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Una vera e propria ‘emergenza Italia’, ma di natura diversa da quelle che di solito vengono evocate. E’ l’allarme lanciato in due degli incontri del programma della decima edizione degli Emergency Days di Ferrara, iniziati il 2 luglio e che si concludono oggi – 6 luglio – negli spazi di Factory Grisù in via Poledrelli.
Due i temi, caldissimi, non solo per la temperatura estiva, e collegati fra loro: il ‘decreto insicurezza’, come recita il titolo dell’incontro del 3 luglio, e la pervasività del cosiddetto ‘hate speech’, attorno al quale ha ruotato l’incontro del 4 luglio.
Fra gli ospiti: Luigi Manconi, ex senatore e Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani; Don Mattia Ferrari, viceparroco di Nonantola imbarcato sulla Mare Jonio della piattaforma Mediterranea; Federico Faloppa, professore associato all’Università di Reading (UK), consulente di Amnesty International su hate speech e contrasto al linguaggio d’odio, collaboratore dell’Associazione Carta di Roma, Cospe onlus e della Fondazione Alexander Langer; Giuseppe Giulietti, giornalista e sindacalista, attuale presidente della Federazione nazionale stampa italiana.

In una Ferrara nella quale la Sinistra sta ancora accusando il colpo delle ultime elezioni, nei cui Lidi un turista tedesco può trovarsi l’auto vandalizzata con scritte rivolte alla capitana Carola, nella quale una donna che indossa lo jilbab può essere apostrofata in un centro commerciale, nella quale l’associazione studentesca Link-Studenti Indipendenti denuncia clausole discriminatorie riguardo la nazionalità e non solo nei contratti d’affitto, in questa Ferrara il messaggio che esce da entrambi gli incontri è che bisogna prepararsi a una dura, difficile e lunga battaglia per quella che è, chiedo anticipatamente scusa per il termine così significativo, ‘l’anima’ del Paese.
Manconi, mercoledì 3 luglio, non usa mezzi termini: la “politica dell’insicurezza” è destinata ad avere “effetti devastanti per la vita sociale, per la capacità di costruire una comunità” e “a produrre automortificazione, una società regredita e rattrappita”. Giulietti e Falloppa la sera dopo non sono da meno. Il giornalista parla di necessità di “alzare i toni” per la difesa della Costituzione. “Non si tratta di buonismo, la difesa della cultura della diversità e della tolleranza è una lotta politica e serve una grande pressione democratica per la difesa della Costituzione: non è una difesa dei migranti e dei diversi, ma di tutti noi”. Mentre Falloppa, a proposito dell’hate speech, parla di un problema non solamente italiano ma internazionale, sfuggente dal punto di vista delle definizioni – anche giuridiche – ma non nuovo: “il primo libro sull’argomento l’ho scritto diciannove anni fa, da allora le cose sono cambiate in peggio e continuano a peggiorare”. E’ una “emergenza democratica”, siamo di fronte a una “società che sta collassando su stessa”, “non c’è più uno stigma sociale” riguardo questo linguaggio sdoganato: il ‘gentese’ diventato “la cifra di un’intera nazione”. La soluzione: “una mobilitazione molto lunga e faticosa che richiede tanta pazienza e intelligenza”, secondo Manconi; per Giulietti il recupero “della centralità del pensiero critico” e delle relazioni ‘in presenza’ perché la democrazia digitale “rinuncia ai corpi”; per Falloppa “la necessità di ritrovare i pensieri complessi” e il “coraggio di sfidare” l’hate speech con una vera e propria “contronarrazione”.
Una mobilitazione per fronteggiare quel “sentimento di angoscia collettiva” che trova nel “vicino lontano” il destinatario su cui “rovesciare la voglia di rivalsa”, nelle parole di Manconi; per neutralizzare quei “contenuti di odio che erano sotto la pelle di questo Paese e che i social – secondo Falloppa – hanno solo eccitato” per la visibilità, la ripetibilità e il filtro che offre lo schermo.

Ma segnali di un’Italia diversa ci sono: la mancata convalida dell’arresto della capitana Rakete da parte della gip di Agrigento, Alessandra Vella – di nuovo una donna, guarda caso, come sottolinea anche Manconi – in nome della scriminante legata all’avere agito all’adempimento del dovere di salvare vite umane in mare; gli stessi volontari di Emergency o Cospe o Arcigay – rispettivamente rappresentate in queste due serate da Michele Iacoviello, Alessia Giannoni e Manuela Macario – che quotidianamente si impegnano contro quella che Papa Francesco ha chiamato “globalizzazione dell’indifferenza”. E a questo proposito è don Mattia ad affermare che “sono più fedeli al Vangelo” i ragazzi di Mediterranea che ha incontrato sulla Mare Ionio rispetto “a coloro che cercano di strumentalizzarlo”: sulla nave “ho avuto una grandissima testimonianza di Vangelo vissuto”, afferma don Mattia citando la parabola del buon samaritano “davanti all’umanità ferita”. “Più li conosci e più rimani sconvolto dalla criminalizzazione di questi ragazzi: si sono messi in gioco non per fare del casino, ma per difendere l’umanità dei migranti e di noi tutti”. Ecco quell’anima da riscoprire, proteggere, rivendicare.

Dopo aver aperto il 2 luglio con un incontro su disabilità e inclusione sociale, con ospite d’onore Soran Mihamad, uno dei primi pazienti curati nel Centro chirurgico di Emergency a Sulaimaniya in Iraq dopo che nel 1996 aveva perso la gamba destra colpito da una mina antiuomo, gli Emergency Days 2019 si chiudono questa sera con un’omaggio per il 25° compleanno dell’associazione fondata da Gino Strada. Ospiti: Rossella Miccio, Presidente di Emergency dal 2017, e le giornaliste Laura Cappon, Sabika Shah Povia, Alice Pistolesi (Clicca QUI per maggiori info).

Per la documentazione integrale degli incontri degli Emergency Days: fb edaysferrara
Leggi il Rapporto Amnesty International ‘Barometro dell’odio – Elezioni europee 2019’

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Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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