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I fanatici della vita, purché non sia la vita delle donne

La stampa del 17 aprile riporta lo scontro fra la ministra delle pari opportunità spagnola Ana Redondo e Giorgia Meloni sull’emendamento al dl sul Pnrr che prevede il coinvolgimento nei consultori di “soggetti del terzo settore  che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”, intendendo, ovviamente, le associazioni pro-life contrarie all’aborto. Alla logica accusa di pianificare “pressioni organizzate contro le donne che vogliono interrompere una gravidanza”, la Meloni risponde sprezzante: gli “ignoranti non diano lezioni”. A dimostrazione di aver perso una buona occasione per tacere e per praticare la virtù di cui è più carente, l’umiltà, la premier italiana si è beccata immediatamente una lezione di gestione politica dall’Unione Europea, che le ha ricordato di non inserire nel Pnrr “norme che le sono estranee, come ad esempio la legge sull’aborto”. L’emendamento, cioè, pur non prevedendo un finanziamento diretto con i fondi del Next Generation Eu, non è in linea con quanto concordato per il Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato dall’Unione Europea.

La Meloni non è sola nelle figuracce politiche che riempiono di commenti i quotidiani, ma le condivide con Bruno Vespa, che ha avuto il pessimo gusto di dedicare la puntata del 18 aprile di Porta a Porta ai temi dell’aborto e della legge 194, invitando sette uomini e nessuna donna. La “distrazione” gli è costata la lettera di richiamo della presidente della Rai Marinella Soldi che gli ha ricordato il rispetto delle norme di equilibrio di genere nel dibattere qualsiasi tema, “in particolare su un tema così sensibile e che chiama direttamente in causa direttamente il corpo delle donne”.  La mancanza di stile di Vespa merita la risposta ironica della giornalista Assia Neumann Dayan che scrive scherzosamente sulla Stampa di essere stata invitata dal servizio pubblico a parlare di andropausa, insieme a sei sue amiche, mettendo in rilievo quanto la trasmissione si sia rivelata più ridicola che minacciosa per le donne.

Entrando nel merito della pericolosità dell’emendamento di FdI al Pnrr, si può concordare sul fatto che la legge 194 necessiti di una piena attuazione, ma per motivi diametralmente opposti a quelli presentati dal governo. Innanzitutto i luoghi deputati all’applicazione della legge, i consultori, sono il 60% in meno di quelli necessari, secondo l’indagine più recente dell’Istituto superiore di Sanità del 2018-1019. A fronte del numero stabilito dalla legge 34 del 1996, che ne prevede uno ogni 20.000 abitanti, sono attualmente uno ogni 32.325 residenti, per un totale di 1.800 sul territorio nazionale. A fronte del progressivo accorpamento, smantellamento, impoverimento di personale dei consultori pubblici, si moltiplicano quelli privati, sulla base della rete di mobilitazione ispirata dal Vaticano in “Agenda Europa” .

All’interno dei consultori pubblici rimanenti il numero di obiettori di coscienza, fra medici, assistenti sociali e psicologi, spesso raggiunge quasi la totalità del personale. Da notare, in tema di prevenzione dell’ interruzione volontaria di gravidanza, prevista dalla legge, che gli antiabortisti sono contrari anche alla somministrazione alla pillola del giorno dopo (o dei cinque giorni dopo). La somministrazione immediata eviterebbe molte interruzioni di gravidanze indesiderate, sventando il pericolo dell’introduzione dell’orribile legge di iniziativa popolare (per fortuna ferma) che introduce nell’art.14 della legge 194 del 22 maggio 1978 il comma 1-bis: “Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”. Chi riesce comunque a pervenire alla pillola del giorno dopo la trova in commercio al prezzo di 26,85 euro, una cifra molto alta perché considerato farmaco non essenziale, con un prezzo difficilmente accessibile, specialmente per giovani ragazze. Da sottolineare, come afferma Graziella Bastelli, attivista di Non una di meno, che nei consultori non sarebbe prevista l’obiezione, come stabilisce una sentenza del Tar del Lazio del 2016, opzione possibile solo per il personale che opera negli ospedali pubblici. Questo sta a dimostrare che, al momento attuale, l’iter che intraprende una donna per interrompere volontariamente una gravidanza è già abbondantemente costellato di figure che tentano di dissuaderla. Se l’intento del governo fosse coerente con quanto afferma, cioè di voler dare piena applicazione a una legge già esistente da decenni, come la 194, avrebbe cominciato con il contrastare la china del sottodimensionamento dei consultori pubblici e a dare piena attuazione al dovere dei medici che lavorano nei consultori di fornire i certificati necessari per l’interruzione di gravidanza e/o i contraccettivi di emergenza (pillola del giorno dopo) che permettono di evitarla.

Risulta invece evidente un subdolo e continuo attacco al diritto di autodeterminazione delle donne, colpevolizzate in modo esclusivo nel momento estremamente difficile della scelta. Dal punto di vista culturale, in tema di prevenzione, l’educazione affettiva o sessuale prevista nelle scuole, in cui siamo in notevole ritardo rispetto agli altri Paesi europei, dovrebbe responsabilizzare all’uso degli anticoncezionali anche i maschi, alleggerendo le donne dalla responsabilità integrale della tutela da malattie sessualmente trasmissibili e gravidanze indesiderate. L’arretratezza culturale che contraddistingue la politica familista del governo italiano risulta, fra l’altro, in netta controtendenza rispetto all’Unione Europea, dove la Francia mette il diritto di aborto nella propria Costituzione e l’Europarlamento ha votato una risoluzione per inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.

 

Photo cover repertorio LaPresse

 

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Eleonora Graziani

Laureata in pedagogia e filosofia, PHD in feminist studies presso l’Università di Coimbra. Ha insegnato in Italia e all’estero, in carcere e agli adulti stranieri lingua e cultura italiana. Filosofa femminista ha al suo attivo diverse pubblicazioni sulla mistica femminile.

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di Piermaria Romani


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