempo delle vicende raccontate da Sateriale nel suo libro “Profondo lago”, i sindacati si avvalevano anche di studi a cui partecipò Cds coop, come in occasione di quella formidabile esperienza che introdusse nel Petrolchimico di Ferrara (prima grande azienda in Italia) la cassa integrazione a rotazione (quadri e tecnici inclusi) che poi si estese a tante altre realta industriali italiane con la legge del 1984 sulla solidarietà passiva e attiva: una buona pratica che oggi nessuno mette in discussione. L’esperienza fatta nel Petrolchimico  ferrarese fu soprattutto possibile (e Sateriale ne evidenzia tutta la sua portata innovativa ) grazie all’alta sindacalizzazione della fabbrica che vedeva uniti operai a tecnici e quadri, che insieme possedevano ampie conoscenze dei processi industriali e organizzativi aziendali.

Il petrolchimico di Ferrara è stato, insieme ai computer di Adriano Olivetti, uno dei pochi casi in cui l’Italia ha avuto la leadership mondiale nelle tecnologie.

A Ferrara fu inventato il polipropilene (che fruttò a Natta il premio Nobel) e che diede via al secolo della plastica (la produzione mondiale è oggi di circa 400 milioni di tonnellate). Poi, negli anni ’80, proprio nel Centro Ricerche di Ferrara, in particolare nella Sezione CER-TEP sotto la validissima  direzione organizzativa di Pino Foschi, le innovazioni proseguirono con i fenomenali breakthrough del processo Spheripol, caratterizzato da notevoli risparmi energetici ed enormi vantaggi ecologici, seguito alcuni anni dopo dal processo Catalloy. Tutti processi inventati a Ferrara e applicati oggi in oltre cento aziende in tutto il mondo e per molte delle quali il sito ferrarese svolge ancora attività di consulenza.
Un patrimonio italiano che purtroppo è stato gradualmente ceduto, così come successe con Olivetti, ad aziende straniere.

Merito, comunque, di Sateriale averne rievocato col suo libro la memoria della capacita professionale delle maestranze; capacità, questa, che ha saputo perpetuare e rinnovarsi con le nuove generazioni, divenendo esse motore di consolidamento dello stabilimento ferrarese, nell’intento di garantirne un futuro sicuro.

IL VOLUME:  Gaetano Sateriale, Profondo Lago, Roma, Futura Editrice, dicembre 2022, € 20,00
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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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